Henry Selick torna a dare vita a incubi in stop motion tra demoni, zombie, suore ninja e preti non morti. Un nuovo immaginario orrorifico senza età dove la paura, la morte, la solitudine, un’infanzia rubata vengono esorcizzati attraverso spiritelli e spauracchi, facendo leva non tanto sullo scacciare i propri demoni, quanto piuttosto sull’abbracciarli. Eh sì, in fondo non tutti i demoni vengono per nuocere… o quasi!
Cominciamo a fare qualche passo sempre più vicino ad Halloween questa volta con la recensione di Wendell & Wild, il nuovo film del regista Selick, dal 28 ottobre su Netflix, diretto e scritto da lui in compagnia di Jordan Peele che, per l’occasione, insieme al “compagno di merende” Keegan-Michael Key, doppia i due improbabili demoni di questa storia. I film in stop motion hanno sempre un certo fascino e, in un modo o nell’altro, proprio quando si tratta di immaginari inquietanti, riescono particolarmente bene, facendo spesso leva su quell’aspetto più macabro e grottesco dei puppet che vengono animati per dare vita a storie sempre più entusiasmanti che fungono poi da filtro, da metafora, di quelli che sono aspetti che riguardano la vita.
È interessante l’uso metaforico dei temi all’interno di questo film legati all’infanzia, dal senso di colpa alla solitudine, dal sentirsi sbagliati a quel vuoto emotivo che si cerca di colmare in qualsiasi modo, spingendosi anche oltre quelli che potrebbero essere i confini del raziocinio. Il film si prende anche un po’ di tempo per raccontare la nostra società, plastica e completamente votata al vile Dio denaro. Un modo quasi privo di empatia dove tutti sono interessati al loro tornaconto personale a discapito di tutto e tutti, anche se questo vuol dire sporcarsi le mani con il sangue. Eh sì, avete capito bene. Certo, non aspettatevi immagini così forti, ma il sottotesto è molto semplice da capire. Non è, infatti, la prima volta che Selick si approccia al film d’infanzia con un linguaggio più duro, universale e aperto a un pubblico più maturo, senza edulcorare ma piuttosto facendo leva proprio su quelle situazioni al limite, per spingere i suoi protagonisti a reagire. Del resto, parliamo dello stesso regista di Coraline e di Nightmare Before Christmas. Henry Selick è sempre stato molto abile nel dar vita su schermo a dei veri e propri incubi in stop motion, creando atmosfere spesso inquietanti e terrificanti, sicuramente non adatte a un pubblico veramente giovane.
Wendell & Wild
Genere: Horror Comedy
Durata: 105 minuti
Uscita: dal 28 ottobre 2022 su Netflix
Cast: Keegan-Michael Key, Jordan Peele, Angela Bassett, Lyric Ross, James Hong, Ving Rhames.
Trama: c’era una volta, una bambina demoniaca
Cominciamo dalla trama di questa nuova opera di Henry Selick. Kat è solo una bambina quando perde in un tragico incidente i suoi genitori. Tornavano dall’allegra festa di Paese. Felici, spensierati e carichi di vita. Un lamento improvviso di Kat manda i genitori fuori strada, dando vita a una serie di reazioni a catena che andranno a incidere non solo sulla vita di Kat, ma anche su quella di tutta la sua cittadina. È come se con la morte dei genitori, il mondo stesse avesse cominciato ad andare a rotoli, seminando dolore, disperazione e grigiume. Kat passerà da un orfanotrofio all’altro, fino ad arrivare a 13 anni nell’istituto per ragazze gestito da Padre Bests, un prete un po’ particolare spinto più dall’avidità che dalla spiritualità, più volte in combutta con la spietata coppia di capitalisti che ha come unico scopo quello di radere al suolo la città per costruire prigioni private e arricchirsi sul dolore e la miseria altrui. La solitudine, il senso di colpa e di vuoto mai davvero affrontati da Kat, hanno scavato nella ragazzine una voragine che si è trasformata in uno scudo di rabbia, aggressività e distacco. Arrivata a 13 anni, Kat sembra essere quasi un’aliena di un altro pianeta. È convinta di far morire ogni cosa che tocca e che la sua infelicità sia dettata unicamente da se stessa e dalla consapevolezza – almeno per lei – di essere la causa dei suoi stessi mali.
