C’è un momento, nei libri di George R.R. Martin, e per la precisione nel quarto volume delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, A Feast For Crows, in cui uno dei pochi Targaryen rimasti al mondo, Maester Aemon, riflette sul sesso dei draghi. Si parla del “principe che fu promesso”, ovvero della profezia che aveva guidato le gesta di Rhaegar Targaryen nell’antefatto de Il trono di spade; quella che, come è rivelato in House of the Dragon, aveva motivato la conquista di Westeros da parte di Aegon I (e quella che – abbiamo visto nell’episodio 4 King of the Narrow Sea – è incisa sulla famosa daga che, nelle battute finali de Il trono di spade, veniva impiegata in maniera particolarmente produttiva da Arya Stark).
L’anziano Aemon, in viaggio verso la Cittadella di Vecchia Città e gravemente ammalato, ha un’epifania sull’identità del misterioso principe destinato a salvare il mondo dagli Estranei quando viene a sapere dell’ascesa di Daenerys, in procinto di raggiungere Westeros all’arrivo della nuova Lunga Notte. Una traduzione frettolosa potrebbe aver cancellato la possibilità che il principe promesso sia una principessa; “i draghi non sono né maschi né femmine, ma l’uno o l’altro all’occorrenza, mutevoli come la fiamma“.
Al contrario, noi veniamo al mondo con un sesso determinato alla nascita, e questo dato sembra influenzare le nostre opportunità e le nostre scelte dal momento in cui viene mostrato al mondo un fiocco rosa oppure azzurro. Un drago è un drago e basta. Non che ci sia certezza sul fatto che Maester Aemon fosse nel giusto – né su Daenerys né sul sesso dei draghi, tanto più che ci sono draghi che, nel corso delle Cronache, vengono ritenuti femmine dalla nascita: un esempio che abbiamo conosciuto di recente è Syrax, il drago femmina (she-dragon) di Rhaenyra Targaryen. Una cosa su cui invece c’è certezza è il rapporto simbolico, impetuoso e incandescente che c’è tra i draghi, il potere e la femminilità nell’opera di Martin e nell’immaginario televisivo da essa sprigionato.
La solitudine di Daenerys
Per questo va da sé che al cuore delle vicende di House of the Dragon come de Il trono di spade ci sia una donna-drago: ossia una creatura fuori dal suo tempo, destinata a rompere le catene del ruolo tradizionale delle donne nella società in cui nasce.
Sin dalla primissima apparizione di Rhaenyra in House of the Dragon, la vicinanza di età e aspetto ci fa pensare che una delle ragioni per cui questo prequel de Il trono di spade abbia avuto la meglio su tutti i numerosi altri progetti che sono stati presi in considerazione da HBO sia la fascinazione del pubblico per il personaggio di Daenerys: l’esile e bionda principessa adolescente che si trasforma in liberatrice, rivoluzionaria, e regina dei draghi. Eppure Rhaenyra ricorda Daenerys nel look da dragon-rider e nell’atteggiamento più che nei lineamenti del viso: Milly Alcock possiede una bellezza meno convenzionale rispetto a quella di Emilia Clarke, e la sua è una principessa d’argento più inquietante e misteriosa, come avrebbe forse potuto essere la Dany di Tamzin Merchant, l’attrice scritturata per il primo e sfortunato pilota de Il trono di spade.
Tuttavia, l’aria più dolce e meno “aliena” di Emilia Clarke si associa alla passività iniziale di Daenerys nei primissimi episodi de Il trono di spade: vittima delle angherie del fratello maggiore, pedina dei suoi progetti di rivalsa, Danerys viene venduta in sposa a uno spaventoso guerriero Dothraki di cui non conosce né gli usi né la lingua. Non ha la minima possibilità di ribellarsi; è ancora una bambina (nei romanzi ha tredici anni) e non ha al mondo nient’altro che Viserys. La vita di una principessa ad Approdo del Re è molto diversa, e Rhaenyra è una fanciulla molto diversa: piena di fuoco e di gioia di vivere, trascura le sue lezioni e dice alla sua amica del cuore che “vuole esplorare il mondo con lei in groppa a un drago, e mangiare solo dolci“. Cresciuta a corte, impara il valyriano da uno zio affascinante e impetuoso, e cresce decisa a ignorare finché può i richiami al “dovere”; il suo destino di moglie e madre. Daenerys non sa granché né del suo destino né delle sue origini, e altro non vedere che la follia crescente del fratello: un elemento che ha inevitabilmente un impatto sul suo equilibrio mentale e sulle sue scelte.
