La vocazione dark di Napoli, città misterica per eccellenza, viene finalmente esplorata con sapienza e originalità nel lungometraggio d’esordio di Brando De Sica, in cui un freak burtoniano e una ragazza in fissa coi vampiri lottano contro un mondo sordido e spietato. Come vedrete nella nostra recensione di Mimì il principe delle tenebre, l’opera prima di De Sica, menzione speciale al Sitges International Fantastic Film Festival of Catalonia 2023, si rivela una riuscita alchimia di generi che spaziano dal noir all’horror efferato e citazionistico, dal thriller di ambientazione gomorresca al realismo magico più visionario, distillando insieme i vari elementi in un gioco gustoso che va oltre la mera citazione, ma trova una sua precisa cifra stilistica. Soprattutto non è un film rassicurante, ma ha invece il coraggio di andare fino in fondo e guardare in faccia l’orrore, senza edulcorarlo e senza sconti per nessuno.
Mimì il principe delle tenebre
Genere: Horror
Durata: 103 minuti
Uscita: 16 novembre 2023 (Cinema)
Cast: Vincenzo Cuomo, Sara Ciocca, Giuseppe Brunetti
Mimì il principe delle tenebre: la trama del film
Il giovane orfano pizzaiolo Mimì (un eccelso Vincenzo Cuomo) ha una grave malformazione ai piedi, per la quale viene deriso dalla banda di delinquenti locali, capeggiata dal cantante neomelodico Bastianello (Giuseppe Brunetti), figlio di un boss ormai in fin di vita. Casualmente fa la conoscenza di Carmilla (l’incredibile, convincente e giovanissima Sara Ciocca, ormai già icona dark nostrana), una adolescente che afferma di essere discendente della figlia di Dracula, ovvero Vlad Tepes III, la cui tomba si troverebbe proprio a Napoli.
Carmilla si accompagna ad una comunità di giovani neogoth che vagano di notte nei cimiteri, tra i quali introdurrà lo spaesato Mimì. Ne nasce una struggente storia d’amore che porterà il ragazzo a conoscere l’immaginario vampiresco, nonché un mondo oscuro e affascinante, totalmente alieno a quello della pizzeria in cui lavora, gestita dal padre adottivo, un commovente Mimmo Borrelli. Queste nuove scoperte porteranno però anche ad uno scontro con il pericoloso Bastianello e la sua cricca.
Napoli dark
Come accennavamo all’inizio in Mimì troviamo finalmente una Napoli dark trattata in maniera degna, che rende giustizia della sua identità nascosta, innervata di misteri esoterici, segreti occultistici e contatti col mondo dei morti. Ci sono stati già tentativi recenti di raccontare i lati oscuri della città partenopea aldilà dei soliti stereotipi pizza-sole-mandolino, ma purtroppo carenti dal punto di vista della sceneggiatura e soprattutto dello sguardo, nel senso di visione forte da parte di un autore. Invece De Sica trova strade nuove: se da un lato utilizza elementi tipici del Gomorra-movie, dall’altro li scardina, inserendoli in una storia dove Dracula, Nosferatu e Lovecraft convivono accanto ai cantanti neomelodici, in odore di camorra, che purtroppo popolano il sottobosco napoletano.
Di primo acchito potrebbe sembrare un calderone strano e indigesto, invece il cineasta riesce a incardinare il tutto in una storia perfettamente coerente, dalla forte identità visionaria e autoriale, senza piegare il genere alle proprie istanze personali ma anzi, dimostrando tutto l’amore che evidentemente De Sica, da vero appassionato, nutre per esso. L’uso di location affatto banali aiuta a distaccarsi dall’iconografia cartolinesca della città che tanto cinema e televisione hanno contribuito a creare, allontanandosi anche da tanto immaginario comunque usurato, di serie più recenti. De Sica scava invece alla ricerca di luoghi evocativi, in linea con l’atmosfera dark, a tratti perfino burtoniana, della sua storia: dalla ‘porta sul mare’ di Villa Imperiale a Marechiaro, agli imponenti archi sotterranei della piscina Miriabilis, utilizzati come ipogeo fittizio di Santa Maria La Nova in cui si troverebbe la tomba di Dracula.
