Due ragazze si incontrano per caso e tra loro nasce più di una semplice amicizia. Si interrogano su quale sia il loro destino, se esistono paradiso ed inferno. In un anno cruciale come il 1999 e la paura del celebre Millenium Bug che avrebbe potuto (ma non lo ha fatto) mandare in tilt i computer di tutto il mondo, la giovane coppia composta da Joo-young (Park Soo-yeon) e Ye-ji (Lee You-Mi) si ritrovano ad affrontare la loro solitudine in un intenso percorso emotivo, sullo sfondo di una Corea in ricostruzione e pervasa da un sistema rigido e fortemente patriarcale. Presentato nella sezione Indipendent Korea al Florence Korea Film Fest 2024, No Heaven, but Love è il secondo lungometraggio della regista Han Jay che verrà descritto in questa recensione.
Genere: Drammatico, Commedia
Durata: 113 minuti
Uscita: 26 marzo 2024 (Cinema)
Cast: Sin Ki-Whan, Kim Hyun Mok, Park Soo-yeon, Lee You-Mi
Trama: C’era una volta nella Corea del 1999
La trama di No Heaven, but Love segue le vicende dell’adolescente Kim Joo-young, costretta a ritirarsi dal taekwondo non appena il sadico allenatore non le aizza contro le sue compagne di squadra, le quali subiscono pesanti punizioni corporali a causa di alcune circostanze. Durante un’aggressione di queste, Joo-young viene salvata dalla misteriosa Ye-ji, una ragazza del riformatorio. Dopo qualche giorno, Joo-young si ritroverà la sua salvatrice a casa sua per un programma di affido in cui è coinvolta la madre. A partire da qui inizierà una storia d’amicizia intensa, in cui non ci sarà spazio solo per l’amore, quanto delle difficoltà che le due adolescenti devono affrontare in una società che le osteggia, sullo sfondo di una probabile fine del mondo causata dal Millenium Bug di fine millenio.
Una Corea nel buio…
Come si vede nei primi minuti, Joo-young pratica il taekwondo e viene punita per non aver raggiunto il peso ideale nella categoria in cui vuole gareggiare. Le sue compagne risentono molto della sua condotta, venendo punite con un bastone dal proprio insegnante. Questo non è che uno dei tanti elementi messi in mostra da Han Jay per rappresentare una Corea del Sud legata ad un sistema educativo di vecchio stampo. Una mentalità patriarcale, in cui la parola di un uomo vale più di quella donna e le relazioni LGBTQI+ non sono viste di buon occhio. Soprattutto negli adulti è insito questa visione della società, anche nelle donne, mentre i personaggi più giovani vivono nella costante sfiducia e paura.
…ma con una nuova speranza
Di fronte a figure maschili infantili – come il loro amico – o psicopatiche, le due ragazze dovranno cercare di affrontare un mondo dove integrarsi è difficile, con l’unica soluzione di unire le forze per sconfiggere un sistema dove la violenza è strumento per ottenere i propri obiettivi. Circostanza che sembra non abbia un briciolo di speranza, ma nel momento in cui scopre che una loro amica è vittima delle molestie del suo maestro di taekwondo, ecco che la pellicola di Han-Jay riesce ad ispirare resistenza, lasciando un ottimo spiraglio nelle nuove generazioni coreane. Si vede come queste liceali lottano per dare spazio alla propria voce e per denunciare, almeno in piccola parte, un sistema che troppo spesso le ha ignorate. Nonostante il deplorevole passato, il passaggio al nuovo millennio, come suggerisce il finale, dona una speranza per il futuro.
E voi cosa ne pensate di questo? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo la recensione insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!
La recensione in breve
No Heaven, but Love si configura come un lungometraggio dalle tinte queer che guarda alla Corea del Sud fine millenio con occhio critico, raccontando un'intensa storia d'amicizia che sfocia nello scontro contro il sistema. Commuove, raccontando un pezzo di storia coreana non molto lontana.
-
Voto Screenworld