Si può essere tanto pungenti anche quando si è così rotondi? I Peanuts sono così: una contraddizione fumettistica. Un cortocircuito esistenziale in cui la forma suggerisce qualcosa, mentre la sostanza ti porta altrove. Bambini “innocenti” che ti spiegano la vita, ti prendono per mano e ti fanno riflettere su quello che siamo. Ovvero un meraviglioso concentrato di fragilità, speranze, ironia e delusioni. Insomma, pura filosofia a misura di bambino.
Tutto gestito con una semplicità disarmante dalla matita del grande Charles M. Schulz. Un signore che nel 1950 ha deciso di ricordarci una cosa importante: le cose semplici non sono affatto facili. Perché dietro quel tratto semplice (quasi elementare) si nasconde una profondità abissale. Un concentrato di malinconia, sarcasmo e consapevolezza capace di attraversare il tempo senza perdere smalto.
Provate pure. Rileggete qualsiasi striscia dei Peanuts e provate a cercare qualche ruga tra le pagine. Non la troverete. Una freschezza grafica e tematica riportata alla luce da The Complete Peanuts, una collezione di 26 volumi brossurati mensili (pubblicata da Panini Comics in obbligatorio formato orizzontale) che raccoglie le meravigliose peripezie di Charlie Brown, Snoopy e compagnia. Un’edizione cronologica che celebra i 75 anni della meravigliosa creatura di Schulz 1950 al 2000. Cinquant’anni di storia del fumetto, che oggi celebriamo cercando di capire il segreto di questa preziosa eternità.
La genesi

Fine anni Quaranta. Da qualche parte del Minnesota. La Seconda Guerra Mondiale è finita da poco, e gli Stati Uniti provavano a rialzare la testa guardando al futuro con ottimismo. Qualcuno non era d’accordo, anche perché quella guerra appena finita l’aveva combattuta. Lo schivo Charles Schulz, predicatore laico di una Chiesa protestante, si diletta come disegnatore, provando a pubblicare strisce sull’annuario della scuola.
C’è solo un piccolo problema: i suoi superiori non sono d’accordo. Troppa audacia in quelle strisce. Così il nostro Charles si rivolge a un quotidiano della zona, il St. Paul Pioneer Press, dove tra il 1947 e il 1950 pubblica ogni domenica storie dedicate a un certo Charlie Brown e a un cane molto simile a quello che diventerà presto Snoopy.
Da lì al debutto ufficiale il passo è breve. Infatti I Peanuts vengono pubblicati per la prima volta il 2 ottobre 1950 su alcuni quotidiani statunitensi, come il Washington Post e il Chicago Tribune. Ma i problemi con i capi non sono finiti. Perché? Perché gli editori non amano il titolo del fumetto, ispirato ai posti più economici dei teatri e usato anche per indicare un pubblico composto da soli bambini.
Problema superato dal successo dei Peanuts, che non è travolgente, ma col tempo inizia a imporsi come un vero e proprio fenomeno pop. Un cavallo di Troia, che sotto la morbidezza di quei disegni innocui, iniziava a scavare poco per volta nella coscienza del Novecento. Nascono così i bimbi di Schulz, un autore così premuroso da dedicare ai Peanuts mezzo secolo della propria vita. Sempre da solo, a capo chino sul tavolo di lavoro, senza bisogno di assistenti. Come solo un padre amorevole può fare.
Profonda leggerezza

Basta sfogliare la nuova edizione Panini per accorgersi di una cosa: le tavole di Schulz sembrano nate ieri. Il tratto è ancora fresco, la sintesi sempre magistrale. Così come i testi: ancora ficcanti, mai prolissi, essenziali nel loro essere pungenti. Qualcosa di talmente assoluto da diventare universale, andando oltre il tempo e lo spazio. Non è un caso che tutte le avventure di Charlie Brown, Linus e gli altri siano ambientate in una specie di non luogo.
Abitanti di una generica periferia statunitense fatta di casette a schiera, giardini e bambini rigorosamente non inquinati dalla presenza di adulti. Un immaginario semplice, che Schulz ha reso accogliente, alla portata di tutti. Perché chiunque si è riconosciuto nelle tenere insicurezze di questi filosofi-bambini, impegnati a pensare alla vita più che a viverla davvero. Tutto attraverso tavole che avevano il coraggio di raccontare la noia, i dubbi, la depressione e i dilemmi esistenziali in cui siamo inciampati tutti almeno una volta.
Il segreto della felicità

Senza mai mettersi in cattedra a fare la morale o scivolare nella banalità, i Peanuts ci hanno messo tutti sotto la stessa coperta, a guardare il cielo (come Snoopy) in giardino con la testa piena di domande. Amore, futuro, senso dello stare al mondo e tutti i dubbi che si portano dietro. Dilemmi che ci prendono alla sprovvista quando siamo soli, e che si possono smaltire solo stando insieme agli amici.
Così i Peanuts ci hanno educato alla nobile arte del farci domande. Senza mai accontentarci di risposte semplici a domande complesse. Perché, sì: siamo insicuri e testardi come Charlie Brown, abbiamo bisogno delle nostre rassicuranti coperte come Linus, di sognare come Snoopy e di essere disincantati come Lucy. In quel microcosmo a misura di bambino ci rimani fino a quando smetti di respirare.
Ecco perché i Peanuts non potranno invecchiare mai e saranno sempre lì a ricordarci quanto è bello farsi domande su quel meraviglioso mistero di nome vita. Un mistero in cui, ogni tanto, qualche certezza si trova ancora. Ad esempio un sentito ed eterno “grazie” al signor Charles M. Schulz. Per essere stato un padre così premuroso.