Lo si può prendere come l’ennesimo fenomeno targato Netflix, spinto da una campagna marketing estrema, oppure la si può prendere come la più rischiosa scommessa dell’intera stagione televisiva. Il Problema dei 3 corpi non può essere semplicemente una serie come le altre: lo dice la sua natura, respingente nelle sue forme più pure e impattante nella sua fantascienza estrema; lo dice il materiale da cui è tratta, l’iconica trilogia letteraria di Cixin Liu. Lo dice soprattutto il duo di showrunner a cura dell’intero progetto: David Benihoff e D.B. Weiss, quegli stessi D&D che hanno fatto la storia della tv (nel bene e nel male) trasformando l’epopea fanta-politica di George R.R. Martin in Game of Thrones.
Dopo quanto accaduto con il discusso finale della serie HBO, tanto epico nella messa in scena quanto forzato e lacunoso nel suo sviluppo, i due autori erano completamente spariti dai radar – rei di aver “rovinato” la serie più di culto dello scorso decennio per gettarsi tra le braccia della Disney e di un progetto a tema Star Wars poi sfumato tra le polemiche. In un clima così caldo, il fatto che D&D fossero comunque i più richiesti sul mercato era passato quasi in secondo piano: da qui l’offerta faraonica di Netflix e un silenzio durato fino all’annuncio di questo ambiziosissimo adattamento.
La trilogia di Liu, Rememberance of Earth’s Past, rappresenta l’apice della fantascienza orientale (e non solo). Una tipologia di contenuto talmente contorta da esser definita praticamente inadattabile. Nulla di troppo preoccupante per chi, come Benihoff e Weiss, ha costruito i propri successi approcciandosi senza timore a colossi all’apparenza inavvicinabili. A differenza di Game of Thrones, però, gli elementi di quest’opera sono talmente intrecciati che limitarsi a etichettare l’operazione come un successo o un fallimento sarebbe un grave errore.
Genere: Fantascienza
Durata: 8 episodi da 60 minuti c/a
Uscita: 21 marzo 2024 (Netflix)
Cast: Saamer Usmani, Marlo Kelly, Jess Hong
Da un “problema” intrinseco a un “problema” culturale
Insieme ad Alexander Woo, il duo si è gettato nel baratro della fantascienza più ostica senza preoccuparsi di modellare il materiale a proprio piacimento per renderlo più adatto alla piattaforma – e quindi più digeribile per un’ampia fetta di potenziali spettatori. Un grosso fattore di vantaggio, considerando che stavolta (a differenza dell’eterno incompiuto Martin) il materiale a disposizione degli showrunner è un ciclo narrativo completo, colmo di temi estremamente articolati e arricchito da un contesto unico nel suo genere. Ma un’opera come Il Problema dei 3 corpi porta con sé un “problema” reale e intrinseco, derivante da una struttura e da uno sviluppo completamente inusuali.
Per permettere a uno show così deviante e rigido di uscire dalla nicchia e raggiungere le grandi hit di Netflix, la quasi totalità del contesto e delle idee originali sono state compresse e semplificate. L’approccio di Benihoff e Weiss si è quindi limitato ad accennare vaghi riferimenti per favorire la viralità del contenuto e concentrarsi su alcuni aspetti chiave, ma ha anche evidenziato il costante conflitto con un’eredità quanto mai ingombrante. La serie Netflix ha creato un vero e proprio caso tra Cina e USA, due paesi divergenti anche nell’approccio creativo: da una parte, la prospettiva orientale punta a preservare fedelmente il materiale originale con una serie uscita pochi mesi addietro; dall’altra, quella occidentale è pronta a sconvolgere il mondo con una produzione che assorbe l’opera di Liu e la sintetizza in uno spettacolo per le masse.
Filosofie diverse a confronto (specie in termini produttivi), ma entrambe in linea con i propri obiettivi.
Il peso dell’autorialità
Per quanto l’attuale nomea di D&D sia quella di “autori soggiogati dall’ambizione delle grandi opere”, non bisogna dimenticare che si tratta dei migliori adattatori televisivi in circolazione. Anche nel caso de Il Problema dei 3 corpi, Benihoff e Weiss sono riusciti a trovare la giusta chiave di lettura per rendere la fantascienza più hardcore fruibile al grande pubblico. Si tratta già di un grande successo, ma occorre analizzare anche l’altro lato della medaglia – e il prezzo creativo pagato per raggiungere un tale scopo. In termini strutturali, l’elemento più curioso dell’opera di Liu è strettamente legato al suo vissuto: l’autore è un ingegnere estremamente metodico, figlio di una determinata cultura e per questo quasi più interessato a costruire un universo di cui si percepisse il moto perpetuo, piuttosto che una dimensione realmente drammatica dei suoi protagonisti.
Questo approccio alla narrazione mira a costruire un’epica fantascientifica altamente complessa, pregna di significato e mai avida di accuse al mondo reale. Uno spirito che anche la serie Netflix ha tentato di preservare, aprendo la storia con l’esecuzione di uno scienziato durante la Rivoluzione Culturale cinese e sviluppando la narrazione tra le scoperte rivoluzionarie di una scienziata dissidente e un presente in cui strani fenomeni stanno scatenando il caos nella comunità scientifica. Evitando qualsiasi tipo di spoiler, è necessario menzionare che il mistero della serie riguardi una forza ben più grande che si sta muovendo nell’ombra e che la soluzione dell’enigma potrebbe essere legata a un curioso videogioco in realtà virtuale.
