Con Raw e Titane, Julia Ducournau aveva imposto uno sguardo radicale, fatto di carne e sangue. Cinema che pulsa, che si contorce, che non ha paura di disturbare. Con Alpha, in concorso a Cannes 2025, la regista francese firma un’opera che, almeno sulla carta, sembra voler cambiare passo: meno provocatorio, più intimo, perfino malinconico. Ma è proprio in questo tentativo di evoluzione che si avverte una crepa profonda, che nasce dalla scrittura e si propaga fino al cuore stesso del film.

Ambientato nella Le Havre dei primi anni ’80, Alpha ha per protagonista una ragazza di tredici anni – Mélissa Boros, intensa e ipnotica – che torna a casa dopo una festa con un tatuaggio fatto clandestinamente da un amico. Un gesto innocente, di ribellione adolescenziale, che però scatena il panico nella madre. Perché in città si diffonde una misteriosa epidemia, che ricorda da vicino l’AlDS e che si trasmette attraverso il sangue. Un contagio che non uccide, ma muta: trasforma lentamente il corpo umano in una sostanza bianca e dura, simile al marmo. ln un clima di paura e sospetto, quel segno sulla pelle diventa una minaccia, un possibile innesco. E la paura del corpo – del proprio, di quello degli altri – si fa racconto.

Alpha
Genere: Drammatico
Durata: 128 minuti
Uscita: tba (Cinema)
Regia: Julia Ducournau
Cast: Tahar Rahim, Golshifteh Farahani, Mélissa Boros, Emma Mackey

Coerenze estetiche

Una scena di Alpha - ©Neon
Una scena di Alpha – ©Neon

Ducournau torna a interrogare il corpo, la mutazione, lo stigma. Lo fa attraverso immagini dense, costruite con rigore formale e uno sguardo che resta personale, riconoscibile. L’epidemia che trasforma le persone in marmo è una potente metafora: dell’isolamento, del giudizio sociale, della paura dell’altro. Un virus che richiama, con forza e intelligenza, gli anni in cui il panico per l’HlV creava barriere invisibili tra i corpi.

La regista lavora per sottrazione, evitando quasi sempre l’effetto shock per prediligere un tono più riflessivo e sognante. È un cambio di registro rispetto alla brutalità esplicita di Titane, ma non meno inquietante. E in questa coerenza tematica – il corpo come campo di battaglia, la trasformazione come metafora dell’identità – Alpha si inserisce perfettamente nella traiettoria autoriale di Ducournau.

Una scrittura disomogenea

L'immagine promozionale di Alpha - ©Neon
L’immagine promozionale di Alpha – ©Neon

È però nella struttura narrativa che il film rivela le sue fragilità. La scrittura – pur ricca di suggestioni – risulta poco solida, spesso ellittica ma in modo apparentemente arbitrario. ln un primo momento, tutto sembra ruotare attorno alla tredicenne interpretata da Mélissa Boros, che porta sullo schermo un’adolescenza inquieta e vulnerabile. Ma ben presto il film sposta il suo baricentro.

Il vero peso emotivo del racconto si sposta infatti sulla madre, interpretata da una straordinaria Golshifteh Farahani, e sul fratello di lei – lo zio della ragazza interpretato da Tahar Rahim. Due figure adulte schiacciate da traumi sommersi, da legami familiari irrisolti, da una paura che ha radici profonde. Questo spostamento di prospettiva, se da un lato arricchisce il film di livelli emotivi complessi, dall’altro ne compromette la coerenza. Il punto di vista si frammenta, si disperde, e lo spettatore fatica a trovare un centro a cui aggrapparsi.

La narrazione alterna momenti di grande intensità a passaggi più opachi, lasciando spesso la sensazione di una scrittura non del tutto rifinita. I personaggi sono ricchi di potenzialità, ma non sempre sviluppati in modo convincente. E così, mentre la forma resta affascinante, il contenuto tende a sfilacciarsi, perdendo di forza.

Fascino irrisolto

Mélissa Boros e Tahar Rahim in una scena di Alpha
Mélissa Boros e Tahar Rahim in una scena di Alpha – ©Neon

Alpha è un’opera che conferma l’originalità dello sguardo di Julia Ducournau, capace come pochi altri di esplorare il corpo e le sue trasformazioni con uno stile visivo che lascia il segno. L’inizio del film è folgorante: la regista costruisce un’atmosfera densa, viscerale, in cui la tensione è costante e ogni dettaglio sembra vibrare di significati nascosti. La prima metà tiene lo spettatore inchiodato alla poltrona, avvolto da un senso di inquietudine che pulsa sotto pelle.

Ma è proprio quando la narrazione dovrebbe comporsi in un disegno più chiaro che Alpha inciampa. La seconda parte, anziché amplificare la potenza dell’impianto visivo e tematico, si disperde in sottotrame abbandonate, in cambi di prospettiva stranianti, in una scrittura che accumula suggestioni senza scioglierle. Il risultato è un film affascinante, ma irrisolto: capace di folgorare con le immagini, ma meno con il racconto. E alla fine, quelle che dovevano essere ambiguità stimolanti si trasformano in domande sospese, che rischiano di compromettere la forza complessiva dell’opera.

Conclusioni

6.5 Scostante

Con Alpha, Julia Ducournau firma un'opera visivamente potente e tematicamente coerente con la sua poetica, ma narrativamente discontinua. Un film che inizia con grande intensità, per poi perdersi in una scrittura frammentata e poco coesa. Affascinante, ma irrisolto.

Pro
  1. Regia personale e visivamente ricca
  2. Temi forti l, trattati con sensibilità
  3. Atmosfera densa e ipnotica
Contro
  1. Scrittura disomogenea, narrazione che perde forza e coerenza col procedere
  2. Finale che lascia troppi interrogativi aperti
  • Voto ScreenWorld 6.5
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Nato a Napoli nel 1977, è Editore e co-fondatore di Digital Dreams Srl, il network di cui fa parte anche ScreenWorld.it. Negli ultimi 20 anni ha fondato e diretto successi editoriali legati alla settima arte quali CastleRock, CinemaZone e Movieplayer e nuovi progetti come CinemaSerieTV.it. Sempre su argomento film e serie TV ha scritto migliaia di articoli, pubblicato quattro libri, è stato ospite di eventi internazionali, programmi radiofonici e direttore di festival in streaming.