In qualche modo, l’abbandono di Justin Lin dalla regia di Fast & Furious 10 è una notizia che non può e non deve lasciare indifferenti. Anzi, se presa con le pinze e analizzata all’interno della grande industria cinematografica hollywoodiana, è uno di quei casi da cui partire per approfondire in modo dettagliato tutte le tappe che hanno contraddistinto l’evoluzione, il successo e l’insuccesso della saga, da piccolo film di genere per un pubblico adolescente, fino alla portata globale e mondiale di franchise capace di incassare più di un miliardo di dollari al box office all’uscita di ogni capitolo.
Successo e declino
Fast and Furious, 2 Fast 2 Furious, Fast and Furious: Tokyo Drift. Tre film diversi per un approccio narrativo ed estetico praticamente inedito in ogni occasione. Dopo il successo del primo film, la volontà di cavalcare l’onda da parte di Universal era assai giustificata, ma come capita spesso, i due sequel (Tokyo Drift è sia un sequel che uno spin-off) si dimostrano film assai dispersivi, forse fin troppo banali nelle storie che narrano, senza attori particolarmente carismatici. La canotta bianca di Vin Diesel era ovunque nel primo capitolo, per poi lasciare spazio ad altri attori nei sequel.
Inutile dire che lo smalto e il carisma di Vin Diesel agli inizi del 2000 era una qualità imprescindibile che ha aiutato il film ad essere quasi un cult di genere. Sembrava finita – artisticamente parlando – ma Justin Lin, regista che aveva diretto Tokyo Drift, aveva un’idea ben chiara di cosa far diventare Fast & Furious, un’idea precisa di franchise per il futuro, portando così le storie su un diverso piano di narrazione.
Il successo globale e la morte di Paul Walker
Fast & Furious – Solo Parti Originali è la nuova marcia ingranata da Lin, che torna alla regia e trasforma i film, da semplici diatribe tra uomini alpha da risolvere con corse clandestine, in veri e propri thriller, con una spruzzata di action, spionaggio e anche un po’ di heist movie: le automobili – con acrobazie al limite della fisica – vengono usate per sventare loschi piani di contrabbando, rapinare baroni della droga e catturare vari criminali, il tutto intensificando i rapporti tra i protagonisti e aumentando esponenzialmente il cast. Vengono infatti portati nel franchise nomi che al botteghino hanno sempre ripagato bene, come Dwayne “The Rock” Johnson, ed è bene tenerlo a mente perché ci torneremo presto su questo nome.
Il quarto, quinto e sesto capitolo sono un successo dopo l’altro. Finalmente il franchise riesce a spiccare il volo per confermarsi come qualcosa di assolutamente inedito nel panorama di questo genere di cinema, in particolare grazie al modo in cui Justin Lin, alla regia di ogni singolo film, riesce a dare forma a qualcosa di unico e nuovo. Poi, la tragedia che segna – paradossalmente – il successo più grande.
Justin Lin si dedica ad altri progetti e la regia del settimo capitolo viene affidata alle sapienti mani di James Wan. Durante una pausa dalle riprese, Paul Walker muore in un incidente stradale. Il fratello, la spalla destra di Vin Diesel, uno dei volti iconici del franchise ora non c’è più, senza che il film sia stato ancora portato a termine. Nonostante il dolore e il cordoglio, Vin Diesel e tutto il cast decidono di finire le riprese, James Wan compie un mezzo miracolo per riuscire a chiudere in modo esplosivo il film e confezionarlo anche come grande saluto a Paul.
Prima di questo capitolo, il concetto di Famiglia di Fast & Furious era circoscritto all’interno della storia narrata film dopo film, ma improvvisamente questo caldo abbraccio rompe lo schermo cinematografico per accogliere ogni fan attorno al dolore per la perdita di Paul Walker.
Fast & Furious 7 è un successo mondiale, incassando quasi 1,5 miliardi di dollari al box office, piazzando una hit musicale che ancora oggi suona malinconia nelle radio o playlist di tutti noi.
Primi problemi e il caso Vin Diesel
L’ultimo paragrafo di questa storia inizia con Fast & Furious 8 e finisce oggi, con l’abbandono di Justin Lin dalla regia del decimo capitolo.
L’ottavo capitolo vede alla regia F. Gary Gray. Il film incassa bene al box office, ma non incontra lo stesso entusiasmo da parte dei fan che cominciano a percepire che qualcosa sta nuovamente cambiando. Mentre Vin Diesel si innesta sempre più come produttore, ottenendo anche un notevole controllo creativo, poco dopo l’uscita del film Dwayne “The Rock” Johnson abbandona la nave, ponendo alla base della sua scelta i diversi problemi che ha avuto con Vin Diesel.
