La piattaforma Apple Tv+ aggiunge un altro pregiato tassello al ventaglio delle sue proposte, rendendo disponibile la miniserie in 6 episodi Black Bird, un true crime rilasciato a cadenza settimanale a partire da venerdì 8 luglio.
Per i tanti orfani di Mindhunter (inspiegabilmente cancellata alla sua seconda stagione) e appassionati del genere, Black Bird ha tutte le potenzialità per diventare uno degli show più interessanti di questa estate. Cerchiamo insieme di capire perché, in questa nostra recensione di Black Bird, serie ideata da Dennis Lehane, con Taron Egerton e Ray Liotta.
Black Bird
Genere: Crime
Durata: 8 episodi/60 minuti ca.
Uscita: 2022 (Apple tv+)
Cast: Taron Egerton, Ray Liotta, Paul Walter Hauser
La genesi del progetto e il contributo di Dennis Lehane
Due premesse, per chiarire l’origine della vicenda e lo sviluppo del progetto: alla base di Black Bird c’è un libro, In with the Devil: a Fallen Hero, a Serial Killer, and a Dangerous Bargain for Redemption, scritto niente di meno che da James Keen, il protagonista della serie televisiva.
A raccogliere e sviluppare il materiale fornito dal libro, abbiamo Dennis Lehane, scrittore di successo il cui percorso si è saltuariamente congiunto a fortunate produzioni per il piccolo e grande schermo (ricordiamo The Wire, Boardwalk Empire, e pellicole di noto successo come Mystic River e Shutter Island). Un tocco, quello di Lehane, che permea in modo piuttosto riconoscibile l’intera serie.
La trama: una discesa negli inferi dei gironi carcerari
Jimmy Keene è un giovane che racchiude una costellazione di caratteristiche respingenti: è sfrontato, ricco, carismatico, maniacalmente fissato con beveroni energetici e definizione muscolare, e soprattutto, nonostante sia figlio di un poliziotto decorato (un emozionante Ray Liotta alla sua ultima apparizione), è uno spacciatore che possiede un arsenale di armi custodite nel suo appartamento di lusso, da cui entrano ed escono donne e amici di circostanza. Una brutta mattina però, è costretto a salutare tutto quanto e a trasferirsi in carcere, dove la sentenza definitiva lo vedrà costretto a scontare una pena detentiva di dieci anni. Un tempo interminabile, insomma.
L’FBI però, gli propone un accordo: scendere all'”Inferno”, ovvero un carcere di massima sicurezza con detenuti con problemi psichiatrici. Il piano è quello di sfruttare le doti comunicative e ammalianti di Keene per avvicinare ed estorcere una prova di colpevolezza a Larry Hall, un sospetto serial killer di ragazzine che rischia di uscire per insufficienza di prove. Jimmy rifiuta, ma un peggioramento repentino delle condizioni fisiche del padre lo spinge ad accettare l’accordo, che prevede la commutazione della pena in libertà a patto di riuscire nel compito assegnato (farsi dare l’esatta posizione in cui il killer ha sepolto le sue vittime).
I protagonisti: due “mostri” a confronto
È nell’incontro/confronto fra i due giganti di questa miniserie, Jimmy Keene (Taron Egerton) e Larry Hall (Paul Walter Hauser), che la scrittura dello show riesce a esplorare e far emergere, per contrasto o affinità, il labirinto psicologico che atterrisce, disgusta o impietosisce alternativamente lo spettatore. Keene, finalmente resosi accessibile allo spettatore, diventa la lente con cui osservare e interagire con una mente disturbata ed esasperante, governata da impulsi tanto infantili quanto agghiaccianti, e da una marcata tendenza alla bugia patologica che costantemente spinge l’interlocutore (e con lui lo spettatore) a rimettere ogni certezza in discussione. Una personalità spiazzante e generatrice di dubbio, disarmante nelle sue confessioni che riguardano il passato (e che nello show sono sottolineate da flashback che ci aiutano ad attestarne la veridicità).
Black Bird è un crime che mette la scrittura a servizio del dramma psicologico, il concept iniziale (peraltro, lo ricordiamo, assolutamente reale) è il motore d’innesto della danza che si istaura fra i due protagonisti. Nel tentare di svelare l’altro, Keen rivela se stesso, in una spirale di turbamento e di tensione che cresce quanto più ci si avvicina al cuore e alla testa pulsante dei protagonisti.
Un cast gigante che regala ammirazione ed emozione
Nonostante il materiale di partenza, la scrittura di alto livello, la regia che esalta le atmosfere di genere e valorizza le sfumature espressive del cast, una serie come Black Bird deve moltissimo alle tre stelle che dominano le scene. Taron Egerton, dopo la sua apprezzatissima performance (anche canora) in Rocketman, si conferma un attore eccezionalmente camaleontico, in grado di sfruttare la sua corporeità in modo versatile e convincente. Nel suo intenso e destabilizzante rapporto col personaggio del serial killer Larry Hall, lo vediamo sgretolarsi progressivamente senza scomporsi, nel tentativo di mantenere saldo il timone del suo equilibrio mentale. Ma è attraverso l’interpretazione di Paul Walter Hauser che lo show calamita anche l’attenzione più pigra. Il presunto Killer, nato da un parto gemellare in cui il fratello gli ha letteralmente succhiato parte degli organi vitali durante la gestazione, è un bugiardo patologico che si diverte a confessare e poi ritrattare crimini. L’impressionante interpretazione di Paul Walter Hauser non ci concede di stabilire quale sia il confine fra il disturbo mentale e la perversione autocompiaciuta e, attraverso un lavoro eccezionale sulla voce e sullo sguardo, mette in scena un personaggio che ad ogni inquadratura si mostra diverso, lasciandoci nel disagio di non (ri)conoscere chi abbiamo di fronte.
A completare il trio di stelle, l’ultima interpretazione di Ray Liotta (deceduto lo scorso maggio), nel ruolo del padre di Egerton, un poliziotto in pensione tormentato per l’arresto del figlio e colpito da ictus. Commoventi i suoi tentativi al contempo bruschi e ingenui di consigliarlo e di aiutarlo durante i giorni dell’arresto. Una figura di altri tempi, che Liotta porta sullo schermo con una intensità e profondità che penetrano ad ogni inquadratura.
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recensione in breve
Black Bird è un true crime tratto da una storia vera, che esplora e affonda nelle profondità psicologiche dei suoi protagonisti - Taron Egerton e Paul Walter Hauser - all'interno del duro ambiente carcerario. Le eccezionali interpretazioni dei personaggi e l'ottima scrittura riescono a valorizzare una serie che sfrutta al massimo i suoi tanti punti di forza.
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Voto ScreenWorld