“Dobbiamo sempre guardare le cose da angolazioni diverse. E il mondo appare diverso”
Robin Williams nei panni del professor Keating condivideva con i propri studenti questa perla di saggezza in L’attimo fuggente, un invito a non fossilizzarsi su un solo punto di vista, ma a cercare sempre un’altra chiave di lettura. Perché non esiste mai una sola verità, oltre l’oggettività abbiamo sempre una soggettività che riscrive, a volte, la percezione che possiamo avere di una storia.
Punti di vista e prospettive, l’essenza di come interagiamo e reagiamo alle sollecitazioni del mondo, su come formuliamo ipotesi e concepiamo il flusso degli eventi. Nella narrativa, specialmente quella ‘gialla’, è ingannando e guidando questo nostro rapporto con la verità che i grandi autori hanno modellato le loro storie, una sfida con la parte più intima e spesso convoluta della nostra interiorità in cui si sono avventurati anche gli autori di The Six Fingers & The One Hand.
The Six Fingers

Piove sempre, a Neo Novena. Una pioggia eterna che annega le vite dei cittadini di questa megalopoli futuristica, in cui si percepisce il senso di ineluttabile condanna a perseguire un’esistenza già segnata, che ti obbliga a essere parte della ristretta cerchia di benestanti o incatenato in una ripetitiva schiavitù. È così che si sente Joannes Vale, studente di archeologia costretto a mantenersi lavorando come operaio in una delle centrali elettriche della città, schiavo come i Cog, gli androidi che svolgono le mansioni più umili.
A dargli forza è la convinzione di aver trovato tracce di una perduta civiltà, i cui resti sono in attesa di esser ritrovati. Anni di studi e di ricerche spasmodiche, tra lo scetticismo del mondo e della sua fidanzata Galina non hanno sconfortato Joannes, che continua a richiedere sovvenzioni all’università per realizzare il suo sogno: una spedizione che faccia luce su questo mistero.
Ma la vita non pare seguire il corso sperato dal giovane, che incassa solo rifiuti e delusioni. Una condizione che pare peggiorare quando, dopo l’ennesima serata infausta, Joannes realizza di avere potenzialmente compiuto un omicidio di cui non ha memoria, seguendo le orme del famigerato killer della Mano.
In fuga dalla polizia che lo bracca, Joannes scopre di poter decifrare il misterioso codice lasciato dal killer in passato, grazie al quale rivela come ci sia una realtà ulteriore nascosta nei meandri di Neo Novena. Una scoperta che cambia radicalmente la sua vita, e forse quella dell’intera città
The One Hand

Piove sempre a Neo Novena. Una pioggia eterna che non riesce a lavare via la sensazione di vuoto che si annida nel cuore di Ari Nassar, detective della polizia prossimo alla pensione. Divenuto celebre per aver arrestato il famigerato Killer della Mano, Nassar ha passato il resto della sua carriera con apatica rassegnazione, distaccato dai colleghi e sentendosi vicino solo a Nemone, prostituta Cog a cui si è legato profondamente.
A risvegliarlo da questo suo torpore è la comparsa di una serie di omicidi che sembrano compiuti proprio dal Killer della Mano, catturato e imprigionato anni prima. A un passo dal suo ritiro, Nassar deve rimettere in discussione il suo grande successo, scoprendo se si tratta di un copycat o se anni prima ha commesso un terribile errore.
Una spinta vitale che lo porta a scontrarsi non solo con l’opinione pubblica, ma anche con i suoi colleghi, che non celano la sfiducia nel suo operato. Una lotta contro il tempo, un inseguimento che assume i toni di una progressiva rivelazione di una verità sconcertante nascosta nei gangli vitali di Neo Novena, nelle ombre di una megalopoli che ha nascosto la propria anima autentica sino al sanguinoso svelamento attuato dal Killer della Mano.
Un gioco di prospettive

