Il protagonista di Perfect Days è Hirayama (Koji Yakusho), un sessantenne giapponese che pulisce i bagni pubblici della città. La sua vita si alterna fra il lavoro, che svolge con estrema precisione, e i vari hobby che coltiva nel tempo libero che riesce a ritagliarsi. Hirayama ama leggere William Faulkner e Patricia Highsmith, ascoltare gli Animals, Lou Reed, Patti Smith e Nina Simone su audiocassette che conserva con dedizione, curare le piante, frequentare il locale vicino casa. Presentato in concorso durante la 76° edizione del Festival di Cannes, Perfect Days segna il ritorno al successo nei film di finzione di Wim Wenders dopo un lungo periodo in cui la sua vena artistica è sembrata più volte fiacca o prosciugata.
Cambiando radicalmente scenario, dall’Occidente al Giappone, tornando nei luoghi in cui il regista tedesco aveva girato il documentario Tokyo-ga, Wim Wenders fa propria quella lezione espressa nel film del 1985 di “filmare come apriamo gli occhi, senza voler provare nulla, solo guardare” che riteneva uno dei maggiori lasciti del cinema di Yasujiro Ozu, a cui il film era dedicato. Il risultato è un’opera affascinante, in grado di trasportare lo spettatore all’interno di una quotidianità sacra di un personaggio alieno alla contemporaneità, ma non per questo alienato.
Perfect Days
Genere: Drammatico
Durata: 123 minuti
Uscita: 4 gennaio 2024 (Cinema)
Cast: Kōji Yakusho, Tokio Emoto
Un film ordinariamente straordinario
Sullo sfondo di una Tokyo meno “al neon” delle consuete rappresentazioni occidentali, Wim Wenders offre allo spettatore lo spaccato del presente di un personaggio, Hirayama, che nella sua umiltà si distingue dal mondo che lo circonda. Ci fa entrare a contatto con la sua routine, che si sussegue ripetitivamente per tutto il film, calandoci nel suo universo percettivo, fatto di poche parole, di gesti che si ripetono di giorno in giorno, magari con lievi variazioni, di partite a tris con ignoti avventori dei bagni pubblici, di giri in bicicletta. Un universo piccolo, ristretto, ieraticamente ordinario ma proprio per questo straordinario.
L’osservazione dell’esistenza di Hirayama compiuta in Perfect Days ha la genuinità di uno sguardo che si dischiude per la prima volta sul mondo. Privo di sovrastrutture e puro, quello di Wim Wenders è un occhio che rifiuta di indagare all’interno del personaggio, che preferisce “mostrare” rispetto a “rappresentare”, facendo tabula rasa dei fondamenti narratologici classici attorno ai quali si sviluppa un racconto.
Un’operazione, questa, che Wim Wenders ha già avuto modo di proporre nel proprio cinema e che risulta ancora più eccezionale e radicale se si pensa che essa viene compiuta in un contesto contemporaneo in cui i media audiovisivi propendono più che mai in una direzione opposta, in cui le intelligenze artificiali generative sono addestrate per scrivere determinati plot e determinati personaggi, in cui gli avvenimenti devono avvenire in una logica strettamente causale e in cui complicato è diventato sinonimo di complesso.
Una grande interpretazione
Il personaggio di Hirayama, pur essendo in qualche modo ancorato a un modo di vivere nel mondo antecedente alla tarda-contemporaneità, viene mostrato nel suo presente, senza indagare in alcun modo il suo passato, il movente dei suoi comportamenti o le sue ambizioni future. Quelli che Wim Wenders mostra sono i “perfect days”, che si susseguono giorno dopo giorno, di un uomo fuori dal comune perché privo dei conflitti e delle anomalie che turbano la nostra esistenza.
Koji Yakusho si cala con tutto il corpo all’interno del personaggio e offre un’interpretazione fondata sulla sottrazione che riesce però a stabilire con lo spettatore un’empatia e una vicinanza umana inedita per il tipo di soggetto che incarna. Pur esprimendosi poco con le parole, i suoi sguardi, i suoi gesti e le sue azioni comunicano una dignità e una serenità in grado di commuovere.
Il meritato premio per la miglior interpretazione maschile ricevuto al Festival di Cannes è anche un giusto riconoscimento della carriera di un attore che ha preso parte ad alcuni dei film giapponesi più belli e significativi degli ultimi 30 anni, molti dei quali presentati proprio sulla croisette.
Chissà che Perfect Days, selezionato per rappresentare il Giappone agli Oscar, una novità per un paese che ha sempre candidato film diretti da registi autoctoni, non possa aggiudicarsi il titolo di miglior film in lingua straniera. Sarebbe il giusto riconoscimento per un grande regista, che ha già ricevuto numerosi premi, ma che ha saputo ritrovare nei film di finzione l’ispirazione dopo molti anni di crisi. Sarebbe il giusto riconoscimento per un film splendido, in grado di suggestionare lo spettatore con la sola purezza della narrazione e delle immagini.
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La recensione in breve
Perfect Days segna il ritorno al successo nei film di finzione di Wim Wenders dopo un lungo periodo in cui la sua vena artistica è sembrata più volte fiacca o prosciugata. Cambiando radicalmente scenario, dall’Occidente al Giappone, tornando nei luoghi in cui il regista tedesco aveva girato il documentario Tokyo-ga. Il risultato è un'opera affascinante, in grado di trasportare lo spettatore all’interno di una quotidianità sacra di un personaggio alieno alla contemporaneità, ma non per questo alienato.
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Voto ScreenWorld