Colombia, mi Encanto.
La storia del 60° classico Disney comincia così, nel crocevia dell’America Latina. Dopo Saludos Amigos (1942), I tre caballeros (1944) e Le avventure dell’imperatore (2000), Jared Bush e Byron Howard riportano i Walt Disney Animation Studios in Sudamerica per realizzare un ritratto sgargiante della cultura colombiana. Comprendere questo territorio con le sue tradizioni non è stato affatto semplice: ci sono voluti ben cinque anni di studio e diversi viaggi del team creativo, che si è recato più volte in Colombia per scoprirla in prima persona. Con il sostegno di artisti esperti e nativi del posto, la Disney è però riuscita a ricreare questo melting pot di musica, balli e arte, attingendovi a piene mani. In Encanto vediamo le montagne con le palme di cera, la sua incredibile biodiversità, il sombrero vueltiao e gli zaini Wayúu, la panela, il caffè e molto altro ancora. Una mondo tutto da scoprire e che esploreremo in questo articolo insieme alla protagonista del film, Maribel Madrigal: ecco quindi la cultura colombiana raccontata dalla Disney in Encanto.
I murales
Sulle note di Lin-Manuel Miranda (che dopo Oceania torna a comporre musiche per la Disney), Maribel ci racconta la storia della famiglia Madrigal davanti un murales che li ritrae tutti insieme. Questa scelta non è stata affatto casuale, perché la Street Art è di casa in Colombia. Per le strade tutto è vivo e l’arte si respira nella quotidianità, praticata da tutti come forma di libera espressione, di cambiamento e speranza. Non è importante essere un artista affermato, in Colombia basta un po’ di creatività e chiunque può mostrare le sue capacità all’intera collettività.
In un certo senso è quello che decanta il film, no? La libertà di esprimere sé stessi. Ogni opera ha il suo significato, il suo stile e la sua firma, e sono davvero molti i giovani che stanno cambiando l’immagine di città come Medellín e Bogotá dove i graffiti sono una realtà presente in ogni quartiere grazie al sostegno del governo e dalla popolazione. Per questo motivo la Disney ha scelto i murales, non solo nelle animazioni, ma anche come strumento di marketing durante la campagna di promozione del film.
La casita Madrigal
I Madrigal sono una famiglia numerosa che vive sotto lo stesso tetto magico, generatosi automaticamente dall’incanto propagato dalla candela di abuela Alma. In realtà il progetto della casa non è nato dal nulla, ma gli animatori vi hanno lavorato davvero a lungo servendosi anche dell’aiuto di famosi architetti colombiani come Simón Vélez, famoso in tutto il mondo per i suoi lavori in bambù a Bogotá. Una volta compresa la tradizione architettonica colombiana e i materiali da preferire, il risultato è stata questa casita in stile coloniale spagnolo. I coloni erano infatti soliti utilizzare materiali locali come legno, adobe e pietra, per creare però stili che fossero familiari a qualsiasi europeo, con archi, tetti a terrazze, cortili interni e facciate imponenti. Se prestate attenzione noterete come questi siano tutti elementi presenti in casa Madrigal. Sul pavimento del chiostro interno, inoltre, potete trovare una decorazione pavimentale che strizza l’occhio a quella dell’Archivo General de la Nacion, progettato dal più famosi architetto colombiano: Rogelio Salmona, anche noto come il “maestro dei mattoni”.
La diversità
Una delle sfide più difficili per gli animatori sarà stata sicuramente quella di tradurre sullo schermo il multiculturalismo e la multietnicità che ci sono in Colombia, dove popoli diversi si incontrano trasformando il territorio che abitano. Sfida che, a giudicare dal risultato, la Disney ha vinto a mani basse. Ne sono emblema gli stessi Madrigal, una grande famiglia composta da persone con diverse sfumature della pelle e che vivono felicemente sotto lo stesso tetto. Ognuno ha il suo talento che li caratterizza e rende speciali, come Luisa che è dotata di una forza straordinaria (per questo la vediamo spesso praticare sollevamento pesi, disciplina che ha rappresentato il primo oro olimpionico per la Colombia), o la mamma Julieta che guarisce le ferite con il cibo, perché “in una buona arepa è il segreto della felicità”.
Se i membri della famiglia Madrigal rappresentano la multietnicità colombiana, le loro camere sono invece espressione della diversità paesaggistica e ripropongono le diverse caratteristiche del territorio. Nel film vediamo infatti la stanza di Antonio che si ispira alla foresta pluviale di Chocó, oppure quella di Isabela rappresenta la regione di Antioquia, famosa in tutto il mondo per la sua esportazione di fiori. Inoltre, anche “se non si dovrebbe parlare di Bruno“, come dicono nel film, vorrei farvi notare come la sua stanza sia invece rappresentativa delle aree più desertiche del Tatacoa.
L’arte indigena
Lo storico colombiano Álvaro Medina sosteneva con convinzione che, nel contesto latino americano, l’arte indigena è l’unica che ha qualcosa di originale. Tuttavia, per tutto il periodo coloniale venne disprezzata perché considerata opera di selvaggi e parte integrante di quelle pratiche sciamaniche che le popolazioni cristiane europee associavano al demoniaco. Fu così che venne svalutata ed eclissata dall’idea che lo “strano” fosse pericoloso, quando in realtà ciò che è diverso spesso è semplicemente frainteso. Guardate Bruno, il cui talento di vedere il futuro venne del tutto equivocato portando le persone a pensare che fosse lui a lanciare loro maledizioni.
