Nelle sale è uscito da poco Challengers, il nuovo – e super atteso – film di Luca Guadagnino con protagonisti Zendaya (Tashi), Josh O’ Connor (Patrick) e Mike Faist (Art). All’interno di una cornice fatta di tennis, competizione, sudore, passione, corpi, campi e muscoli tesi, Guadagnino racconta più storie d’amore che si intrecciano e sfilacciano sotto la maschera di un triangolo amicale e amoroso. La sessualità è ancora una delle protagoniste indiscusse, filo rosso delle opere del regista, declinata in modi e tempi diversi, servita con sfumature variopinte. Ma questa volta, la passione per l’amore, per l’Altro, lascia il posto alla venerazione della vittoria.
Fare sesso senza sesso
![Josh O'Connor in Challengers](https://screenworld.it/wp-content/uploads/2024/04/challengers-josh-oconnor.webp)
Contrariamente alle molte e diffuse aspettative, in Challengers di sessualità – nel senso grezzo, pratico, reale, esplicito del termine – non ce n’è. Anzi, in quest’ottica, forse, il film è molto più pudico di molte altre opere precedenti (difficile a credersi). Le fantasie di vedere corpi contorcersi in una pratica a tre di un letto di albergo vengono inesorabilmente spazzate via, lasciando aperti desiderio e immaginazione. Challengers, infatti, si muove su un sottilissimo filo, teso come la rete del campo, capace di far sudare, scaldare, ma che non viene mai oltrepassato. È sempre in bilico in un ritmo serrato che permette allo spettatore di giocare a tu per tu con i protagonisti al ritmo di una colonna sonora irresistibile. Cresce l’eccitazione per i corpi, il tennis, il gioco, la sfida. Sì, perché l’effettivo focus dell’opera, l’elemento sessualmente adrenalinico, è proprio la competizione.
Guadagnino dà forma a tutti gli elementi chiave dell’erotismo. Prima alimenta il desiderio, che cresce e viene riempito e accentuato dalle fantasie che subentrano grazie alla partecipazione attiva dei nostri sensi. L’immagine si trasforma in qualcosa di intensamente vivo, possiamo toccare le tute aderenti e bagnate di sudore, possiamo sentire gli odori del match. Poi incentiva l’eccitazione attraverso una tensione perpetua della partita, dei corpi, della trama stessa. Infine, raggiunge un picco massimo e quasi orgasmico ad ogni pallina battuta. Tutto questo senza una scena di sesso.
La sessualità nel cinema di Guadagnino
![Chiamami col tuo Nome](https://screenworld.it/wp-content/uploads/2024/02/Chiamami-col-tuo-nome-Call-Me-by-Your-Name-di-Luca-Guadagnino-2017.jpg)
“Sex is back” scrive qualcuno riflettendo sulle nuove frontiere del cinema e Challengers. Ma Guadagnino in realtà si è sempre occupato di sessualità. L’evoluzione erotica del suo cinema parte da Melissa P., in cui i corpi sono immaturi, giovani, acerbi. La scoperta del sesso, del piacere e dell’illusione di un amore che presto fa entrare a contatto quel mondo adolescenziale con la delusione del reale. Il sesso in Melissa P. è una patina oscura che annebbia la ricerca d’identità di una ragazzina, nello smisurato bisogno di affetto e libertà. La meschinità degli amori vissuti da Melissa cambia rotta nella dimensione della Trilogia del desiderio (Io sono l’amore, A Bigger Splash, Chiamami col tuo nome). Qui il ritmo è lento, romantico, emotivo, affettuoso, dolce, candido, come con la tenerezza delle relazioni estive che prendono vita nei borghi caldi del nord Italia. Chiamami col tuo nome è quella fusionalità e connessione degna di “Ascolta come mi batte forte il tuo cuore”.
Talvolta, invece, la passione avanza oltre la spietatezza, con la ferocia dell’eros che rende liberi e uccide. L’amore che crea, distrugge, apre alla libertà, alla speranza. L’amore che commuove. Il sesso non è uno sfondo, è presente, ben vissuto e anche consumato. Il piacere libidico carnale si incontra con quello della natura e del cibo, diventando ancora un tutt’uno di sapori e profumi. Soddisfazione del cibo che tocca il suo punto massimo con Bones and All, dove l’amalgama di tutti questi elementi primitivi trova spazio nel gioco cannibalico di vita e morte di corpi che si fondono. Insomma, Guadagnino si occupa da sempre di sessualità e sensualità, piacere e fantasia. Tuttavia, con Challengers il registro cambia. Qui vige un certo cinismo sexy. Non vi è spazio per la speranza affettiva, ma solo la cruda e ferma convinzione di una merceficazione degli affetti legata alla vittoria della competizione. I legami hanno una funzione, la sessualità anche.
Questione di triangoli
![Challengers](https://screenworld.it/wp-content/uploads/2024/05/challengersssss.jpg)
Challengers genera più amori attraverso un triangolo che bluffa sulla possibilità di soddisfare la visione di una delle fantasie più ancestrali della storia. Il threesome contiene in sé e mobilita elementi di gioco, curiosità, voyeurismo, esibizionismo, fascino del proibito, controllo e dominazione. Da una parte quello legato all’amicizia fra i due ragazzi, stretti da una vita e dal tennis. Il loro rapporto nasconde fra le righe un’attrazione latente omoerotica, contrassegnata da linguaggi segreti, simbolici e privati. Un po’ come la lingua dell’eros, in cui esistono parole chiave per interrompere, trasmettere piacere e desiderio.
D’altronde, il personaggio interpretato da Zendaya non farà altro che ripetere di non voler essere una sfascia famiglie. Poi c’è l’amore di quest’ultima verso i due ragazzi, intrecciato all’interno di una relazione che sposta i propri binari ad ogni set, ad ogni momento vincente della partita. Infine, c’è il vero catalizzatore libidico, l’amore più autentico: quello verso il tennis, verso la vittoria, la coppa, la rivalsa, la possibilità di recuperare quanto perso. Tashi allora non è più innamorata dell’Altro – o degli Altri – ma ha come unico oggetto d’amore il tennis, che diventa il centro del suo desiderio, della sua eccitazione e del potere. Un aspetto a tratti considerabile parafilico, in quanto unico vero elemento libidico, ossessione eccitante esistenziale e relazionale.
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