Il destino della madre
Se questa eco distorta nella fisicità e nello spirito è il primo parallelo che ci colpisce, ne arrivano presto altri. Rhaella, la madre di Daenerys, ed Aemma, la madre di Rhaenyra, muoiono di parto; Dany emerge da quella tragica morte nel sale e nel fumo di Roccia del Drago, ma è segnata da quel destino quanto Rhaenyra che assiste all’orribile e vana fine di Aemma all’età di quindici anni.
Se Dany è vittima della follia e della violenza del fratello e del padre Aerys, Rhaenyra è esposta a un’ossessione non meno fondamentalmente misogina: quella di Viserys II di avere un figlio maschio. Ancora una volta, tuttavia, possiamo dirla ben più fortunata di Daenerys, perché non è sola al mondo, ha un padre che la ama anche se fatica a capirla (un po’ come tutti i padri di figlie adolescenti, diciamocelo). Al di là del difficile rapporto con il re, la tragica fine di Aemma non abbandona mai Rhaenyra come non abbandona Viserys: nell’episodio King of the Narrow Sea, la fanciulla confessa a Daemon come il terrore di morire di parto contribuisca alla suo riluttanza a sposarsi.
Il rapporto con la maternità, per Dany, finisce presto e in maniera orribile, con la perdita del figlio di Drogo, Rhaego; vedremo se Rhaenyra, col tempo, riuscirà a conciliare la possibilità di avere dei figli con la sua fiera indipendenza e con il suo destino regale. L’apparizione del “moon tea”, o infuso di tanaceto, la pillola del giorno dopo dei Sette Regni, dopo la perdita della sua verginità ci ricorda una verità ineludibile: alla base della subordinazione delle donna c’è una cosa soltanto, ma è impossibile non farci i conti. Il suo ruolo riproduttivo.
Potere è piacere
Questo ci conduce al più “divertente” dei paralleli tra Dany e Rhaenyra: è inevitabile parlare delle analogie nel loro rapporto con la sessualità dopo un episodio hot come King of the Narrow Sea. Per Dany, manco a dirlo, il primo impatto con il sesso è traumatico, perché suo marito è capace soltanto di prenderla con la forza e di usarla come una fattrice: è proprio in questo frangente che emergono l’eccezionale intelligenza e capacità di adattamento di questa fanciulla, perché, in assenza di altre possibilità di comunicazione, il sesso diventa il linguaggio per arrivare all’umanità di Drogo, il mezzo per conquistare il suo amore, il suo rispetto nonché il primo scampolo di libero arbitrio che Dany abbia mai avuto. Quello tra Daenerys e Drogo, cominciato nell’orrore dello stupro, è un amore passionale e fisico, in cui lui impara la tenerezza e lei impara il potere e il piacere. In futuro, userà la seduzione a scopo manipolativo, ma darà anche sfogo liberamente al suo desiderio, perché il potere le permetterà di superare la condizione in cui una donna ha bisogno della protezione del vincolo matrimoniale.
Come ribadiscono sia Alicent che Daemon, Rhaenyra ha invece un’opzione che nessuna femmina umana di Westeros (forse con l’eccezione delle dorniane) ha mai avuto. Anziché essere ceduta al miglior offerente o spinta sulla scacchiera della più oculata alleanza politica, Rhaenyra può scegliere chi sposare, ma lei non ci sta: dopo lo strazio della madre, ora assiste infatti alla schiavitù dell’amica, costretta a visitare il letto di un uomo molto più vecchio e a scodellare uno dopo l’altro i suoi eredi. Così per Rhaenyra – appassionata e sensuale quanto la sua discendente – la rivelazione del piacere arriva fuori dal matrimonio, e in maniera pirotecnica. Quella della seduzione tra Rhaenyra e Daemon è una delle scene più sexy che abbiamo visto nell’intero corso di due show in cui sessualità e nudità non sono mai mancate, con l’elemento del “proibito”, la natura incestuosa di quell’attrazione irresistibile, a giocare un ruolo che, da spettatori cresciuti nel tabù dell’incesto, ci lascia dolorosamente sulle spine. Per Rhaenyra, e come, ricorderete, per Dany, fare l’amore con lo zio o con il nipote non sembra trascendere le prerogative di una vera donna-drago.
Il fatto che Rhaenyra non si scomponga più di fronte al tirarsi indietro di Daemon, che l’abbandona in un bordello, ma torni semplicemente alla Fortezza Rossa per portarsi a letto la sua guardia del corpo è ancora una volta testimonianza di una tempra fuori dal comune, ma anche della ferma volontà di George R.R. Martin e dei suoi co-autori di raccontare il desiderio femminile con onestà, consapevolezza e gioia liberatoria.
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