Le due facce della stessa medaglia, raccolte saggiamente da saldaPress in un cofanetto. The Six Fingers e The One Hand non sono due racconti differenti, ma la stessa vicenda vista da due differenti prospettive, che si intersecano nei momenti salienti per poi riprendere la propria autonoma esistenza. Ram V e Dan Watter orchestrano una sinfonia perfetta, mettendo queste due vicende umane a stretto contatto, preservandone comunque identità e autonomia.
Il mondo costruito per questa inquietante indagine si fonda tanto sulla visione cyberpunk della società, quanto sull’influenza della narrativa noir, nel dare corpo all’investigatore Ari Nassan. Una duplicità che si riflette nei due archi narrativi, che toccano tematiche di forte carattere, dalla critica sociale sulle disparità sociale a più filosofici dilemmi su esistenza e comprensione del mondo.
Elementi di spessore che trovano spazio in una grammatica narrativa sottile e penetrante, che taglia la realtà di questa storia con lucidità, insinuando dubbi nel lettore, ingannandolo con flussi di coscienza che sembrano suggerire una direzione, salvo poi virare bruscamente altrove
“Ci sono sempre buchi nella nostra conoscenza”
In questa frase in apertura di The Six Fingers si potrebbe vedere tanto la chiave di lettura di questo ciclo, quanto uno spunto da cui imbastire una storia. L’idea di questi buchi diventa il motore trainante di questo racconto, prende forma nei deliri di Joannes, in cerca di una verità la cui rivelazione sconvolge la sua esistenza, quanto nell’ostinazione di Ari, incapace di cedere il passo e deciso a chiudere una volta per tutte questa storia.
I misteri di Neo Novena

Attorno a questi due personaggi, vive un mondo fatto di figure figlie di questa società, tra galleriste attratte dal macabro e sintetici in cerca di un’anima. Se da un lato l’influenza di Blade Runner prende la forma di una incarnazione oscura del sogno di Asimov, dall’altro il ruolo dei Cog diventa sempre più centrale nella definizione di una storia in cui sangue e definizione del sé sono parte integrante di un meccanismo che tradisce ispirazione lynchiane.
Intaccare la narrazione realistica con queste tensioni insondabili, dare a Joannes il compito di squarciare il velo di Maya per rivelarci la realtà di Neo Novena è solo un primo passo verso una più ampia dinamica narrativa, che si libera di ogni elemento di ritualismo inizialmente accennato per trasformarsi in una presa di coscienza collettiva.
L’atteggiamento verso i cog è la vera chiave di lettura di questa vicenda. Non un pacifica convivenza, ma la visione dei sintetici come meri ingranaggi (in inglese, cogwheels) avvicina l’intento narrativo alla visione primigenia del robot, quel meccanismo ribelle che si oppone alla dominazione organica. I cog più che i replicanti di Blade Runner ricordano i robota di Capek, schiavi maltrattati che assumono una nuova consapevolezza, liberandosi dal giogo dei fittizi ricordi con cui l’umanità li imprigiona.
E ironia della sorte, tocca proprio a colui che riconosce nei cog le vittime del killer della Mano scoprire come anche l’umanità sia prigioniera di una colossale, gigantesca finzione. Il disilluso Nassar a sua volta svela un ulteriore livello di realtà, perde l’illusione della fuga dalla asfissiante metropoli, prigioniero di una realtà che impone due scelte: accettarla e rimanerne schiavo, o dimenticare e crogiolarsi nella finzione?
Due visioni complementari
Non è un caso che The One Hand, il point of view di Nassar, sia stato rappresentato graficamente con un piglio più sporco e intimista, avvicinandosi alla narrativa noir in cui dominano disillusione e amarezza. I disegni di Laurence Campbell sono emanazione di quella visione, si soffermano su dettagli specifici avvolgendoli di ombre, omaggiando i cult fumettistici del genere, come Sin City, resi ancora più freddi e stranianti dalla colorazione pacata di Lee Loughridge.
La frenetica, disperata ricerca di verità da parte di Joannes prende vita nel tratto più dinamico e spigoloso di Sumit Kumar. Perfetto non solo per ritrarre l’aspetto tecnologico della storia, ma ottimo nel presentare i tratti più macabri della vicenda, lavorando su dinamiche di sfruttamento della gabbia che siano sempre in sintonia con il progredire della storia.
Joannes o Ari?

Il grande interrogativo di questa lettura è come affrontare questa opera, quale sia la partenza e quale la fine. L’intento autoriale di non dare una precisa coordinata ai lettori è una scelta vincente, che non obbliga a una sequenzialità obbligata, ma lascia libero il lettore di esplorare queste due esistenze secondo il proprio sentimento.
La lettura ufficiale vorrebbe un passaggio continuo tra i due volumi, alternando i rispettivi capitoli, ma la nostra esperienza a Neo Novena si è mossa diversamente iniziando con The Six Fingers e passando poi a The One Hand.
Ma la forza di questo esperimento è nella sua identità così composta e solida da poter esser esplorata da angolazioni diverse, senza ordini specifici, perché comunque vada, alla fine scopriremo che la verità è là fuori.
Ma non è detto che possa piacerci.