Con le cause ancora oscure, in molti hanno tirato in ballo diverse ipotesi e a oggi, vedendo la stessa decisione di Justin Lin di abbandonare il franchise, la versione di Johnson sembra trovare qualche conferma in più: Vin Diesel, dal settimo capitolo, sembra abbia cominciato a comportarsi come un piccola despota, con la Universal che asseconda ogni suo capriccio pur di tenere salda la baracca cinematografica, che ancora oggi è una piccola gallina dalle uova d’oro per la major.
Interessanti sono state le dichiarazioni del resto del cast, che hanno preso le difese di Diesel accusando Johnson di rovinare la Famiglia. Queste critiche in realtà, nascondevano la frustrazione del cast per lo slittamento del nono capitolo di Fast & Furious a favore dello spin-off Hobbs e Shaw, interpretato da Dwayne Johnson e Jason Statham.
Al netto di tutte queste situazioni, il nodo principale della questione sembra essere proprio Vin Diesel, attore che durante la sua carriera ha collezionato ottime interpretazioni, dimostrando anche un grande talento recitativo, ma si è poi dedicato a produzioni strettamente action e dal grande valore muscolare. Un talento che non ha più voluto coltivare e che sembra essersi trasformato per lui in una sorta di maledizione. Provate infatti a vedere la sua filmografia: tolti i progetti che lui stesso si autofinanzia (il terzo xXx, The Last Witch Hunter, Bloodshot, tutti e tre sonori flop al box office) Diesel non riesce ad ottenere nessun’altra parte. Ripensando alle parole di Johnson, è facile comprendere perché Vin Diesel tenga tanto al franchise di Fast & Furious, anche solo come ritorno economico, dato che si inserisce anche come produttore di ogni film.
Gli ultimi sviluppi e l’abbandono di Justin Lin
La storia recente è sotto gli occhi di tutti: il nono capitolo, slittato di un anno a causa della pandemia di Covid-19, ha registrato buoni numeri al box office, ma senza raggiungere il miliardo. Viene facile pensare che la stessa Universal si sia trovata a ridimensionare in qualche modo la produzione di questo decimo film che, stando ai primi report, sembra abbia un budget colossale, che potrebbe sfiorare i 300 milioni di dollari. A questi poi vanno aggiunti tutti i costi fuori dalla produzione, come per esempio il marketing.
Justin Lin, dunque, dopo aver ripreso il timone della regia con il nono capitolo abbandona definitivamente il franchise, accusando Vin Diesel di comportamenti poco professionali sul set, di battute che vengono modificate ogni giorno e dello stesso attore che benedice o scarta alcune decisioni narrative. A questo c’è da aggiungere pressione da parte di Universal che si trova tra le mani un blockbuster di proporzioni impressionanti, una vera bomba che, se esplosa nel verso sbagliato, potrebbe creare danni economici non indifferenti.
Justin Lin dunque se ne va per preservare la sua salute mentale, impossibilitato a lavorare in un ambiente di lavoro che sembra aver perso quel senso collettivo che lo contraddistingueva, per rivelarsi invece un piccolo manipolo di persone che si adoperano in pacche sulle spalle solo per chi è “della Famiglia”, lasciando da soli tutti gli altri.
Cosa resta della Famiglia?
Domanda lecita: il franchise è cambiato film dopo film, decade dopo decade, ma ora sembra che le crepe si siano fatte sempre più profonde e difficili da gestire. Come capita spesso in questi casi, i fan tendono a dividersi in squadre, in tifi da stadio per supportare un’idea o una dichiarazione, fidandosi ciecamente di chi pronuncia tali parole. In mezzo ci passano le persone, addetti ai lavori che tornano in quella Famiglia che credevano di aver costruito anni prima per poi vedersene tirare fuori, proprio perché non ci si riconosce più in quell’immagine o in quell’idea.
Che abbia perso smalto, naturalezza o senso unitario, sembra che con l’uscita di Justin Lin e le ultime – e ripetute – critiche mosse a Vin Diesel, la Famiglia di Fast & Furious sia solo un lontanissimo ricordo, forse un’idea che possiamo applicare per l’ultima volta proprio a Fast & Furious 7, vero film unitario e universale.
E forse era meglio prendere la stessa strada di Brian O’Connor e rimanere con quell’ultimo film come ricordo finale, così emotivamente forte, del franchise.