Con The Last Showgirl, Gia Coppola torna dietro la macchina da presa per raccontare una storia di caduta e rinascita, immersa nel paesaggio malinconico e scintillante di una Las Vegas in declino. Il film segna anche il ritorno sorprendente di Pamela Anderson in un ruolo drammatico, intenso e misurato, lontano anni luce dall’immagine pubblica che l’ha definita per decenni.

L’idea alla base del film è forte: una riflessione sul tempo che passa, sulla femminilità vissuta al di fuori degli sguardi maschili e sull’identità di una donna che deve reinventarsi quando il palco si spegne. Tuttavia, a fronte di un concept carico di potenziale, The Last Showgirl fatica a trovare una direzione narrativa coerente e approfondita. Il risultato è un film che oscilla tra momenti di grande intensità emotiva e altri in cui la storia sembra sfuggire di mano, lasciando dietro di sé una scia di suggestioni irrisolte.

The Last Showgirl
Genere: Drammatico
Durata: 88 minuti
Uscita: 3 Aprile 2025 (Cinema)
Regia: Gia Coppola
Cast: Pamela Anderson, Kiernan Shipka, Jamie Lee Curtis

Un’idea potente, una confezione raffinata… e una fragile sostanza

Pamela Anderson in una scena di The Last Showgirl – ©High Frequency Entertainment

The Last Showgirl si presenta sin dalle prime sequenze come un’opera dal potenziale narrativo altissimo. L’ambientazione – una Las Vegas crepuscolare, lontana dalla frenesia patinata che la contraddistingue – si presta perfettamente a raccontare una storia di fine corsa, di identità da ricostruire, di resilienza femminile. Al centro della scena c’è una showgirl di mezza età, interpretata da Pamela Anderson, che si trova improvvisamente tagliata fuori da un mondo che le ha dato tutto e che ora sembra rinnegarla.

La premessa è forte, intensa, visivamente ricca. Tuttavia, proprio quando la narrazione dovrebbe esplodere e scavare in profondità, la sceneggiatura si perde tra ellissi troppo nette, scene lasciate a metà e lacune narrative che rendono difficile seguire l’evoluzione dei personaggi e della loro interiorità. Eventi significativi accadono senza una vera costruzione, come se mancassero interi segmenti della narrazione, lasciando lo spettatore a cercare connessioni che il film non fornisce.

Personaggi affascinanti, ma psicologicamente irrisolti

Pamela Anderson the Last Showgirl
Pamela Anderson in una scena di The Last Showgirl – ©High Frequency Entertainment

Dal punto di vista tecnico, The Last Showgirl è un film curato con una certa raffinatezza visiva, capace di evocare un mondo sospeso tra il glamour decadente e la malinconia del tempo che passa. La fotografia, firmata da Autumn Durald Arkapaw (già nota per Palo Alto e, più recentemente, Loki), è forse l’aspetto più riuscito dell’intero progetto: calda, sfumata, spesso intima, riesce a restituire il contrasto tra la superficie scintillante di Las Vegas e l’interiorità ferita della protagonista. I colori virano verso tonalità dorate e rosate, quasi a voler proiettare il film in un eterno tramonto, visivamente coerente con la fase esistenziale della showgirl che ne è al centro. Anche la colonna sonora accompagna con delicatezza, senza mai sovrastare l’azione: brani eleganti, dai toni indie e malinconici, si alternano a momenti di un silenzio carico di significato, lasciando spazio all’interpretazione dello spettatore.

Uno dei grandi sprechi di The Last Showgirl è rappresentato dal trattamento riservato ai suoi personaggi. Gia Coppola ha il merito di mettere in scena figure complesse, ognuna con un proprio vissuto interessante, ma non riesce a tradurre questa complessità in uno sviluppo convincente. La protagonista è circondata da una rete di personaggi – la figlia distante, l’ex compagna di palcoscenico, un vecchio interesse amoroso che accenna appena al riavvicinamento – che sembrano pensati per raccontare il suo passato, il suo presente e le sue fragilità, ma che purtroppo rimangono figure abbozzate, mai davvero coinvolte nel cuore del racconto.

