Zanzare incastonate nell’ambra come mele nell’Eden. L’ambizione che fa rima con disastro. Lo sappiamo da quasi trent’anni: l’uomo che gioca a fare Dio è il grande peccato al centro di Jurassic Park. Un peccato originale che è sempre tornato inesorabile e testardo. Ma che succede quando questo vizio tocca anche autori e registi? Che succede quando si prova sfruttare il mito di Jurassic Park tirando troppo la corda? Cercheremo di rispondere nella nostra recensione di Jurassic World – Il dominio, terzo e ultimo atto di una saga sequel che chiude i battenti con un film stanco, svuotato di vera avventura e salvato da qualche sussulto nostalgico.
Jurassic World – Il dominio
Genere: Azione, fantascienza, avventura
Durata: 146 minuti
Uscita: 2 giugno 2022 (Cinema)
Cast: Chris Pratt, Bryce Dallas Howard, Sam Neill, Laura Dern, Jeff Goldblum
Utopia distopica
Questa volta niente parchi divertimenti e niente isole sperdute. La partita di Jurassic World – Il dominio si gioca in ogni angolo del pianeta. Perché dopo la disfatta di Isla Nublar, i dinosauri si sono sparsi nel mondo convivendo con gli esseri umani. Pterodattili al fianco degli aerei nei cieli, triceratopi che si abbeverano al fianco dei rinoceronti, bambini che giocano con piccoli Compsognathus nei parchi. Sembra una specie di utopia, ma l’equilibrio non è destinato a durare. Perché i dinosauri padroni del pianeta lo sono stati e gli umani sono troppo viziati per non voler imporre la propria legge.
E così, grazie alla oscure macchinazioni di una multinazionale, ecco che il sottotitolo del film (il dominio) prende corpo in una storia corale come non mai. Corale perché Jurassic World 3 abbraccia due generazioni di personaggi. Quella dei protagonisti della saga sequel, quei Chris Pratt e Bryce Dallas Howard che proprio non riescono a lasciare il segno con i loro personaggi troppo piatti e quella della vecchia scuola. Perché la mitica triade Alan Grant, Ellie Sattler e Ian Malcom è stata rispolverata dal passato come un vecchio cimelio in uno scavo. E prova a rendersi ancora utile per la causa.
Avventura col fiatone
Un tentativo che fa quasi tenerezza, perché l’errore più imperdonabile di Jurassic World – Il dominio è quello di non dare grande respiro a questo grande ritorno, che appare stanco, forzato, senza qualcosa di bello da aggiungere alla storia. Colin Trevorrow non riesce proprio a dare spessore ai volti segnati di Sam Neil e Laura Dern (Jeff Goldblum, invece, con la sua storica ironia ne esce un po’ meglio), utilizzando Alan ed Ellie come trofei da esibire nella sua bacheca impolverata. Dall’altra parte, invece, Pratt e Howard vengono catapultati dentro una missione mai davvero trascinante, condita dall’immancabile morale ambientalista che sembra quasi un cartellino da timbrare.
Perché questo film perde le coordinate fondamentali dell’avventura (il mistero, l’ignoto, la scoperta) e condisce il tutto con scene action in cui un montaggio tutt’altro che indimenticabile e la messa in scena poco ispirata rovinano tutto. Al di là di un inseguimento in moto e di una scena in cui la tensione si fa davvero palpabile, Jurassic World – Il dominio procede col pilota automatico, con pochi guizzi e con una spiacevole sensazione continua addosso: il fiato sul collo.
Schiacciati dal passato
Di chi è questo respiro pesante onnipresente? Quello di un passato da rispettare e omaggiare. Jurassic World 3 ce la mette tutta a rievocare le icone della saga (dal logo alla colonna sonora), e si serve di battutine ammiccanti (più o meno riuscite) per cercare la complicità dei fan. Come se non bastasse, Trevorrow si fa anche schiacciare dall’ansia da prestazione. Quell’ansia che si intravede nel perenne confronto con il mito di Spielberg, il grande papà di questa mitologia giurassica ormai troppo annacquata. E così non solo cita di continuo il primo Jurassick Park, ma ci trasporta persino dentro atmosfere e dinamiche degne di Indiana Jones, con quell’adorabile faccia da schiaffi di Chris Pratt che si mette a rincorrere l’esempio di Indy senza raggiungerlo mai.
Insomma, il parco degli orrori (del divertimento) ha ormai chiuso i battenti 30 anni fa, e rimane uno scrigno di ricordi bellissimi. Ricordi che dovrebbero rimanere custoditi e non stropicciati così da Hollywood che pecca di presunzione, e continua imperterrita a rincorrere il passato senza sforzarsi di immaginare un futuro nuovo. Perché se è vero che sbagliare è umano, perseverare non è diabolico: è giurassico.
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La recensione in breve
Poco ispirato, stanco e oppresso dal passato, Jurassic World - Il dominio chiude la sua saga-sequel con un film davvero deludente e incapace di dare spessore al ritorno in scena di vecchie icone.
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Voto ScreenWorld