2015. In Italia approda Netflix, che si presenta al pubblico nostrano con una serie che cavalca al meglio il successo della miniera d’oro dell’entertainment del momento, il Marvel Cinematic Universe: Daredevil. Scevro di troppi collegamenti con il franchise cinematografico, il Diavolo Custode dello streaming segna un cambio di passo nel modo di vedere i supertizi, rivolgendosi alla vena narrativa graffiante di Miller. Daredevil conquista il grande pubblico, diventa il fulcro di un ciclo narrativo a sé stante, arrivando ai Defenders. E poi sparisce.
Ma come ci ha insegnato proprio il buon Miller, il Diavolo rinasce. È insito nel mito del Cornetto il concetto del ritorno, della caduta e della forza di rialzarsi, come un pugile. Come Battlin’ Jack Murdock, incassi, vai al tappeto e ti rialzi, fosse anche per un ultimo match. Daredevil sembra naufragare nella mediocrità di Defenders, manca la possibilità di una terza stagione, ma torna prima (osannato) in Spider-Man: No Way Home e poi ancora nell’imbarazzante presenza in She-Hulk: Attorney At Law.
Altra caduta, altra rinascita. Daredevil: Born Again diventa la speranza non solo per Matt Murdock di essere finalmente se stesso, ma anche di vedere nuovamente i Marvel Studios mostrare segni di ripresa. Un nuovo corso che ha la sostanza dei nove episodi del ritorno di Daredevil su Disney Plus, la casa dei contenuti Marvel, che abbiamo avuto modo di vedere in anteprima e che ci consentono di dire con serenità che è bello tornare a casa – anche se casa è Hell’s Kitchen, con le sue ombre e i suoi segreti che non muoiono nemmeno se la chiamate Clinton.
La rinascita del Diavolo Custode

Inutile mentire: accostare il titolo di una run leggendaria del Cornetto a una produzione dei Marvel Studios aveva suscitato non poche preoccupazioni. Miller aveva colpito duro con la sua Born Again. La New York sporca, degradata e violenta presentata da Mazzucchelli poteva arrivare su Disney Plus? La visione di Netflix era stata più che fedele al cuore milleriano di Daredevil ed è esattamente quel richiamo a esser richiesto dal pubblico.
Senza rovinare la visione con brutali spoiler, possiamo tranquillizzarvi: Daredevil: Born Again non tradisce le aspettative. Se il ritorno di Charlie Cox, Vincent d’Onofrio e parte del cast originale aveva in parte tranquillizzato i fan, sono bastate le prime due puntate a risolvere i legami con il passato e a spingere Matt Murdock verso il suo futuro.
La rinascita di Matt passa, come vuole la sua tradizione, dalla sofferenza. Se anche Spider-Man ha avuto un suo momento no more, con questa serie è il Diavolo Custode a dover scegliere quanto maschera e uomo possano convivere. Il dualismo vigilante/uomo di legge è un cardine del mito di Daredevil, ma uno dei grandi interrogativi è come reagirebbe un supereroe avvocato quando il male bussa alla sua porta, senza pietà? Fin dove potrebbe spingersi e, soprattutto, come reagirebbe alle sue stesse scelte?
Daredevil è legge e strada, un dualismo che è stato perfettamente recepito dalla writing room dalla serie di Disney Plus. L’urban hero per eccellenza del pantheon marveliano perde quindi le sfumature ridicole viste in precedenza nell’MCU: niente walk of shame, ma lente camminate in aule di tribunale, teatro di ingiustizie e di colpi di scena. Più procedural drama che cinecomic, come ci si aspetterebbe da una storia del Cornetto.
Potere e giustizia

Un cambio di passo che rende la serie quasi un manifesto politico, un’accusa al sistema. La New York in cui si muove Matt è una città governata da Wilson Fisk, un luogo corrotto in cui la legge sembra soffocata. Giochi di potere e abusi d’ogni genere puniscono i più deboli, spesso condannati da un sistema sociale che li colpisce brutalmente per poi giudicarli in nome del proprio fallimento.
Il fallimento è un tema centrale di Daredevil: Born Again. Matt porta le cicatrici della sua caduta, riscrive la sua esistenza soffocando la colpa, lanciandosi in un’attività forense che vive come una missione disperata, vissuta con una rabbia repressa che aspetta solo di esplodere.
Ma anche Wilson Fisk, ora sindaco, si ritrova a dover accettare le proprie debolezze. Non solo come primo cittadino di una metropoli di cui fatica a comprendere le regole non scritte, ma anche come uomo e marito, in un difficile gioco di equilibri che rischia di schiacciarlo. Reprimere i propri istinti eppure appellarsi a essi per sopravvivere alle dinamiche della politica, per Fisk il potere pubblico rischia di rivelarsi un boccone amaro, almeno finché non trova un nemico da rendere pubblico, un capro espiatorio per farsi amare dai newyorkesi: i vigilanti mascherati.
New York, la grande protagonista