Anche i rapporti interpersonali, che dovrebbero essere il motore emotivo del film, risultano deboli e raramente incisivi: i dialoghi sfiorano temi profondi, ma non li affrontano con la densità necessaria. Il risultato è un’opera che punta alla complessità psicologica, ma si accontenta di evocarla, senza mai approfondirla davvero, come se avesse paura di scavare troppo nel dolore o nella memoria dei suoi protagonisti.

Il riscatto di Pamela Anderson in un film imperfetto

Pamela Anderson in una scena di The Last Showgirl – ©High Frequency Entertainment

Nonostante le sue fragilità, The Last Showgirl ha il merito indiscutibile di restituire a Pamela Anderson una dignità artistica che negli ultimi anni le era stata spesso negata. Dopo la rappresentazione controversa e voyeuristica di Pam & Tommy, la Anderson si riprende la scena con un’interpretazione sobria, intensa, a tratti struggente. La sua presenza dà peso e verità al personaggio, colmando in parte i vuoti lasciati dalla sceneggiatura. La macchina da presa di Coppola la osserva con rispetto, senza indulgere nel cliché, restituendoci un volto segnato ma ancora capace di raccontare molto, anche solo con uno sguardo. È un peccato, però, che attorno a questa performance non sia stato costruito un impianto narrativo più solido. Il film, per quanto elegante dal punto di vista visivo, manca spesso di coesione e di una vera progressione drammatica.

La regia di Gia Coppola è sobria, talvolta fin troppo trattenuta: se da un lato evita l’eccesso e il melodramma, dall’altro sembra temere il pathos, scegliendo spesso l’ellisse e la sottrazione anche laddove una maggiore incisività avrebbe giovato alla narrazione. Il montaggio, seppur fluido, contribuisce in parte alla sensazione di frammentarietà: alcune scene sembrano tagliate bruscamente, altre lasciano domande sospese, come se il film fosse passato attraverso un processo di rifinitura che ha sacrificato momenti chiave in nome di un minimalismo forse eccessivo.

The Last Showgirl è un’opera che appare perfettamente rifinita all’esterno, ma che soffre di una mancanza di coesione interna, come un bel contenitore che non riesce a trattenere fino in fondo la sostanza emotiva e drammatica che prometteva. In definitiva, la pellicola resta un’occasione parzialmente sprecata: un film che avrebbe potuto essere importante, perfino memorabile, ma che si accontenta di essere solo interessante. E questo, per una storia che avrebbe potuto brillare, è un vero peccato.

Conclusioni

6.5 Elegiaco

The Last Showgirl è un film che lascia una sensazione ambigua: da un lato colpisce per l’atmosfera delicata, per la cura estetica e per la sorprendente intensità della performance di Pamela Anderson; dall’altro delude per una scrittura fragile, personaggi irrisolti e una trama che si perde in passaggi ellittici e scelte narrative poco coraggiose. Gia Coppola dimostra ancora una volta di avere uno sguardo interessante e una sensibilità visiva fuori dal comune, ma non riesce a sostenere l’intero peso di una storia che avrebbe avuto bisogno di maggiore spessore emotivo e coerenza narrativa. Resta il valore simbolico del film come riscatto personale e professionale per la sua protagonista, ma anche il rammarico per ciò che avrebbe potuto diventare se avesse raccontato con maggiore decisione ciò che, purtroppo, resta solo suggerito.

Pro
  1. Una storia dal potenziale narrativo altissimo
  2. L'interpretazione di Pamela Anderson
  3. Una prorompente raffinatezza visiva
Contro
  1. I personaggi (e le relazioni tra di essi) non vengono approfonditi e sviluppati a dovere
  2. Eccessivi buchi di trama
  3. Regia in alcuni punti troppo trattenuta
  • Voto ScreenWorld 6.5
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🇮🇹/🇺🇸 Classe 2005, nata tra i templi di Paestum ma con origini statunitensi, cinefila compulsiva. Sono redattrice di ScreenWorld.it dal gennaio 2025 e Content creator per la pagina Ilmiocinemaofficial (22.5k su Instagram). Scrivo perché non so farne a meno. Ironia inclusa.