Purtroppo rabbia e dolore possono portare le persone, anche così giovani, su strade lastricate non proprio di buone intenzioni e perfino quelli che sono i desideri più puri, come il voler riavere una persona cara scomparsa, possono trasformarsi in qualcosa di molto più pericoloso e… malefico. Bisogna sempre stare attenti a chi presta attenzione alle nostre richieste, perché nel caso di Kat sono un duo buffo e goffo di demoni che hanno tutta l’intenzione di aiutare – o quasi – la ragazzina nei suoi intenti non troppo ortodossi, solo per il proprio tornaconto personale. Cosa mai potrà andare storto? Tra diavoli e demoni, suore ninja mentori, preti non-morti e arrivisti, Kat dovrà cominciare a fare i conti davvero con il suo passato, con quelli che sono i suoi veri demoni interiori che l’hanno avvelenata giorno dopo giorno e che ciò che ormai è stato non si può più cambiare, ma che la vita va avanti è che un nostro dovere, nonché diritto, andare avanti, dandosi una nuova possibilità e scoprendo che spesso le famiglie possono nascondersi nei posti più inaspettati.
Attento a ciò che chiedi
Un po’ come accade anche in Nightmare Before Christmas, anche in questa storia Henry Selick punta a una protagonista che al tempo stesso è antagonista sia di se stessa che per gli altri. Difficile effettivamente inquadrare Kat. Il suo dolore, e in fondo anche la sua adolescenza, la portano a diventare un vero e proprio demone. Un fascio di nervi, rancore e bile pronto ad essere vomitato addosso al primo malcapitato. Se da bambina abbiamo di lei una visione dolce e spensierata, quella che ci ritroviamo davanti da più cresciutella è un vero e proprio Gremlins. Il che, appunto, un po’ confonde lo spettatore sulle prime fasi, andando addirittura a patteggiare per i due reali demoni, Wendell & Wild che, in realtà, sono molto più innocui di quanto si possa pensare. Un duo il cui punto di forza è senza ombra di dubbio la complicità, l’alchimia e la prontezza di botta e risposta che c’è tra i loro due doppiatori, appunto la coppia Key-Peele.
Proseguendo in questa recensione di Wendell & Wild è importante, secondo noi, comprendere quanto film di questo genere siano estremamente strutturati e spesso rivolti, sia per temi che per atmosfere nonché per riferimenti, a un pubblico più maturo e adulto. In questo film c’è un largo uso di una delle classiche rappresentazioni del cinema horror, “il patto col diavolo”. In realtà, il patto col diavolo, fin dalla letteratura, ha da sempre rappresentato la scappatoia facile per protagonisti troppo presi da se stessi per poter davvero affrontare i proprio traumi interiori. Il patto col diavolo può manifestarsi in molteplici modi, silenti o meno, volontari o involontari. È un po’ come il rapporto con il genio della lampada: bisogna stare attenti a ciò che si chiede, a come lo si chiede, perché spesso anche solo una virgola nel discorso può cambiare tutto quanto. La realtà può essere distorta, passare a svantaggio del richiedente che non aveva messo in conto l’obbligo di dover fare poi i conti con le sue azioni.
Il mostruoso femminile
Certo, facile giustificare ciò che porta Kat a comportarsi in un certo modo. Altrettanto vero che la tentazione di tirarle uno schiaffone in faccia è altrettanto forte. Il film, però, si basa proprio su questo percorso che parte da una negazione costante e violenta, e che si traduce in pensieri e azioni tossiche e negative, dando vita sicuramente a un scenario molto pesante, angosciante e a tratti perfino terrificante. Accompagnata anche dalla presenza di Suor Helley, vera e propria mentore di questa storia, il viaggio di Kat nel proprio inferno interiore non è facile. Profondo, difficile. In questo è molto simile al percorso che la stessa Coraline deve affrontare, cadendo in un vero e proprio buco nero costantemente in bilico tra il mondo della realtà e quella dell’incubo. Attraverso la figura di Kat e della bambina demoniaca, viene inserito un altro tema molto caro alla rappresentazione horror: il mostruoso femminile. Che cos’è? È la rappresentazione presso cui passano spesso e volentieri le donne, tra cronaca, letteratura, cinema e non solo, attraverso l’associazione tra crescita e mostri.