Il palcoscenico di questa folie à deux è una città degradata, in cui le minoranze si sentono oppresse e la violenza dilaga inarrestabile. Ritorna in tal senso la grammatica visiva dell’era Netflix, fatta di ombre e colori freddi, con scorci urbani fatiscenti. Un senso imperante di decadenza che domina lo schermo, accompagnato da una colonna sonora che ci riporta a quella New York vista nelle precedenti stagioni.
Ancora più che nell’era Netflix, con Daredevil: Born Again si percepisce l’affinità di Matt con la sua città. Lo vediamo nel modo in cui viene dato maggior spazio ai suoi momenti per le strade, nella quotidianità di alcune sue azioni. Non si vuole insistere forzatamente sull’aspetto supereroico del personaggio, ma si privilegia l’uomo, il suo esser parte di un mondo in cui Matt sia parte integrante. Non a caso, sono proprio le strade della Grande Mela ad accoglierci, con uno scambio di battute che è una promessa agli spettatori:
“Questa nostalgia di Hell’s Kitchen vi ha un po’ preso la mano, ve ne rendete conto?
Non è nostalgia, è rispetto del passato e speranza per il futuro!”
E la città lo sente, tanto da generare un mostro come Muse, che il futuro sembra volerlo uccidere. Se nei comics l’assassino era inquietante per il suo modus operandi, nella serie assume toni quasi lynchiani, estremo nei modi e per la surreale accoglienza da parte delle masse, incapaci di cogliere il vero messaggio della sua sanguinosa arte. Il degrado in cui si muove il Diavolo Custode non può che generare mostri, ma come ben sa Matt Murdock:
“Eppure la città trova altri modi per proteggersi…”
Il Diavolo è tornato

Se anche voi avevate speranze e timori per Daredevil: Born Again, potete accendere con tranquillità Disney Plus per le prossime settimane. La nuova serie del Marvel Cinematic Universe sembra finalmente aver appreso la lezione dei propri eroi, avviando la propria rinascita passando da un personaggio che forse, più di ogni altro, sappia cosa significhi rialzarsi.
Daredevil: Born Again non si discosta dal franchise, lasciando emergere riferimenti più o meno evidenti che legano il Diavolo Custode a questo macro-sistema senza soffocarlo. Ci riesce lasciando che Matt sia al centro di una serie unica all’interno del panorama attuale della saga, capace di comprimere la narrazione asciugandola di parti superflue e premiando la caratterizzazione dei personaggi.
Anche usando un linguaggio visivo diverso, cupo e drammatico come ci si aspetta da una storia di Daredevil. Le influenze di Miller, Soule e Zdarsky sono evidenti e magnificamente intrecciate, fuse in un linguaggio cupo (ma mai esasperato) che consente anche di gettare lo sguardo a momenti privati dei personaggi, rendendoli parte integrante della loro caratterizzazione.
La rinascita dell’MCU?

In tempi recenti, le produzioni dei Marvel Studios sembravano mancare di consapevolezza del medium, offrendo serie troppo dilatate o che comprimevano eccessivamente passaggi centrali. Un difetto che anche le serie Netflix avevano mostrato, con stagioni di lunghezza considerevole. La scelta di concentrare questa prima stagione di Daredevil: Born Again in nove episodi si rivela vincente, consente di avere una trama orizzontale perfettamente scandita e cancella la necessità di episodi riempitivi.
Daredevil: Born Again non mostra cali narrativi: lo spettatore non ha mai la sensazione di assistere a eventi privi di senso o a scenari utili soltanto ad aggiungere minutaggio. Finalmente si ha la sensazione che i Marvel Studios abbiano (ri)trovato una cifra stilistica che avvolga lo spettatore, facendo percepire una sincerità narrativa a lungo data per dispersa.
Conclusioni
Dopo una lunga attesa, Daredevil è protagonista assoluto nella sua serie, un ritorno alle atmosfere milleriane delle produzioni Netflix. Toni adulti, azione violenta e forti emozioni accompagnano Matt Murdock nel suo ritorno a Hell's Kitchen
Pro
- Un tono narrativo davvero adulto, dal sapore milleriano
- Narrazione e temi in linea con la storia di Daredevil
Contro
- Per capire al meglio la storia, è necessario aver visto la serie Netflix