Entra dalla porta sul retro (e senza troppi clamori) la prima serie d’animazione italiana targata Prime Video. Il Baracchino di Nicolò Cuccì e Salvo Di Paola non intende accaparrarsi favori né pretese, ma oltre la sua sbandierata modestia dichiara intenzioni purissime. Più di ogni altra cosa, questa piccola follia produttiva conferma che realizzare un certo tipo di animazione nel nostro paese è (quasi) possibile. Merito di Lucky Red, che ha scommesso insieme ad Amazon su un giovane collettivo palermitano (Megadrago) e sulla voce dei comici per realizzare qualcosa di tanto complesso e ambizioso.

La narrazione, non a caso, punta tutto su una realtà molto cara agli autori: il contesto della stand-up comedy italiana. Sei episodi da circa 15 minuti sembrano la soluzione ideale per intrattenere e divertire con leggerezza, ma basta il primo play per capire che c’è molto di più. Il Baracchino rischia persino di sembrare respingente a un occhio poco attento: un lapidario bianco e nero traccia i contorni di un contesto decaduto e decadente in cui si alternano storie, stili e riferimenti differenti, con più spazio per l’imbarazzo che per la risata. Nel giro di pochi minuti, però, scatta qualcosa: l’animazione rapisce lo sguardo e la narrazione scava verso il cuore.

In un contesto in cui sarebbe giusto concentrarsi sul cosa, produzioni del genere in Italia sono costrette soprattutto a occuparsi del come. E il risultato, se non è un unicum, rappresenta uno step importantissimo – anche solo come approccio produttivo. Basterebbe soffermarsi sulla sua resa a schermo per consigliarlo, ma sarebbe troppo semplice: Il Baracchino potrebbe meritare anche più di quanto si sarebbe disposti a dargli.

Il Bracchino
Genere: Comedy
Durata: 6 Episodi/15 minuti ca.
Uscita: 3 Giugno 2025 (Prime Video)
Showrunner: Nicolò Cuccì, Salvo Di paola
Cast: Pilar Fogliati, Lillo, Pietro Sermonti

Chi fa ridere è padrone del mondo

Il Baracchino
L’esterno del Baracchino – ©Lucky Red

Per essere una comedy tanto sperimentale, Il Baracchino non potrebbe avere una struttura più classica (e, per certi versi, derivativa): c’è un locale storico caduto in disgrazia, un proprietario burbero dal cuore indurito e una giovane protagonista in cerca di rivalsa. Intorno ai due volti di punta si alternano reietti, sfigati e mattatori che nella stand-up riversano ambizioni, sogni e speranze. Così il Baracchino diventa il luogo in cui gli ultimi possono cambiare il proprio destino con una battuta – a rimarcare, nelle parole di Walt Whitman, “che il potente spettacolo continua e tu puoi contribuire con un verso”. Nel mostrare una prospettiva intimista della comicità, la risata emerge come pura catarsi.

Si fa ridere per essere visti, ascoltati, ma soprattutto capiti. Soltanto quando la serie inizia ad approfondire i suoi sottili filamenti di trama, andando oltre i suoi comici incapaci, si raggiunge quella consapevolezza profonda che permette di capire il valore della leggerezza, l’importanza di un sorriso. Cuccì e Di Paola strappano le risate più sincere nei momenti più inaspettati, citando di continuo la cultura pop e pietre miliari della nostra comicità, ma è quando emozionano che riescono davvero a sorprendere. Anche quando il cringe rischia di farsi eccessivo o un episodio stenta a decollare, la penna degli autori riesce a compensare con sentimenti genuini.

Esistere, che spettacolo

Lillo dà la voce a Maurizio
Maurizio ha la voce di Lillo – ©Lucky Red

Genuinità che parte dalla struttura e riverbera nei personaggi: la scelta del mockumentary permette a Cuccì e Di Paola di giocare con la quarta parete, alternando riferimenti meta-filmici e persino meme che rendano autentico il conflitto di personaggi tutt’altro che verosimili. Al di là dei cenni archetipici (ma anche al di là dei vari guest comici), Il Baracchino affida quasi tutto ai suoi interpreti principali: Pilar Fogliati è magnetica nei panni della protagonista, mentre Lillo si fa apprezzare nel ruolo più complesso da gestire. Entrambi gli attori vengono sfruttati soprattutto per le loro doti drammatiche, restituendo personaggi spontanei e sfaccettati che cercano di restare a galla in un abisso di dolore.

Il Baracchino è una produzione che parte dal basso, realizzata con lo stesso software open source che ha portato Flow agli Oscar, ma che ha alle spalle competenza e talento: Megadrago unisce 2D e 3D, stop-motion e pupazzi in un mix unico e stupefacente, mentre Di Paola emerge alla distanza come riferimento di una dramedy sentita (ma soprattutto empatica) in cui molti potranno trovare più sensazioni che risposte. Il Baracchino non è ciò che ci si potrebbe aspettare: è un racconto intimo, una storia di legami, un monologo impacciato sull’esistenza che supera lo stile nella speranza di un applauso. Una coccola che si merita di ricevere affetto, qualsiasi sia il suo esito agli occhi dell’industria.

Conclusioni

7.0 Anarchico

Con Il Baracchino, Prime Video e Lucky Red scommettono su un’animazione libera e differente. Un progetto in tecnica mista che si rivela senza pretese soltanto all'apparenza, per poi stupire visivamente ed emotivamente. Nicolò Cuccì e Salvo Di Paola (insieme allo studio Megadrago) osano con una storia toccante che, al netto delle sue incertezze, merita assoluto sostegno. Forse è vero che produzioni del genere nascono soprattutto per incuriosire e provocare, ma è sempre una bella notizia quando riescono a sorprendere.

Pro
  1. Il lavoro svolto dallo studio Megadrago rappresenta uno step notevole per l’industria
  2. Cucci e Di Paola riescono a dare equilibrio e senso all’intera operazione, spingendosi al di là della semplice sperimentazione
Contro
  1. L’impatto iniziale può risultare respingente, soprattutto per la resa di alcuni personaggi di contorno e la folta presenza di talent non preparati al doppiaggio
  2. Il ritmo della narrazione procede a stento nella prima parte di episodi, non riuscendo sempre a intrattenere come dovrebbe
  • Voto ScreenWorld 7
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Classe '94. Critico e copywriter di professione, creator per passione. Ha scritto e collaborato per diverse realtà di settore (FilmPost.it, Everyeye) con la speranza di raccontare il Cinema e la cultura pop per il resto della sua vita.