Il 1 gennaio è uscito nelle sale italiane, distribuito da Lucky Red, Il ragazzo e l’airone, l’ultimo film di Hayao Miyazaki. Presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma e al Toronto Film Festival, l’ultima fatica del fondatore dello Studio Ghibli è rimasta avvolta nel mistero fino al 14 luglio, data dell’uscita in Giappone. Una campagna di marketing basata sul silenzio: per volontà del maestro e di Toshio Suzuki, co-fondatore e presidente dello Studio Ghibili, nulla è trapelato riguardo alla trama, ai personaggi, alle atmosfere. Una scelta che ha contribuito a creare un’aura di leggenda intorno a un prodotto già leggendario per sua stessa natura, essendo il testamento artistico di uno dei più grandi autori dell’animazione giapponese.
Ma Il ragazzo e l’airone non è il solo testamento artistico a vagare nel cosmo di Miyazaki: fino a questo momento è stato Si alza il vento, lungometraggio del 2013, ad aver detenuto il titolo di canto del cigno del regista nipponico. Alla luce di questo fatto, viene spontaneo cercare di mettere insieme le due opere, faccia a faccia, e farle dialogare, facendo emergere le connessioni e le discrepanze, nel tentativo di ricostruire l’eredità e il pensiero di un grande maestro.
Trame a confronto: Si alza il vento e Il ragazzo e l’airone
Partiamo da un rapido raffronto tra le trame. Si alza il vento è ambientato tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale e racconta la vita di Jirō Horikoshi, ingegnere aeronautico che ha progettato numerosi aerei da combattimento durante il secondo conflitto mondiale. Jirō sogna fin da ragazzo di volare e progettare aeroplani: ed è proprio la dimensione del sogno che viene attraversata in Si alza il vento. Una dimensione che plasma e ingloba la realtà, dove il sogno diventa il motore che permette di continuare a vivere anche attraverso le avversità più dure.
Il ragazzo e l’airone è la storia di Mahito, un ragazzino di tredici anni che perde la madre in un incendio provocato da un bombardamento. Ci troviamo nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, ma ci ritroveremo ad abbandonare ben presto l’ambientazione storica per immergerci in una dimensione onirica, spettrale, fantasmagorica, confusa e allucinatoria. A guidare Mahito, preso dalla disperata speranza di poter rivedere la madre, un airone. Ma come tutte le creature di Miyazaki, non si tratta di un semplice airone, ma di una creatura complessa, avvolta dal mistero, che si svela a ogni battito d’ali sgraziato. Un diavolo tentatore, un angelo custode, un maldestro compagno di viaggio, ma soprattutto ambasciatore di un altro mondo, fatto di spiriti e dei. Una storia monumentale, che nel passaggio tra l’infanzia e l’adolescenza, tra la vita e la morte, cerca di rispondere alle domande più urgenti sull’esistenza.
Una biografia che si fa cinema
Si alza il vento e Il ragazzo e l’airone sono entrambi radicati nella biografia di Miyazaki. In Si alza il vento le analogie tra il protagonista e Miyazaki si giocano nel campo dell’arte e delle passioni d’infanzia: come Jirō, anche Miyazaki, figlio di un’ingegnere aeronautico, è un appassionato di avazione fin da bambino. Ma l’elemento che lo lega maggiormente al suo personaggio è la sua dedizione nei confronti della sua arte, una passione che sfocia nell’abnegazione e nella cura maniacale di ogni dettaglio. Nel corso del film, Jirō si troverà a imparare a lasciare andare, a fare i conti con la perdita di controllo come un fatto della vita, e a ritrovare la semplicità e la purezza dei suoi sogni da ragazzo. Lo strumento e il simbolo di questo processo di maturazione è la storia con Nahoka, un amore segnato dalla leggerezza del vento e dalla sua potenza motrice.
Finora Si alza il vento era considerato il film più personale di Miyazaki: ma con Il ragazzo e l’airone il regista scava ancora più a fondo nella sua storia personale per riportarla alla luce attraverso la sua animazione. Dalle inquietudini della guerra, alla mancanza della figura materna, alla sempre presente passione per il mondo dell’aeronautica, con il suo ultimo film Miyazaki ci dona alcuni frammenti della sua infanzia nella sua essenza più pura e autentica. Altro elemento che pone i due film in una linea di continuità è proprio l’ambientazione: entrambi i film partono dalla guerra, in particolare dai due conflitti mondiali.
Ma mentre in Si alza il vento, nonostante i bombardamenti e le città distrutte sulle sfondo, siamo catturati nella visione trasognata e ovattata di Jirō, Il ragazzo e l’airone è pervaso dalla morte e dall’afflizione di cui si fa portatrice la guerra. Un’atmosfera funerea che pervade anche gli universi attraversati da Mahito nel suo viaggio: nulla si salva dal caos generato dall’umanità. Ma nonostante i richiami alla guerra e alla morte, entrambi i film sono due modi diversi di affrontare il modo in cui stiamo al mondo e affrontiamo l’esistenza.
La cosmogonia di Miyazaki, tra riflessioni sulla vita e sulla morte
Si alza il vento si apre con una citazione di Paul Valéry: Le vent se lève, il faut tenter de vivre (Il vento si sta alzando, bisogna provare a vivere). Il titolo originale de Il ragazzo e l’airone, tratto dall’omonimo libro di Genzaburō Yoshino con cui condivide solo pochi tratti, è Kimi-tachi wa dō ikiru, tradotto letteralmente: E voi come vivrete? Entrambi i film si pongono come una riflessione sul senso dell’esistenza, dei tentativi di sciogliere un nodo di domande impossibile da districare. Ma mentre Si alza il vento è un invito ad accogliere la bellezza e il dolore della vita, ad affidarsi al vento e a lasciarsi trasportare con fare disincantato lungo il cammino tortuoso e magnifico dell’esistenza, Il ragazzo e l’airone è un’opera che reca con sé un’irrequietezza più difficile da domare.
L’ultimo film di Miyazaki è un’opera universale, stratificata, astrale, fatta di confini infranti, di soglie che si fondono tra di loro, di varchi che aprono su altri mondi così lontani ma non così diversi dal nostro. Il ragazzo e l’airone è un racconto di formazione dai toni più cupi e perturbanti, che accoglie il disordine e gioca con l’instabilità e con l’incertezza, con ciò che è ancora da definirsi, con gli equilibri precari dell’universo. Attraverso il viaggio di Mahito, Miyazaki cerca di tornare al caos dell’origine, nel tentativo di trovare qualcosa che ci indichi come gestire la vita, la morte, e tutto quello che sta in mezzo. Ma alla fine del viaggio non si ricava nulla di certo: tutto rimane indecifrabile, indefinito, in continuo movimento. Un po’ come l’eredità di Miyazaki, ancora in costruzione e in perenne trasformazione, una domanda destinata a rimanere aperta, in attesa di risposte e interpretazioni.
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