Sperimentale. Rivoluzionario. Innovativo. Si sono sprecati gli aggettivi con cui Love, Death & Robots è stato battezzato dalla sua prima stagione, imponendosi presso il pubblico di Netflix come una delle migliori dimostrazioni della potenza del comparto animato del colosso dello streaming. Spinto dalla varietà di stili e narrazioni, capace di passare dalla sci-fi tradizionale al cyberpunk, toccando il parodistico e lasciandosi suggestionare da cult come Heavy Metal, Love Death & Robots arriva ora alla sua quarta incarnazione. Ma ha ancora la stessa potenza delle precedenti serie?
Dura la vita per chi è predestinato. Al suo esordio, la creatura di Tim Miller è stata immediatamente vista come la pietra di paragone per il settore, non solo per l’aspetto puramente tecnico, quanto per il concept antologico libero e poliedrico. Infinite dimensioni in infinite combinazioni, che hanno suggestionato e deliziato palati differenti, con ironia, violenza e prodigi tecnici.
Genere: Fantascienza
Durata: 10 Episodi/20 minuti ca.
Uscita: 15 maggio 2025 (Netflix)
Cast: John Boyega, Emily O’Brien, Dan Stevens
Temet Noscet

Love Death and Robots ha fatto della sintesi la sua essenza. La capacità di comprimere all’interno di corti animati interi universi è un dono, soprattutto quando si trova la perfetta sintonia con un comparto tecnico di primissimo livello. Non solo nella realizzazione di episodi come Punto Cieco o Zima Blue, ma nel concepire deliranti visioni stile Il dominio dello Yogurt o weird science allo stato puro con Morte allo Squadrone della Morte.
Sperimentazione continua, ricerca di nuove frontiere tecniche che devono dare vita a momenti narrativi sempre più vividi e avvincenti. Se da un lato il formato antologico aiuta nella varietà di questi shorts, dall’altro costringe a rinnovarsi continuamente, a uscire da deja vù narrativi e interpretare al meglio la sempre più esigente
Viene da chiedersi se la sperimentazione di Miller con Secret Level, la serie animata di Prime Video, non fosse un esperimento nell’esperimento: spingere la perizia tecnica all’interno di contesti noti. Calarsi nel mondo videoludico garantiva una parziale sicurezza, avendo già una trama tracciata e un pubblico in attesa di vivere in formato animato ulteriori avventure dei propri videogiochi preferiti.
Forma o sostanza?

Il ritorno su Netflix con la quarta collezione di Love Death & Robots assume i toni di una prova per Miller e la sua squadra. Libertà narrativa totale, un open world per la fantasia in cui ricercare nuovi spunti, per ammaliare un pubblico oramai assuefatto a questo format, convincendolo che dietro la meraviglia visiva, Love Death & Robots abbia ancora un cuore pulsante, vivo.
Dieci episodi offerti in soluzione unica al pubblico, che famelico può letteralmente divorarli nel giro di un’ora. Passare dalle profondità dello spazio a una delirante invasione aliena è un attimo, una visione rapida, ben ritmata, in cui si cerca esplorare diverse sfumature dell’emotività.
Si rimane rapiti dalla spiazzante umanità che emerge in Spider Rose, si vibra al ritmo dei Red Hot Chili Peppers con Can’t Stop, per finire folgorati dalla meraviglia di Così Zeke ha scoperto la religione. Non manca la diversificazione, tematica e stilistica, si percepisce costantemente la volontà di stupire, emozionare lo spettatore, ma il gioco funziona a una condizione: consumare rapidamente, avidamente la serie.
Fede, nichilismo, lutto e dominio animano questo quarto volume di Love Death & Robots. Una visione corale complessa, maggiormente potente nella singolarità degli episodi, ma che mostra oramai una criticità all’interno della serie: il come è dominante sul cosa.
Bellezza o emozioni?

Quel cambiamento stilistico che ha contraddistinto da sempre la serie, il suo repentino voltare di pagina in cerca di nuove storie, sembra aver perso la sua verve. Se da un lato lo spettatore preme play nella speranza di ritrovare l’essenza del DNA di Love Death & Robots, dall’altro si aspetta di ritrovare quella spontaneità, quel sense of wonder esplosivo che ha caratterizzato le prime stagioni.
Giunti al quarto capitolo, inizia a sentirsi qualche scricchiolio, invece. Per quanto i dieci episodi arrivati oggi su Netflix sia stilisticamente impeccabili, per quanto la dialettica matura contempli più sfumature, si percepisce una mancanza di vera originalità.
Su dieci episodi, il fiato rimane sospeso su meno della metà dei racconti. Negli altri ci si può soffermare ad apprezzare la mirabile realizzazione tecnica, ma sul piano del mero racconto subentra un senso di eccessiva familiarità, si accusa la mancanza di visione nell’alimentare uno stupore autentico, soffocato tanto dalle aspettative del pubblico, che assuefatto dalle precedenti stagioni si aspetta sempre di più, sia dall’atteggiamento tiepido in fase di scrittura.
Entropia narrativa

Sotto questo aspetto, Love Death & Robots condivide le difficoltà di Black Mirror, altra serie antologica il cui ultimo passaggio su Netflix ha mostrato criticità in termini di innovazione narrativa. La sensazione, nel caso della serie animata di Miller, è che oramai ci si concentri più sulla riconferma di un valore tecnico che non su una vivacità.
Manca quella spontaneità delle prime serie, la ricerca di una sinergia tra racconto e medium. La bellezza delle animazioni è indubbia, anzi è divenuta l’essenza di questo quarto capitolo, tanto che si ha quasi la sensazione di trovarsi a una celebrazione di Love Death & Robots, un tributo alla memoria di un emozionante viaggio narrativo, ora incapace di riproporre quello stupore autentico che ci aveva fatto innamorare di questo progetto
Conclusioni
Love Death & Robots condivide le difficoltà di Black Mirror, altra serie antologica il cui ultimo passaggio su Netflix ha mostrato criticità in termini di innovazione narrativa. La sensazione, nel caso della serie animata di Miller, è che oramai ci si concentri più sulla riconferma di un valore tecnico che non su una vivacità.
Pro
- Visivamente impressionante
- Alcuni episodi sono narrativamente appassionanti
Contro
- Sensazione di ripetitività
-
Voto ScreenWorld