Ricordate la vecchia storia del diavolo ingannatore? Di Satana che vuole imbrogliarci con sembianze farlocche? Ecco, lasciatela perdere. Perché, per una volta, è tutto come sembra. È tutto alla luce del sole anche nel buio di una foresta. È tutto come dicono sulla copertina. Il font che richiama Stephen King, l’atmosfera boschiva, un gruppo di ragazzi con la torcia in mano alla ricerca di qualcuno nell’oscurità più profonda.

Il diavolo di Smiling Woods non vuole proprio ingannare nessuno, e si presenta con un’onestà impressionate. I riferimenti sono chiari e sono gli stessi di Stranger Things, ovvero di tutti i figli del Re del Terrore: un mistero da risolvere, una cittadina sperduta nella provincia americana che sembra maledetta e un gruppo di ragazzi che affronta l’ignoto. Jacopo Starace parte da un territorio noto (e molto calpestato) per camminare sempre di più con le sue gambe, andando verso luoghi molto vicini a quello che gli interessa davvero. Ovviamente non mi diremo certo dove, per non rovinarvi il viaggio dalle parti di Smiling Woods. Un fumetto di genere, che gioca con l’horror e il thriller scavando sotto i soliti archetipi. Alla ricerca di qualcosa di nuovo. Fidatevi, lo troverete.

Essere bosco

Il diavolo di Smiling Woods
Una tavola de Il diavolo di Smiling Woods – © Bao Publishing

Il dove e il quando non sono importanti. Cittadina di Emmanuel Parish, probabilmente negli anni Ottanta. Lo capiamo da walkmen, radio e computer ingombranti. Niente cellulari. Niente tecnologia. Eppure le storie diventano virali lo stesso. Come la maledizione che sembra serpeggiare tra i boschi di Smiling Woods, dove due anni fa sono scomparse tredici famiglie di minatori.

Tutte svanite nel nulla. Il caso ha lasciato un sottile filo di inquietudine in una comunità che sembra andare avanti come niente fosse, cercando di dimenticare quel mistero. Tutti tranne Delia e i suoi amici. Un gruppo di studenti purtroppo travolti da un’altra sparizione improvvisa, che solleva tutta la polvere nascosta sotto ai tappeti di Emmanuel Parish. Ha così inizio un’avventura oscura che finalmente potrebbe fare luce nel cuore nero di Smiling Woods.

Fin dalle premesse, il nuovo fumetto di Jacopo Starace sembra sguazzare nel classico racconto di genere, a metà strada tra l’horror adolescenziale e il thriller di provincia, dove l’ambientazione è parte integrante del racconto. Anzi, vero e proprio protagonista silenzioso della storia. Non a caso Il diavolo di Smiling Woods è pieno zeppo di onomatopee di suoni: sussurri, folate di vento, strani versi nell’oscurità. Il paesaggio è vivo, pulsante, respira. Ed è forse il gran tocco di classe di un fumetto canonico solo in apparenza.

Come zio Stephen

Smiling Woods tavola
Un esempio della varietà cromatica del fumetto – © Bao Publishing

La sensazione è quella di scendere lentamente lungo una scala a chiocciola, scavando sempre di più nelle viscere della terra alla scoperta della verità. Il diavolo di Smiling Woods è un viaggio dove le domande sono molto più delle risposte e dove il ritmo del racconto prima di carica di pathos e poi va dritto fino alla soluzione finale (inaspettata, originale e soddisfacente). Anche se in quarta di copertina si scomoda anche David Lynch (in questo caso l’accostamento è un po’ ardito), l’impronta più grande ben visibile tra i boschi disegnati da Starace è, ovviamente, quella di Stephen King (ma da qualche parte, fidatevi, c’è anche qualche traccia dei Goonies).

L’atmosfera malsana, il rapporto viscerale tra una maledizione antica e una cittadina isolata, l’ignoto che da una parte spaventa e dall’altra attira. Tutti temi molto “kinghiani” che hanno ispirato Starace anche nei colori. Se il suo character design è sempre essenziale, sintetico sui volti (senza inibire mai l’espressività dei personaggi) e dinamico nella poca azione presente, la palette cromatica è la vera anima di questo fumetto. Si passa dal giallo rassicurante, presente solo all’interno delle abitazioni (l’unico posto sicuro?) al blu scuro delle notti boschive, per poi virare verso colori più lividi e fluo nelle sequenze più stranianti.

Un ottimo lavoro grafico confermato anche da qualche chicca nel lettering, visto che qualche balloon si nasconde dietro i disegni, come a dire: “Le cose qui amano essere celate“. Ancora una volta Jacopo Starace parte in comfort zone per poi addentrarsi verso l’ignoto. Gli era già successo con il suo ottimo secondo libro (Essere Montagna), dove partita dalla classica premessa post-apocalittica e poi trovava vie tutte sue. Succede anche qui. Si parte camminando strade battute per poi andare altrove.

Peccato solo per le brevità di un racconto che non riesce a dare profondità al cuore di personaggi, che sembrano solo utili a portare avanti la storia. Il che non toglie a Il diavolo di Smiling Woods quel retrogusto piacevole di un buon sabato sera, passato davanti a una bella VHS horror che fa il suo sporco dovere.

Conclusioni

7.5 Intrigante

A metà strada tra l'horror e il thriller, Il diavolo di Smiling Woods è un fumetto da leggere tutto d'un fiato durante una notte piovosa. Magari con qualche sibilo inquietante fuori dalla finestra. Un buon racconto di genere, che colpisce soprattutto per la sua cura grafica.

The Good
  1. Atmosfera malsana che avvolge chi legge
  2. Disegni, colori e lettering di alto livello
  3. Chi ama Stephen King si sentirà a casa
The Bad
  1. La scrittura dei personaggi non punta molto all'empatia
  • Voto ScreenWorld 7.5
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Nato a Bari nel 1985, ha lavorato come ricercatore per l'Università Carlo Bo di Urbino e subito dopo come autore televisivo per Antenna Sud, Rete Economy e Pop Economy. Dal 2013 lavora come critico cinematografico, scrivendo prima per MyMovies.it e poi per Movieplayer.it. Nel 2021 approda a ScreenWorld, dove diventa responsabile dell'area video, gestendo i canali YouTube e Twitch. Nel 2022 ricopre lo stesso ruolo anche per il sito CinemaSerieTv.it. Nel corso della sua carriera ha pubblicato vari saggi sul cinema, scritto fumetti e lavorato come speaker e doppiatore.