È strano come a volte le cose più semplici nascondano, in realtà, molto più di quanto sembrino. Come elementi basilari possano racchiudere una complessità inaspettata.
È il caso dell’ultima opera di casa Pixar, Elemental, la cui colpa è quella di essere arrivata sugli schermi timidamente, dopo una serie di delusioni e di disabitudini che hanno in qualche modo gettato cupe ombre verso quello che, fino a qualche anno fa, era universalmente riconosciuto come uno dei migliori studi d’animazione americani.
Ombre che il regista del film Peter Sohn aveva già sperimentato, quando Il viaggio di Arlo fu paragonato ingiustamente all’originalità di Inside Out, perdendosi velocemente nell’oblio della collettività e rimanendo un piccolo film ricordato solo da pochi appassionati.
Si potrebbe imputare lo scarso successo di questi due film proprio alla poetica del regista, che sembra avere una cieca fiducia nella semplicità, nella linearità, nell’assenza di un’originalità che il pubblico, invece, chiede a gran voce. Elemental sembra pagare il dazio di un concept non particolarmente inedito, non presenta particolari colpi di scena, sembra rimanere su una superficie troppo scontata per colpire e stordire lo spettatore. Forse, però, non era quello il compito del ventisettesimo lungometraggio targato Pixar. Forse, nascosta in quest’apparente semplicità, Elemental si dimostra invece un film molto complesso, con un significato inaspettato e contemporaneo, pronto a regalarci una lezione che mai come in questi tempi sembra essenziale.
Di cosa parla Elemental?
Una delle critiche più feroci rivolte a Elemental è quello di essere un contenitore di troppi argomenti diversi che mal si amalgamano in un’unica storia. Tematiche come il cambiamento climatico, il razzismo e la ghettizzazione, le relazioni d’amore, il rapporto genitori-figli, il confronto con la tradizione sembrano susseguirsi senza un vero e proprio ordine, rendendo il film confuso e troppo superficiale quando questi temi li deve affrontare. Occorre, quindi, fare un passo indietro, spogliare il film sino ad arrivare al suo DNA, al suo elemento predominante e chiederci: “Di cosa parla davvero Elemental?”.
Elemental è la storia di crescita ed emancipazione della protagonista Ember, che capisce di essere involontariamente imprigionata in una vita che non le appartiene, a fatica affronta la paura di deludere i genitori sino a prendere finalmente coraggio per vivere seguendo la sua indole. Sì, in realtà è tutto qui. Come se fosse poco, poi. Perché raccontare, nel 2023, questo atto di coraggio e – perché no? – di ribellione verso la tradizione, di uscire vittoriosi da un percorso per raggiungere la serenità con sé stessi è tutto fuorché banale. Diventa quasi essenziale. Per esorcizzare i sensi di colpa di un’intera generazione vittima della sindrome dell’impostore. Per sperare in nuove generazioni meno colpevoli e spiegare a quelle precedenti il peso che, volenti o nolenti, hanno posato sulle spalle di quelle successive.
Il mondo elementale che ci circonda
Alla luce di questo, intorno alla storia di Ember c’è un mondo vivo, con problemi irrisolti da tempo che non possono che essere marginali, anche se presenti, all’interno della narrazione. Element City assomiglia al contesto socio-culturale in cui siamo immersi. Perché non tutto, nella vita, fa parte di una trama principale. E non tutto si può sistemare in un breve tempo drammaturgico.
Ed è così che le varie tematiche che il film mette in scena, ma sembra non affrontare con efficacia, sono, più che motori della storia stessa, in realtà sfumature di un ambiente in cui Ember, Wade e gli altri personaggi sono inseriti e su cui non hanno forza di agire.
D’altronde, anche noi conviviamo con il razzismo, i pregiudizi, le calamità naturali. Ne siamo consapevoli, abbiamo una spiccata sensibilità a riguardo e parte della nostra vita e del nostro pensiero li volgiamo a queste problematiche, ma non siamo eroi capaci di risolvere queste enormi questioni con le nostre mani. Element City non è una città utopica come quella di Zootropolis (classico Disney che è stato, a nostro giudizio, scorrettamente messo a paragone), ma una città composta dagli elementi basilari di cui è fatto il mondo. Non c’è nulla di speciale, solo convivenza tra diversità che, in certi casi, corrisponde a rapporti ostili e marginalizzati dovuti a un’incompatibilità secolare.
Si torna all’essenza stessa della storia, che è una sola: quella di Ember che, in mezzo a questo contesto, deve trovare sé stessa.
Oltre i confini del mondo
Definizioni, quartieri, percorsi di vita, ruoli, desideri, sentimenti, decisioni: tutto è chiuso in un confine nel mondo di Element City, tutto è predefinito e immutabile. Così è il mondo, così bisogna vivere. Se c’è una vera grande lezione che questo film semplice nella trama, ma complesso e stratificato nel modo in cui lo racconta, è quella di non cedere ai confini e ai limiti che non solo ci vengono imposti, ma che noi stessi ci imponiamo. Per evitare delusioni, per paura di cambiare le cose, per mancanza di self-confidence.
Elemental, attraverso una bellissima e pura storia d’amore in cui due elementi opposti si comprendono prima e si uniscono poi (e che delicatezza nel modo in cui Ember e Wade si toccano, con il timore di farsi del male; se non è cinema, questo…) ricorda quanto sia importante andare oltre i confini del (nostro) mondo. Attraverso l’empatia, lo sforzo di capire e mettersi nei panni del diverso che è capace di offrirci un’altra prospettiva, di aprirci letteralmente le porte di un mondo che ci era stato chiuso (e infatti Ember scoprirà le gioie della città, oltre a quelle relazionali con gli altri personaggi), anche sentimentalmente.
Proprio su questo punto è giusto soffermarsi. Ember è un personaggio irascibile, che nasconde la propria insicurezza e la propria ansia attraverso la rabbia. Non ha mai pianto. Grazie a Wade verserà le sue prime lacrime, causando una crepa nella sua corazza alla pari di quelle che distruggono le tubature del negozio del padre o le porte della città. Ma d’altronde, per andare oltre il muro che ci circonda e ci imprigiona bisogna prima romperlo.
Sempre parlando di lacrime: l’idea stessa del bisogno della tristezza, del pianto irrefrenabile come azione necessaria per tornare in vita, per avere una seconda possibilità, per rinascere è un’altra lezione che rendono Elemental un film tutt’altro che scontato e banale.
La necessità delle lacrime (acqua), la forza di essere chi si è veramente (fuoco), la leggerezza dell’amore (aria), la scoperta del mondo che ci circonda (terra): gli elementi sono basilari. Il risultato è misterioso e complesso quanto la vita.
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo questo articolo insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!