Per lo stesso motivo in Colombia si rafforzò l’idea di arte intesa come abilità di fare le cose bene, importata dai conquistatori e colonizzatori spagnoli dove i mestieri di artigianato erano paragonabili in prestigio a quelli della pittura o scultura. Così anche i popoli colombiani implementarono queste forme d’arte più di altre, tanto che ancora oggi quasi un milione di persone in Colombia si guadagnano da vivere con l’artigianato. Ovviamente Encanto ce ne mostra diverse, gli animatori non potevano esimersi dalla loro rappresentazione a partire dall’arte della ceramica. Nella cucina della più amata della Colombia potrebbe capitare di vedere anche pentole, piatti o scodelle in argilla nera provenienti dal villaggio di La Chamba, famose in tutta la nazione e utilizzate nei ristoranti e nelle case per preparare e servire piatti tradizionali, come le arepas cucinate da Julieta. Le sue origini possono essere fatte risalire ad almeno 700 anni fa a vasi e brocche rinvenuti in siti archeologici precolombiani e ancora oggi vengono prodotti in modo tradizionale sulle rive del fiume Magdalena nella Colombia centrale, dove ogni pezzo è lavorato a mano utilizzando argille locali, brunito a mano e cotto in loco.
L’arte della tessitura
Le donne del gruppo etnico Wayúu affermano di aver appreso l’arte della tessitura direttamente da Waleker, il ragno. Nel film la vediamo ovunque, soprattutto negli abiti dei protagonisti, nella borsa della stessa Mirabel e in alcune decorazioni della casa. Inoltre, sulle teste dei bambini del villaggio che rincorrono la nostra protagonista curiosi di sapere quale fosse il suo talento magico, vediamo comparire il famoso sombrero vueltiao, tra i simboli più conosciuti e popolari della Colombia. Questo è il simbolo dell’artigianato locale per eccellenza, opera del gruppo etnico Zenú, che utilizza colori, disegni e tecniche di tessitura tradizionali che risalgono a più di mille anni fa e che rivediamo spesso anche tra gli altri abitanti del villaggio.
Il realismo magico
Uno dei movimenti stilistici che più ha segnato la regione latino-americana, in arte come in letteratura, è sicuramente il realismo magico: un tipo di rappresentazione in cui la magia è proporzionata al mondo, vi si adatta senza distorcerlo ma aggiungendo elementi o immagini solo per approfondire o enfatizzare ciò che sta accadendo nella realtà. Senza dubbio lo scrittore colombiano a rappresentare meglio questo movimento è Gabriel García Márquez, che con la sua narrazione della vita quotidiana fa leva sugli aspetti più insoliti o fantastici senza realmente alludere ad essi come elementi fuori dall’ordine comune. Il suo romanzo Cent’anni di solitudine ne è un chiaro esempio, con le sue farfalle gialle che circondano Mauricio Babilonia quasi come per magia. Anche Encanto potrebbe essere visto così: c’è la magia, ma non crea un mondo troppo lontano dal nostro e a cui è difficile credere. Senza bacchette o incantesimi, la Disney si limita ad enfatizzare alcuni aspetti e dinamiche che sono presenti in tutte le nostre vite, in tutte le nostre famiglie. Le farfalle gialle di García Márquez poi sono ovunque.
I fiori
Anche all’osservatore meno attento non sarà sfuggito che in Encanto i fiori sono presenti in tutto il film, complice anche il talento di Isabela che li sprigiona ad ogni suo passo. Non solo in casa Madrigal, nel film vediamo i balconi fioriti di Cartagena, la rigogliosa bugainvillea che abbonda nelle strade e nelle case colombiane, così come le maestose palme da cera che si trovano nella Valle di Cocora. Grazie alla sua posizione geografica privilegiata la Colombia ha infatti una vegetazione tanto rigogliosa da renderla la principale esportatrice di fiori nel mondo. Fiori che nella cultura Chibcha sono considerati l’incarnazione della bellezza e della felicità, per questo utilizzati in occasioni celebrative come nascite, matrimoni, funerali o, come nel caso di Encanto, nella cerimonia che avrebbe dato un talento magico ai membri della famiglia Madrigal. In questa occasione il film si riempie di fiori sembrando un grande giardino, una fiera dei fiori con tanto di silleteros che portano enormi composizioni floreali.
L’incanto della velita
La magia di casa Madrigal viene sprigionata, non a caso, dalla candela custodita da abuela Alma. Questa candela deriva da un’affascinante tradizione colombiana, il Dìa de las velitas, celebrato il 7 dicembre come una sorta di cerimonia di apertura del Natale. Una cerimonia molto sentita da tutti i colombiani, da quelli che vivono in patria ma anche da quelli all’estero, che a prescindere da dove si trovino o da cosa succeda nel mondo, il 7 dicembre si riuniscono per accendere le loro candele, simbolo del fuoco che illumina anche gli angoli più bui. Non solo della casa, ma anche del nostro essere. Proprio come dice Mirabel: «Anche nei momenti più bui arriva la luce, quando meno te lo aspetti». Un modo per i colombiani di sentirsi uniti come una grande famiglia, proprio come facciamo tutti noi, che ogni anno ci sbrighiamo a vedere l’ultimo film Disney uscito per parlarne con la nostra famiglia nerd.