Lo stato della crescita segna uno stato di passaggio di trasformazione, di metamorfosi importante nel corpo e anche nella mente. L’arrivo dell’adolescenza, lo sviluppo, gli ormoni, il primo mestruo, rendono il corpo della bambina, simbolo di purezza, un involucro pronto a esplodere e a far emergere all’interno qualcosa di nuovo, di diverso, ma non sempre positivo. Il corpo sanguinante, la consapevolezza di se stessa, gli elementi sessualizzanti e le prime pulsioni sessuali, rendono il corpo femminile qualcosa di potente e pericoloso che, proprio per questo motivo, la rappresentazione culturale tende a demonizzare. Ad associare al demonio. Esempi pratici, tra i primi famosi che ci vengono in mente, possono essere Regan de L’Esorcista oppure Carrie. Kat fa parte di questa schiera di “bambine demoniache”, dove la sua crescita, la sua adolescenza e il suo dolore, sfociano in una rappresentazione mostruosa che agli occhi degli altri le rende, effettivamente, dei veri e propri demoni indecifrabili. L’obiettivo di Selick però non è scacciare i proprio demoni, almeno non in questo caso, ma bensì accoglierli. Abbracciarli. Comprenderli. E una delle lezioni più importanti che Kat dovrà imparare sarà proprio questa, accogliere i suoi demoni interiori e cominciare a non aver paura a chiedere aiuto, a ricercare affetto, senza per questo sembrare debole o fragile o difficile. Del resto, anche se fosse, la famiglia, di sangue o meno che sia, serve proprio a questo!
La forza dell’animazione
Seguendo la scia dei precedenti prodotti dello studio LAIKA o del già citato Nightmare Before Christmas, Henry Selick con questo film non fa altro che confermare la forza dell’animazione nello sviluppo di mondi mostruosi e fantastici e nel loro essere metafore di questo mondo. Si gioca moltissimo con il perturbante in Wendell & Wild e con l’inquietudine, regalando anche scene piuttosto suggestive come accadeva nella stessa Coraline. Film non esattamente adatti a un pubblico troppo giovane e che forse dovrebbe fare una prova su strada con qualcos’altro. La rappresentazione dell’inferno e degli stessi personaggi distorti, rende ovviamente l’intero film più un incubo a occhi aperti che un sogno. Si vuole ovviamente far leva su quella classica struttura halloweenesca con colori scuri, tocchi di fluo, personaggi spigolosi, ambienti allungati verso l’alto ma stretti, labirintici, claustrofobici.
La stessa struttura narrativa non è precisissima, procedendo per una strada quasi a zig zag, mescolando più storyline insieme e rendendo anche un pochino confusionario tenere il filo della situazione, per poi riprendersi nella parte centrale portando il tutto avanti in un crescendo continuo di piccoli spaventi e grandi passi emotivi. Ancora una volta il mondo dei morti sembra decisamente più colorato rispetto a quello dei vivi, come tanto piace fare a un collegato di Selick, ovvero Tim Burton. L’uso dello stop motion ha il potere di rendere tutto questo ancora più suggestivo, perfino più inquietante e a tratti spaventose. I giochi di luci e ombre che riprendono, invece, la lezione espressionista, fa leva più sulla dimensione onirica, per poi spiazzare con dettagli e primi piani che rendono ancora più mostruosi e angoscianti alcuni personaggi che si muovono sullo schermo.
C’è quel costante senso di disagio che anima il tutto ma che dà anche la sua forza più caratteristica alla pellicola. Un film che si concede qualche sbavatura di troppo, ma che al tempo stesso si mostra attento non solo alle tematiche ma anche alla rappresentazione umana, senza scivolare in becere checklist e buonismo. Di buonista in questa pellicola non c’è proprio nulla; anzi, a tratti sembra essere anche fin troppo cinica. Intrattenente e con la giusta atmosfera per il periodo, ma che al tempo stesso punta il tutto sulle tematiche pesanti e oscure che mantengono in bilico il film tra il mistery sovrannaturale e l’avventura. Wendell & Wild non è solo una pellicola sul peso della responsabilità delle nostre azioni che si riflette in tutti i personaggi, a cominciare dalla protagonista, passando per gli stessi demoni, fino ad arrivare al prete del Collegio Cattolico dove Kat viene mandata; Henry Selick porta lo spettatore anche a fare un doloroso viaggio nel lutto, nell’accettazione, nel vuoto interiore. Quel vuoto con il quale bisogna imparare a convivere perché, in fondo, non passerà mai. Eppure i vivi hanno una responsabilità nei confronti dei morti: vivere. Vivere anche per loro. Vivere per se stessi. E forse è questa la cosa più forte che alla fine di questo tortuoso e inquietante viaggio resta, scaldando e sciogliendo il cuore al tempo stesso.
La recensione in breve
Wendell & Wild riporta la magia del cinema in stop motion, creando mondi simili a incubi che si muovono nel perturbante, nell'angoscia, nella suggestione, ma che fungono anche da filtro per le tematiche del mondo reale come il lutto, il dolore, la rabbia. Henry Selick e Jordan Peele puntano a una struttura coinvolgente e decisa, che sa spaventare e al tempo stesso emozionare, confezionando una pellicola perfetta per il periodo e con un significato profondo.
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Voto ScreenWorld