Classe, fascino d’altri tempi, presenza scenica che basta a sé stessa. Senza bisogno di parole. Come piacerebbe al cinema muto. Se non fosse americano, sarebbe stato il James Bond perfetto. Se la Warner non avesse avuto bisogno di un giovane protagonista sul quale costruire una saga con molto futuro davanti a sé, il costume di Batman sarebbe già nelle sue mani. Anche se, bisogna ammetterlo, sarebbe stato un peccato soffocare il suo charme da perfetto Bruce Wayne dietro maschera e mantello. Jon Hamm sarebbe potuto essere tante cose, perché è quasi sempre il primo volto a cui pensi quando c’è da mettere in scena qualcosa di iconico. Lo conferma anche il grande fumettista Phil Noto, che lo ha persino immaginato come perfetto Superman in una sua celebre fanart. In occasione dei 50 anni del grande antidivo americano, scopriamo perché Jon Hamm è l’attore più affascinante della sua generazione. Perché fascino fa spesso rima con sfuggente. Sfuggente come Jon Hamm, che si sottrae ai grandi ruoli per imporre sé stesso con la discrezione dei grandi.
Il divo riluttante
La vita di Jon Hamm sarebbe ottima materia cinematografica. Perché la vita del nostro ha seguito alla lettera la parabola del self made man che tanto piace agli americani. Rimasto orfano di madre a dieci anni, si trasferisce dal padre, che perde qualche anno dopo. Così, per sostenere i suoi studi, Hamm deve badare al sodo, mantenersi da solo e sviluppare una percezione tutta sua della recitazione: non una vocazione ma un lusso. Un lusso che si concede lavorando come maestro di scuola materna e come scenografo di film porno, un paradossale cortocircuito che racconta tanto di una persona che voleva solo guadagnarsi da vivere. E così il buon Jon si rimbocca le maniche, non fa lo schizzinoso e soprattutto sviluppa col tempo un grande dono: la pazienza. Perché il lavoro da attore è tutt’altro che folgorante e colmo di soddisfazioni. Gli spettacoli sono pochi, i provini ingenerosi, la carriera tutta in salita. E non è un caso che Hamm abbia esordito sul grande schermo ormai trentenne, ma con le spalle abbastanza grandi per potersi farsi strada nello show business. Ecco, basta ripercorrere le tappe fondamentali della sua vita per capire come mai Jon Hamm ci appaia così discreto, così riluttante al divismo sovraesposto, così elegantemente dietro le quinte. Spirito pragmatico che bada all’essenza delle cose, Hamm è allergico agli orpelli, al gossip, alle dichiarazioni esorbitanti. Sempre posato nelle interviste, affabile nella sua estrema professionalità, autoironico quando non nasconde di essere consapevole del suo carisma. E allora, forse, il fascino di Jon Hamm viene anche dalla sua storia, dal suo vissuto che lo ha reso restio alle regole del sistema di cui fa parte.
Essere Don Draper
Un reduce di guerra che si traveste da qualcun altro. Un uomo che diventa un brand, un marchio da vendere agli altri. Non si può parlare di Jon Hamm senza raccontare Don Draper, ovvero uno dei personaggi più complessi, tragici e meglio delineati nella storia della tv. Perché Mad Men è davvero un grande romanzo americano prestato al piccolo schermo. Un prodotto raffinato, osannato dalla critica anche grazie alla prova profonda di un Jon Hamm in stato di (dis)grazia. Il suo iconico Don Draper è coperto da abiti eleganti, ma ha ferite ben nascoste. Il suo Don Draper è un enigma ambulante tratteggiato con cura maniacale nei vizi e nei vezzi. Per quanto l’affresco sia corale, è impossibile non ritenere Don Draper il fulcro di tutto Mad Men, e di conseguenza Jon Hamm il suo assoluto pilastro (merito confermato da un Golden Globe al Miglior Attore in una serie drammatica nel 2008). Hamm ha avuto il merito di regalare al personaggio sfumature sottili, velate eppure evidenti, capaci di venire a galla poco per volta, senza fretta, con il passo cadenzato dei grandi racconti letterari. Il suo Draper è a tutti gli effetti la personificazione del personal branding che sarebbe arrivato solo mezzo secolo dopo di lui. Un uomo dolente al quale neanche le tanti amanti riescono a regalare qualcosa di più duraturo di un piacere fugace. Don seduce e abbandona. Donne, clienti e pubblico. E quando se ne va, tu rimani lì a chiederti chi sia. Perché se hai capito chi è Don Draper, non hai mai conosciuto davvero Don Draper. E se siamo qui a dichiarare Hamm l’attore più affascinante della sua generazione, il pubblicitario di Madison Avenue ha più di qualche merito.
Sfuggire al mito
Quando fai parte una serie tv così amata, è facile rimanere incastrato per sempre in quel ruolo televisivo. Ed è innegabile che, per chi ha amato Mad Men, Jon Hamm sarà sempre Don Draper. Ma sarà sempre solo e soltanto Don Draper? Secondo noi no. Perché Hamm ha avuto la grande intelligenza di mettersi sempre alla prova sul grande schermo, scegliendo con grande acume ruoli sempre diversi per progetti sempre nuovi, scrollandosi di dosso etichette e marchi a fuoco. Spaziando tra i generi, Hamm ha sporcato la sua immagine elegante con il bandito tamarro di Baby Driver, ha sperimentato diventando animato per l’incompreso The Congress, si è divertito con Sucker Punch di Zack Snyder e 7 sconosciuti a El Royale (dove ha recitato al fianco del suo idolo Jeff Bridges) e soprattutto si è messo da parte in ruoli da comprimario in film corali come The Town, The Report e Richard Jewell. In attesa di scoprire nuove, discrete ed eleganti declinazioni di Jon Hamm, forse abbiamo capito una cosa importante. Il suo grande fascino viene da qui: dal suo costante sottrarsi dalle luci della ribalta, dal suo emergere nonostante non si metta a sgomitare, dal farsi sentire senza urlare. Insomma, Jon Hamm impone il suo mito sfuggendo al mito.