Nei primi articoli dedicati alla corsa agli Oscar 2023 vi abbiamo proposto uno sguardo alle categorie riservate agli interpreti protagonisti, con una rassegna dei potenziali candidati come miglior attore e come miglior attrice. Passiamo ora alle previsioni per l’Oscar 2023 come miglior regista, in assoluto fra le categorie più significative e interessanti degli Academy Award, anche in virtù delle tendenze piuttosto ‘raffinate’ dei componenti del directors branch (vale a dire i registi incaricati di stabilire la cinquina delle nomination). E al momento, questa categoria ci offre un’unica, granitica certezza: un’ennesima candidatura per Steven Spielberg, la numero nove che il cineasta americano si guadagnerebbe per l’Oscar alla regia (un premio già ottenuto da Spielberg in due occasioni, per Schindler’s List e Salvate il soldato Ryan).
I due grandi favoriti: Steven Spielberg e Martin McDonagh
A riportare Steven Spielberg in competizione agli Oscar, ad appena un anno dalla sua versione di West Side Story, sarà The Fabelmans, opera di ispirazione autobiografica accolta con fervido entusiasmo al Festival di Toronto e fra i titoli in primissima fila per l’Awards Season 2022/2023. Tra i cineasti più amati e influenti di ogni tempo, Spielberg continua a esercitare un fascino irresistibile tanto fra la critica quanto fra il pubblico, e The Fabelmans si preannuncia come uno di quei crowdpleaser in grado di registrare un consenso trasversale. Ma quali saranno gli altri quattro nomi che andranno ad affiancare il regista di E.T. l’extra-terrestre nella rosa dell’Academy?
Una probabile candidatura potrebbe beneficiare Martin McDonagh, autore dell’acclamato Gli spiriti dell’isola, dramma di ambientazione irlandese interpretato da Colin Farrell e Brendan Gleeson. Gli spiriti dell’isola ha segnato il ritorno di McDonagh dietro la macchina da presa dopo Tre manifesti a Ebbing, Missouri, film premiatissimo in tutto il mondo ma che, a sorpresa, agli Oscar aveva mancato proprio la nomination per la regia; a cinque anni di distanza, l’Academy deciderà di ‘risarcire’ Martin McDonagh o, al contrario, si limiterà a candidarlo in qualità di sceneggiatore e di produttore?
Dall’intimismo di Sarah Polley al kolossal sci-fi di James Cameron
Sempre in tema di “grandi ritorni”, sono trascorsi addirittura dieci anni dall’ultimo cimento dietro la macchina da presa (il documentario familiare Stories We Tell) della regista canadese Sarah Polley, nota soprattutto per la sua commovente opera d’esordio, Lontano da lei. Il nuovo film della Polley, Women Talking, è un adattamento del romanzo Donne che parlano di Miriam Toews: un doloroso racconto di emancipazione femminile che ai festival di fine estate ha suscitato notevole entusiasmo e si accinge a raccogliere un cospicuo numero di candidature nei mesi a venire.
Più incerta la competizione da qui in poi. Se infatti Spielberg, McDonagh e Polley sono tre candidati assai probabili, bisogna ricordare che l’Academy ha ricompensato spesso, in questa categoria, film dalle alte ambizioni produttive e particolarmente complessi dal punto di vista tecnico: un fattore che potrebbe favorire il colossale affresco hollywoodiano dipinto da Damien Chazelle in Babylon (ancora in attesa dei giudizi della critica), la nuova trasposizione di Niente di nuovo sul fronte occidentale a cura del regista tedesco Edward Berger o perfino l’attesissimo sequel Avatar – La via dell’acqua del veterano James Cameron.
Gli Oscar ‘d’autore’, da Ruben Ostlund a Darren Aronofsky
Rispetto alla fascinazione per l’imponenza dei mezzi, sul versante opposto c’è invece il lato più strettamente ‘cinefilo’ dell’Academy, volto a valorizzare il cinema d’autore e le produzioni indipendenti: un aspetto che, in questa categoria, è parso sempre più accentuato proprio nelle recenti edizioni degli Oscar. E a beneficiarne, da qui ai prossimi mesi, potrebbe essere ad esempio il regista svedese Ruben Ostlund per il suo primo film in lingua inglese, la commedia satirica Triangle of Sadness, premiata con la Palma d’Oro all’ultimo Festival di Cannes.
Accanto all’ipotesi Ostlund, infine, ci sono da considerare due registi statunitensi appena passati dal Festival di Venezia e le cui opere precedenti erano già state molto apprezzate dall’Academy. Ci riferiamo a Darren Aronofsky (The Wrestler, Il cigno nero) con The Whale, dramma in interni costruito attorno a un sensazionale Brendan Fraser, e a Todd Field (In the Bedroom, Little Children), che con lo splendido Tár ha regalato a Cate Blanchett un ruolo altrettanto memorabile. Oltre ai rispettivi protagonisti, l’Academy sceglierà di attribuire la nomination anche agli artefici di questi due film?