Sicilia, 1979. Palermo è sconvolta dagli attentati di mafia. Francesca Morvillo, sostituto procuratore al Malaspina (il tribunale dei minori di Palermo) viene chiamata per seguire un efferato caso di omicidio che coinvolge un suo ex-alunno, Dino, che uccide il padre davanti agli occhi della madre. In un ostile clima di omertà che vede la madre sacrificare il proprio figlio in nome dell’onore, Francesca rimane fedele ai suoi valori lottando contro un sistema giudiziario retrogrado che vorrebbe solo punire i minori invece di educarli, riabilitarli e offrire loro un futuro diverso da quello dei propri padri. Quando la carriera professionale di Francesca sembra sull’orlo di una crisi, il destino la sorprende, regalandole l’incontro più importante della sua vita, quello con Giovanni Falcone. Parte da qui Francesca e Giovanni, il nuovo film di Simona Izzo e Ricky Tognazzi che vedremo al cinema a partire dal 15 maggio con Adler Entertainment.
In occasione della sua uscita, l’attrice Ester Pantano, che di Francesca e Giovanni è il volto di copertina accanto a Primo Reggiani e che nel film ha prestato volto e corpo al magistrato Francesca Morvillo, si è raccontata ai microfoni di Screenworld. Un’occasione per parlare dell’importanza di un ruolo del genere, della mafia come fenomeno umano, ma anche del valore della memoria, del ricordo e della lettura.
Quanto è importante ricordare oggi la Strage di Capaci?

Le celebrazioni, purtroppo, lasciano sempre il tempo che trovano. Un po’ come la Festa delle Donne, qualcosa che viene celebrato soltanto in quel giorno e poi si dimentica, quando invece dovrebbe valere sempre. Dovrebbe essere un lascito, un promemoria che deve continuare. Oggi, infatti, vedo che ci sono tante insegnanti si occupano della memoria, non solo in quel giorno, ed è assolutamente fondamentale. È importante che ci sia il giorno d’amore, della celebrazione e della condivisione, ma è anche importante che non si esaurisca lì, che sia qualcosa che poi noi portiamo nella vita quotidiana. Ma soprattutto è importante dialogare. Nonni, genitori, insegnanti, che si parli di ciò che è successo negli anni che hanno poi portato alla Strage di Capaci. Ci dimentichiamo spesso che noi deriviamo da una tradizione orale: non dobbiamo smettere di raccontare. Raccontare ci permette di comunicare e di essere uniti, tutti insieme, verso uno scopo più grande.
Perché è un problema che va a affrontato quello della mafia. Bisognerebbe occuparsi dei più piccoli, degli avvoltoi, di tutte quelle persone che direttamente o indirettamente traggono un vantaggio verso i più deboli e dalle loro difficoltà. Il problema dell’Italia, e in generale del mondo, è la memoria corta: tendiamo a dimenticare facilmente. Come adesso, con la Palestina, che ha una grande eco immediata, grandissima, vorticosa, eppure riusciamo comunque a chiudere tutto, dimenticarlo e passare avanti pensando ad altro, perlopiù cose futili.
Come sei entrata nell’orbita di Francesca e Giovanni?

È tutto iniziato in modo lento diciamo, incerto, perché non era ancora chiaro attraverso quale chiave raccontare di questi due personaggi. Se utilizzare degli attori più giovani o magari più avanti con l’età. All’inizio c’era questo dubbio, ma sapevo fin dall’inizio che nel caso in cui si fosse scelto per una coppia di attori giovani, avrei interpretato Francesca Morvillo.
Con un po’ di coraggio, Simona (Izzo ndr) e Ricky (Tognazzi ndr) hanno infine deciso di raccontarli da giovani in Francesca e Giovanni, raccontandone il privato e l’amore tra il matrimonio con Giuseppe e l’incontro con Giovanni Falcone.
In uno dei momenti chiave del film si racconta dell’importanza dei libri nella vita. Qual è il tuo rapporto con la lettura?

Quello con la lettura è un rapporto fondamentale che ho scoperto più avanti nella vita. Non nel periodo scolastico, quindi, ma più avanti. Oltre il livello didattico e di informazioni c’è quello dell’immaginario, ciò che si sviluppa con la fantasia. Un bambino che legge è assolutamente diverso da un bambino che viene messo davanti a una televisione, perché non avrà margine di scelta o di poter ricreare qualcosa. Mentre davanti a un libro, durante la lettura, il bambino crea un proprio e autentico immaginario. Forse è anche per questo che, quando vediamo al cinema la trasposizione di un libro, vediamo bambini e adulti delusi: perché non corrisponde al nostro immaginario, all’immaginario che ci siamo creati leggendolo.
Per questo dico che i libri sono fondamentali nella nostra vita, perché ci permettono di uscire dalla realtà, dal tempo e dalla velocità, permettendoci di entrare in una dimensione che è solo nostra. Un isolamento che è anche meditazione e che permette ai pensieri di staccarsi dalle occupazioni quotidiane per entrare in un mondo tutto loro.