Lunghe giornate in ospedale o tra le vie della città osservando le vite degli altri. Sempre timoroso di vivere o morire. È così che Valerio Mastandrea apre la sezione Orizzonti della 81a Mostra del cinema di Venezia, con Nonostante, la sua seconda prova da regista nella quale infonde tutto se stesso, la voglia di sperimentare e di trovare una nuova dimensione. Un lungometraggio dedicato al padre, deceduto da qualche anno e che apre una nuova chiave di lettura per un film dal sapore dolceamaro. Non mancano i difetti in questa piccola opera, ma l’attore e cineasta romano ha saputo lanciarsi nel vuoto in ambiti delicati, tra i quali la perdita e il valore della vita, con una buona dose di sensibilità e profondità. Un argomento difficile da trattare come quello del coma, un eterno limbo tra la vita e la morte, fino al fatidico momento di svegliarsi o dormire per sempre.
Mastandrea basa tutta la narrazione sull’intenzione di raccontare un amore fugace e impossibile, ma non solo, anche per ispirare lo spettatore, per quanto possibile, sull’idea di essere un “Nonostante“. Come da lui stesso dichiarato, i “Nonostante” sono persone che vengono investite da sentimenti inarrestabili e profondi riuscendo a riconoscersi immediatamente. Lui stesso si rivede in questo modello e ha cercato di rappresentarlo con il suo film. Ed è così che in questa recensione di Nonostante cercheremo di sviscerare i motivi che hanno reso quest’apertura della Mostra del cinema, nella sezione Orizzonti, così accattivante ma, in alcuni punti, deficitaria.
Genere: Drammatico
Durata: 93 minuti
Uscita: ND (Cinema)
Cast: Valerio Mastandrea, Dolores Fonzi, Lino Musella, Giorgio Montanini, Barbara Ronchi
Una regia intima, una scrittura delicata
La storia ruota attorno a un uomo senza nome (Valerio Mastandrea) mentre “vive” la sua placida routine in ospedale, affiancato dai suoi due amici che sperimentano la sua stessa esistenza. Sono, infatti, in coma in quella che è una condizione a metà tra l’essere un fantasma e una coscienza extracorporea. Vegliano sui loro corpi, in attesa che le condizioni critiche in cui versano peggiorino, portandoli alla morte, o vadano a migliorare potendosi svegliare da quel lungo sonno. Le sue abitudini e la quotidianità verranno stravolte da una nuova arrivata nelle stanze del reparto, (Dolores Fonzi), per la quale nascerà qualcosa cui lui non è abituato. Quel sentimento inarrestabile che lega i protagonisti, di cui parlavamo poco più sopra, che definisce un “Nonostante“. E cosa definisce Mastandrea in quanto regista? Una leggiadria e maestria che ci ha sorpresi alla visione di questa pellicola.
La sua è una regia intima, composta prevalentemente da primi piani che mai concedono respiro o privacy ai personaggi, ai loro pensieri, alle loro emozioni e ai sentimenti che imperversano nei loro occhi. La macchina da presa cerca di catturare ogni attimo della tormentata storia d’amore tra i due protagonisti, ma anche in ciò che il personaggio di Mastandrea svolge durante le sue giornate in giro per la città. Della voglia di mettersi in gioco, ma soprattutto del timore di lasciarsi pienamente andare all’ignoto. Dal punto di vista tecnico, Nonostante brilla grazie anche a un paio di virtuosismi in ambito di fotografia e di messa in scena particolarmente evocativi. La volontà di Mastandrea è quella di raccontare della fragilità di un uomo che, per evitare di aprirsi al mondo, teme eccessivamente ciò che lo attende all’infuori della sua quotidianità. Un modello di mascolinità diversa e più attuale che il film cerca di esplorare in tutte le sue sfaccettature, anche se non tutte riuscitissime.
Mastandrea il bell’addormentato
Ciò che salta all’occhio negativamente sono alcuni espedienti narrativi che sanno troppo di già visto e un Mastandrea attore che non convince appieno, in particolare per la parte che dovrebbe interpretare. Perché il problema vero e proprio risiede nell’aria cinica e disincantata che lo permea dalla testa ai piedi. In uno stereotipo che si è costruito nel corso degli anni, nelle opere altrui, e che non riesce a scrollarsi di dosso neanche quando, all’interno di questo film, dovrebbe far immedesimare lo spettatore. Il suo personaggio di per sé funziona e, almeno inizialmente, convince. Sa essere un uomo tormentato, rotto all’interno della sua routine, con uno sguardo perennemente triste. Finché non trova l’amore. Tuttavia anche a quel punto ogni suo monologo, ogni dichiarazione sofferta e “coinvolgente” non coinvolge, ma risulta più un abbaiare rancoroso di un uomo duro e cinico. Di interpretare l’uomo innamorato e appassionato, che dovrebbe farci brillare gli occhi, non gli riesce molto bene.
Inoltre per la durata piuttosto contenuta della storia (una gradevolissima ora e mezza) sono presenti troppe idee e troppe dinamiche che di per sé riescono a essere portate tutte a compimento senza lasciare nulla in sospeso, ma con un susseguirsi di eventi eccessivamente frettoloso. Anche la storia d’amore su cui si basa tutto il film porta con sé la medesima criticità. La chimica tra i due protagonisti prende il via troppo rapidamente, quasi come se non avessero avuto il tempo di sviluppare appieno il loro avvicinamento. La dichiarazione di lui alla sua lei viene fatta troppo presto, facendo sì che risulti straniante per lo spettatore. L’unica possibilità che diamo per una tale fretta risiede nella condizione cui versano i personaggi, sospesi tra la vita e la morte e inconsapevoli del loro futuro. Le loro esistenze potrebbero svilupparsi con tempistiche diverse rispetto alla normalità, ma non viene mai menzionata una simile possibilità ed è, in ogni caso, una giustificazione troppo comoda. Anche il commento del regista di cosa sia un “Nonostante“, ovvero due persone simili che si avvicinano facilmente, potrebbe spiegare un simile cortocircuito, ma non venendo mai esplicato durante la visione ci sentiamo di non poter chiudere un occhio, in questo caso.
Tuttavia, al di là delle sopracitate criticità, il film sa fare quello che deve effettivamente fare. Emozionare e dare allo spettatore qualcosa a cui pensare al termine della visione. La morale, infatti, vuole portare avanti l’idea di spezzare quella routine all’interno della quale si è intrappolati, lanciarsi verso l’ignoto e combattere le proprie paure per ciò che si ama. Per i propri amici a cui non si è mai detto quanto gli si voglia bene, al proprio amore cui si vuole dimostrare di esserci. In particolare per se stessi, per provare a diventare una persona del tutto nuova. Magari una persona migliore.
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La recensione in breve
Alla sua seconda regia, Valerio Mastandrea confeziona un film gradevole e leggero, ma nel quale tocca tematiche profonde con grande delicatezza quali il coma e il valore della vita. Al netto di una prova recitativa poco coinvolgente e alcuni espedienti narrativi stranianti, la pellicola regala degli ottimi virtuosismi in ambito di regia e qualcosa a cui pensare una volta lasciata la sala.
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Voto ScreenWorld