Tre ciotole, il titolo dell’ultimo libro di Michela Murgia, ha un significato legato a un particolare rituale legato ai pasti che accade nei monasteri Zen: la cerimonia di Ōryōki. Il cibo viene, infatti, diviso in più ciotole per controllarne la quantità e trovare un equilibrio tra stomaco e cervello, senza cedere agli estremi della fame, che sia troppa o troppo poca.
Data la vicenda personale della scrittrice e la presenza dei dodici racconti legati a un filo conduttore, il libro vuole, infatti, sottolineare la disciplina con cui si cerca di affrontare i periodi difficili della propria vita.
La metafora usata con la cerimonia di Ōryōki appare, quindi, particolarmente adatta, perché evidenzia due aspetti fondamentali: essere attenti e consapevoli con sé stessi e non dimenticare che la propria vita è interconnessa a quella di altre persone. Solo praticando la giusta attenzione si può raggiungere un beneficio collettivo.
Le tre ciotole, che danno titolo alla raccolta di racconti, sono di diversa grandezza. Nella più grande, chiamata del Buddha o anche zuhatsu (simboleggia l’illuminazione) solitamente si mette il riso, pietanza basilare con cui si inizia il rito.
Le altre due, progressivamente più piccole che simboleggiano gli altri fondamentali del buddhismo, il Dharma e il Sangha, contengono rispettivamente una zuppa di miso e un pasto più sano ed essenziale come verdure bollite.
Il cibo si può prendere da una sola delle ciotole o da tutte e tre, ma senza dimenticare l’attenzione verso ciò che si sta mangiando. In questo modo ci si sente maggiormente grati del pasto e si percepisce una maggiore consapevolezza di sé.
La scelta di questo titolo simboleggia, quindi, un percorso di guarigione interiore che non colpisce solo i personaggi delle storie, costretti ad affrontare momenti delicati della loro vita, ma anche una ricerca spirituale di Murgia, sincera ed emotiva.