Dalla Cina di ieri e oggi immaginata da Liu si passa quasi interamente a Londra, lasciando spazio a una folta schiera di personaggi riorganizzati (o stravolti) per il contesto dello show. Forse questi ultimi rappresentano l’elemento più debole dell’adattamento Netflix, che per il resto fa quel che può per preservare lo spirito dell’opera originale.
All’origine del “problema”
Complice la natura introduttiva della prima stagione, il difficile lavoro di “umanizzazione” di cui necessitano i personaggi di Liu o semplicemente una lacunosità di fondo che vorrebbe spostare l’attenzione altrove, gli showrunner hanno tentato uno sviluppo corale dei protagonisti che non risulta mai realmente appagante. Questo perché Il Problema dei 3 corpi non può esimersi dal concentrarsi sul “problema”, su ciò che occorre fare per comprenderlo e (forse) per arginarlo. Ma soprattutto non può limitarsi al singolo e deve guardare all’insieme nella maniera più coesa possibile (cosa che a D&D riesce soltanto in parte). Alla base del discorso iniziato da Liu c’è un’idea estremamente interessante della dimensione umana, che parte dal significato di minaccia collettiva per raggiungere analisi sociologiche profonde.
Uno degli aspetti più complessi de Il Problema dei 3 corpi è legato al fatto che la minaccia non ha contorni ben definiti, e questo provoca negli uomini le reazioni più disparate: alcuni si prodigano per trovare una soluzione e scongiurare la catastrofe, altri cominciano a chiedersi se l’umanità si meriti davvero di essere salvata. Netflix punta forte sull’ombra del pericolo, accennando a quesiti universali che riverberano in questioni ben più concrete (il cambiamento climatico è la più evidente, ma non di certo l’unica).
Quanto è difficile che il prossimo faccia effettivamente qualcosa per salvare un mondo che non vedrà mai, discendenti sconosciuti o potenziali, sistemi già compromessi o destinati a corrompersi?
Benihoff e Weiss, nel loro unico slancio puramente autoriale, puntano i riflettori sulla natura collettiva del “problema” e sulla necessità che tutti facciano la loro parte. Un contrappeso parziale al rigore di Liu, convinto che ci vogliano cuori gelidi per portare avanti il destino di un universo freddo e indifferente – e che ragionare con coscienza potrebbe rivelarsi estremamente egoista. La serie Netflix tira il freno (forse anche troppo) sulle digressioni più oscure e punta invece ad allontanarsi dal determinismo attraverso il potere della scelta e dell’individuo di fronte alle avversità.
La più alta (fanta)scienza sociale
Come nel caso delle più grandi opere, Il Problema dei 3 corpi riesce a brillare a prescindere dalla sua forma. Che sia per la sua maestosità televisiva o per la sua profondità letteraria, quest’opera incarna ciò che la fantascienza, quella più pura, è sempre stata: uno squarcio sull’umanità che utilizza elementi all’apparenza lontani, ma sempre vicini, per spingere a riflettere su cosa significhi esistere nell’universo. Un approccio che assume ampio valore sociale, filosofico persino, ma che cerca di tenersi ancorato saldamente alla realtà. La sensazione è che, nel trattare la più alta fantascienza sociale, gli showrunner abbiano preferito lasciare che fosse la spettacolarità a emergere, fomentando il pubblico delle piattaforme nel tentativo di stimolarlo a ragionare su questioni complesse senza sforzarsi troppo. Un peccato, da una parte, ma forse l’unico modo per cercare l’equilibrio di fronte a un lavoro di questa mole.
Le lacune dello show, specie nella resa del finale e nello spessore dei personaggi, non permettono di avvicinarlo a cult come Lost (a cui è stato erroneamente paragonato), ma Benihoff e Weiss possono dirsi soddisfatti dell’impresa: tra chi premierà il loro coraggio e chi lascerà prevalere il rammarico, D&D sanno fin troppo bene che ogni parola fuori posto potrebbe renderli degli eroi o condannarli come tiranni. In un mondo astratto come quello di Liu, così etereo da non risparmiare nessuno, forse non curarsene troppo è l’unico modo per avvicinarvisi. Per questo la scelta dell’accessibilità non risulta soltanto azzeccata, ma quanto mai necessaria.
Il Problema dei 3 corpi può quindi trovare spazio come versione parallela di un prodotto estremamente complesso e immaginifico: una serie che si pone su una dimensione sì semplificata, ma anche incalzante e mai davvero superficiale. Al netto dei suoi difetti, aver dimostrato al grande pubblico che nulla è davvero “inadattabile” è già una conquista.
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La recensione in breve
L'ambiziosissimo adattamento della trilogia di Cixin Liu risulta estremamente compresso e poco approfondito rispetto all'enormità dell'opera originale, ma Il Problema dei 3 corpi riesce a trasporre idee e concetti in maniera scaltra, seppur semplificata. Forse l'unico modo per rendere fruibile alla massa una fantascienza a detta di molti inavvicinabile.