Dalle rampe di Sant’Antonio, inquadrate dall’alto, e dalla panoramica via Coroglio sulle quali si arrampica l’ape-car di Mimì, alla Certosa di San Martino in cui avviene un bacio vampirico ‘levitante’, che evoca quello altrettanto vertiginoso di Intervista col vampiro. Per arrivare infine allo storico cinema Posillipo, location in cui si svolge una scena molto forte e dove, tra l’altro, abbiamo avuto anche il piacere di gustare il film stesso. Una geografia fantastico-horror napoletana dunque che viene letteralmente costruita e codificata da De Sica, che già aveva frequentato cinematograficamente la città, collaborando alla commedia fantastica Sono solo fantasmi, in cui il padre Christian si divertiva, tra le altre cose, a parodiare i Ghostbusters.
Apriamo una piccola parentesi sulla leggenda da cui il film prende in parte spunto, riguardante la tomba di Vlad Tepes (il personaggio storico a cui si ispirò Bram Stoker per il suo Dracula) che si troverebbe a Napoli, nella cappella di Santa Maria La Nova. Se è possibile che Maria Balsa, figlia del cosiddetto impalatore transilvano, si sia rifugiata a Napoli, sposando un membro della ricca famiglia Ferrillo come viene detto nel film da Carmilla, è però altamente improbabile che la stessa abbia portato il corpo del padre nella città partenopea, come viene puntualmente spiegato nel documentato e appassionante libro della scrittrice e storica Laura Miriello “Sulla presunta tomba di Dracula a Napoli”.
Caccia ai riferimenti
Mimì è zeppo di riferimenti all’immaginario horror, senza però che questo meccanismo citazionistico prenda il sopravvento sulla storia. Ogni richiamo è perfettamente calato nella storia. A cominciare dallo spassoso riferimento a “Lovercraft” e al Necronomicon, proferiti in napoletano dal paffuto capo dei Goth mentre divora un crocché per arrivare a Carmilla, il celebre romanzo di Le Fanu sulla vampira omonima. L’educazione filmica sull’immaginario filmico draculesco impartita dal proprietario di un negozio di DVD (questo davvero impossibile ormai) che parte dal mitico Nosferatu di Murnau e che cavalca la leggenda che vorrebbe il misterioso attore protagonista Max Schrek, davvero vampiro.
Ipotesi tra l’altro sfruttata nel film L’ombra del vampiro (2000) con Willem Dafoe. Il brano di Ornella Vanoni, Quei giorni insieme a te, prelevato di peso dal cult di Lucio Fulci Non si sevizia un paperino e utilizzato, non a caso, in una scena di bullizzazione stradale di Mimì da parte di Bastianello. Il padre di quest’ultimo (interpretato da un ansimante Peppe Lanzetta), boss in fin di vita ficcato in un polmone artificiale, non può non ricordare la strega Elena Markos di Suspiria, come è stato giustamente già rilevato in altre sedi critiche.
Un horror senza compromessi
Brando De Sica dà sfogo a tutta la sua passione per il genere, senza paura di spingere l’acceleratore quando ne sente la necessità e, soprattutto, senza quelle istanze algoritmiche, o semplicemente dettate dal marketing, che vorrebbero accontentare più palati possibili, realizzando prodotti insipidi o anonimi. In altre mani la stessa storia dei due ragazzi contro il mondo sarebbe stata irregimentata in un ennesimo e scontato, per quanto legittimo, elogio del freak o del diverso in generale, rientrando in più facili binari politicamente corretti e socialmente accettabili. Ma, come si diceva, De Sica non fa sconti a nessuno e ci offre una seconda parte spiazzante e per nulla rassicurante, in cui però la dignità dei due protagonisti viene rispettata ed esaltata, all’interno di una dimensione al tempo stesso favolistica, ma dura e feroce. Di più non possiamo ovviamente rivelare.
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Brando De Sica riesce con grande abilità a rinnovare l’immaginario cinematografico della città partenopea calandovi una storia dark, intrisa di amore genuino per il genere horror, noir, thriller, senza rinunciare ad una forte impronta autoriale e, soprattutto, tenendo ben dritto il timone fino alla fine, senza alcuno sconto a formule concilianti e ruffiane, tese a rassicurare un eventuale pubblico trasversale.