Lontano dall’essere il picchiaduro tecnico per eccellenza, Dragon Ball Z Budokai Tenkaichi è stato un piccolo franchise di videogiochi che tra, il 2005 e il 2007, riuscì a monopolizzare l’attenzione di tutti gli appassionati dell’immensa opera di Akira Toriyama, tanto da diventare specialmente con il terzo capitolo, una piccola Bibbia videoludica su cui tutti, almeno una volta, hanno messo occhi e mano sul pad.
Ma perché in molti sono così legati a questa serie di videogiochi? Proviamo a svelare i segreti di questo franchise divenuto iconico, proprio ora che è uscito il nuovo capitolo, Dragon Ball Sparking! Zero.
Budokai Tenkaichi o Sparking Zero?
In molti, all’annuncio di un nuovo capitolo di Budokai Tenkaichi a distanza di diciassette anni dall’ultimo, non nascosero qualche perplessità circa l’utilizzo del nome: era un riavvio del franchise di Budokai Tenkaichi oppure era qualcosa di diverso? Nulla di tutto ciò.
Quelli che da noi arrivarono come Dragon Ball Budokai Tenkaichi, altro non era che un adattamento europeo del nome originale del gioco, che si titolava come Dragon Ball Sparking! a cui fecero seguito poi i due sequel, rispettivamente Sparking! Neo e Sparking! Meteor. All’epoca soltanto i più curiosi vennero a conoscenza del titolo orientale del gioco, scoprendo così il piccolo arcano. Con questo nuovo capitolo si è deciso di adottare il nome Sparking! in tutto il globo.
Una scelta non dissimile da quando nel 2017 Capcom, per lanciare il nuovo nuovo e rivoluzionario Resident Evil, decise di utilizzare entrambe le titolazioni usate sino a quel momento, ovvero Biohazard per il mercato orientale e Resident Evil in tutto il resto del mondo, fondendoli in un Resident Evil 7: Biohazard per un lancio mondiale, un segnale molto forte che univa in modo simbolico gli appassionati del franchise senza alcuna barriera geografica.
Bandai Namco sembra aver ripreso queste orme, riconoscere come Dragon Ball sia un diritto inalienabile di qualunque appassionato lì fuori, decidendo di accoglierli in un unico grande abbraccio, così da restituire al meglio la sensazione di eredità che il franchise ha lasciato in tutto il globo.
Tutti, ma proprio tutti
Arrivato alla sua terza iterazione, Budokai Tenkaichi riuscì nell’impresa di portare nel suo roster circa 160 combattenti, tutti presi dai corsi più importanti del franchise di Dragon Ball. Dalla prima serie, fino a tutto l’arco narrativo di Z, toccando anche GT, i personaggi dei film, passando addirittura per la piccola Arale, Tamburello o anche Re Vegeta.
Alcune scelte folli che non nascondevano affatto la voglia di creare una selezione di combattenti tra le più complesse e complete, ma converrete da soli che una sfida tra Tamburello e Freezer è un po’ come dare vita a quegli scontri impossibili che da bambini realizzavamo con i giocattoli tra le mani, e al netto di ciò, era divertente. Inutile, ma divertente.
I pomeriggi e le serate davanti Budokai Tenkaichi si riempivano completando le campagne divise per archi narrativi, aggiungendo qualche torneo in solo o con gli amici e spulciando tra i tanti lottatori quelli che si adeguavano al nostro stile di combattimento. In questo verso, Budokai Tenkaichi era un gioco privo di approcci tecnici e professionali: potevamo prodigarci anche nel più classico degli smashing buttons, sicuramente qualche colpo lo avremo messo a segno e tutta la mappa sarebbe esplosa. Bastava questo, bastava divertirsi.
It’s Over 9000!
Una delle caratteristiche fondamentali del divertimento in Budokai Tenkaichi era la totale assenza di coerenza, limite e bilanciamento tra i personaggi proposti. Se allenato ed equipaggiato a dovere, chiunque tra i combattenti meno forti poteva tenere testa ai nemici più pericolosi.
Divertirsi con gli amici a far combattere Yamcha con Kid Bu o Videl contro Super Baby era uno dei tasselli fondamentali della riuscita del titolo. Lo stesso approccio al gioco era facile e accessibile: niente tecnicismi inutili o ricerca di combo precise da concatenare, tutto il divertimento si avviluppava attorno la pressione del solito tasto per prodigarsi in arti da combattimento personalizzate a seconda del personaggio, con piccole varianti date dalla pressione della levetta analogica nel punto in cui indirizzare quel colpo fisico o l’altro energetico.
Proprio quest’ultimi attacchi brillavano a tutto tondo sul nostro schermo: Kamehameha, Final Flash, Masenko, Big Bang Attack o la Sfera Genkidama, questi e altri attacchi energetici riducevano l’arena di scontro in brandelli, con il cono di energia di ogni attacco che aumentava a seconda del livello di potenza del nostro personaggio.
Insomma, una Kamehameha generata e lanciata da Goku bambino non era paragonabile alla devastazione dello stesso attacco nato dalle mani di Goku Super Saiyan 3. Insomma, più grande era il potere, maggiore era il potenziale distruttivo che faceva vibrare il controller all’impazzata.
Come si comporta Sparking Zero?
Questo nuovo capitolo del franchise torna a reclamare l’attenzione di tutti gli appassionati dopo il passaggio di Dragon Ball Super. Il roster è sempre più grande, più di 180 personaggi e la promessa di aggiornare il parco combattenti con DLC futuri.
Abbiamo trovato particolare la scelta di rimodellare la classica modalità storia, affrontando alcuni episodi degli archi narrativi più famosi, vissuti però da alcuni personaggi specifici. Per fare un esempio, il corso degli eventi di Goku sarà, inevitabilmente, quello più ricco, ma se sceglieremo Vegeta, molti eventi legati al suo personaggio verranno saltati a favore di altri.
A questi si aggiungono i già testati episodi What If: cosa sarebbe successo se Goku non si fosse sacrificato per sconfiggere Radish? E se lo stesso si sarebbe trasformato prima in Super Saiyan, come si sarebbe svolto lo scontro con Freezer? Declinazione narrative interessanti, arricchite anche da snodi di trama mai troppo banali, ma inutile indugiare oltre, il pubblico vuole caricamenti di aura, mazzate e colpi energetici a volontà.
L’approccio nelle fase di azione e combattimento è una goduria senza limiti. Dal controller si trascina tutta la potenza dei colpi inferti, mentre le onde energetiche mettono a dura prova la pressione dei tasti con i polpastrelli. Anche questa volta il comparto tecnico è lontano dalla qualità di altri picchiaduro sul mercato, ma Sparking Zero non maschera mai la sua natura.
Lui non vuole competere con altri titoli, vive in quello spazio etereo sospeso tra la frenesia e la devozione verso il franchise di riferimento. Attinge proprio dal suo retaggio per regalare ad ogni appassionato il videogioco di Dragon Ball non definitivo, ma necessario per chi cerca esagerazione, adrenalina e sano divertimento.