Lo sappiamo: il titolo di questo articolo è facilmente provocatorio, d’altronde come o quanto è possibile capire il complesso processo creativo di una delle personalità di spicco del settore dei videogiochi? È un po’ quella testardaggine che spesso abbiamo, veicolata da passione e curiosità, nella voglia di voler decostruire determinate opere, così da poter cogliere sfumature tra le righe, capire i pensieri, i temi cari dell’autore che ha firmato quel film, libro, videogioco o fumetto.
Poi c’è Hideo Kojima, per molti una testa mediocre esaltata solo degli appassionati che si muovono al suono del suo piffero, per altri una luce di lucida genialità, capace di rivoluzionare il media videoludico riuscendo ad andare oltre le più rosee aspettative, tramutante il mezzo in una rivoluzione capace di toccare tanti alti settori e far giocare con intelligenza i suoi utenti. Una roba non da tutti, ma che lo apprezziate o meno, è innegabile l’evoluzione che il settore ha avuto grazie alle sue opere.
Il brand Kojima
Hideo Kojima è un uomo che conosce la comunicazione e mette in atto tecniche peculiari, spesso controintuitive, ma questo nel tempo è diventato il suo marchio personale e hanno portato sempre a risultati ben oltre le aspettative. Dopo il divorzio con Konami e la cancellazione del progetto su Silent Hills, una qualunque altra personalità di settore avrebbe riversato parole amare su qualche social network, accettato interviste per dire la propria.
Kojima no, archivia la pratica, cerca tra le sue amicizie e ammiratori una piccolissima base per ripartire, l’abbraccio di Sony e la “piccola” Kojima Productions può continuare a sopravvivere gettandosi subito in un nuovo progetto: Death Stranding. Dove tutti vogliono sapere cosa sia successo, se ci sarà modo di riesumare il franchise di Silent Hill, Hideo Kojima si dimostra uomo che non bada alla nostalgia, tanto al passato, per fare l’ennesimo passo in avanti, lasciando spiazzati tutti per i successivi anni, tanto che dall’annuncio all’uscita di Death Stranding si è sempre saputo poco, pochissimo, e quel poco era oggetto di meme attribuendo al gioco un’etichetta da simulatore di consegne, ed è incredibile come a distanza di anni, siamo vicino all’uscita del sequel di quel particolare gioco di consegne e tutti lo stiamo attendendo con il cuore ricolmo di gioia.
Hideo Kojima nel tempi è riuscito non solo a ridefinire il concetto di hype attorno un’opera, bensì a diventare se stesso una luce di speranza. Iconico – e ancora oggetto di meme – è diventato un video dove il comico Conan O’Brien si reca negli studi di Kojima Productions poco prima dell’uscita di Death Stranding. Al minuto 02:00 la porta degli studi operativi si apre e si vede Hideo Kojima circondato da una luce divina, con tanto di accompagnamento sonoro con musica sacra. Alla fine è tutto lì, altre descrizioni sono superflue.

Non si tratta più di parlare dei suoi giochi come opere ben vendute o con un’ottima promozione, bensì è corretto dire che oggi Kojima riesce a vendersi benissimo e come tale qualunque cosa faccia diventa oggetto di analisi e discussione. Egli stesso conosce il settore, come i suoi fan e veicola la sua stessa comunicazione nella direzione che tutti sperano, per poi lasciare la chiosa verso altro.
Iniziano così le domande, le curiosità, il restare in attesa di ulteriori informazioni o spiegazioni, con i tasselli che si ricompongono in modo cristallino all’interno dei suoi giochi. Tutti, tranne Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, ma quella è un’altra storia, da cui come sappiamo, la sua estromissione da parte di Konami ha tanto penalizzato, quanto dimostrato l’importanza della sua firma – e conclusione – nelle opere partorite dalla sua mente.
Anticipare i tempi

Più volte abbiamo citato meme e più volte li tira in ballo Kojima. Del suo passato se ne è parlato in molteplici forme: l’improvvisa morte del padre quando Kojima aveva solo tredici anni, la mancanza della figura paterna e la sofferenza di quel vuoto, di quelle ultime parole che i due non sono riusciti a dirsi, della passione per il cinema e l’azzardo di entrare nel settore dei videogiochi, del bastone, della corda e delle connessioni. Nelle opere di Kojima si è sempre trovata una sfumatura personale data da una visione ben precisa della realtà. Una percezione solida, dalla fascinazione per il cinema americano, i forti personaggi femminili forgiati nel coraggio, ma le sue opere sono contraddistinte anche da alcune visioni decisamente profetiche.
Basti pensare a Metal Gear Solid 2, uscito nel 2001, e tutti i suoi temi riguardo il controllo delle informazioni e relativa gestione delle masse, del ruolo della dittatura o l’esempio più recente è proprio in Death Stranding, uscito sul mercato una manciata di mesi prima del diffondersi dell’epidemia di Covid-19, ed ecco che i temi quali la quarantena, la necessità delle connessioni e dell’umanità che ritorna a cooperare sono chiose e messaggi che abbiamo vissuto sulla nostra stessa pelle, in prima persona.
Ecco che entrano a gamba tesa i meme e per Kojima questi rappresentano tutte quelle opere tra libri, musica, film e videogiochi, che lo hanno fortemente colpito, a cui lo stesso lega particolari ricordi o aneddoti.
Adorabili meme

Avete letto il libro di Hideo Kojima? Si intitola “Il gene del talento e i miei adorabili meme” e se questa lettura manca nella vostra libreria, recuperatela assolutamente, che sia videogiocatori o meno. Il testo è una raccolta di piccoli saggi scritti e raccolti da Kojima dal 2000 in poi, dove lo stesso lascia andare pensieri e aneddoti riguardo un’opera in particolare.
Non si lascia andare in spiegazioni esaurienti per come vorremmo noi, bensì ci dice l’essenziale. Ecco che il Travis Bickle di Taxi Driver diventa un’estensione della solitudine che vive Kojima. Quel film, quel personaggio gli rammentano che lui, nella misura in cui si può considerare un certo tipo di dolore o alienazione, non è solo al mondo e che altri condividono quella ferita.
Questa lettura continua così, dove anime, manga, canzoni, altri film e altri romanzi vengono decostruiti da Kojima per raccontarci qualcosa di suo, quasi come se volesse narrarci una porzione del suo processo creativo.

E allora si torna al video di Conan O’Brien negli studi di Kojima Productions, con il comico che, dopo aver visto un trailer di Death Stranding assieme a Kojima, rimanendo a bocca aperta davanti a tutte quelle stranezze e immagini fuori dai classici canoni standard, gli suona in faccia un “ma cosa hai che non va?”
La battuta è a sfondo ironico ovviamente, ma sottolinea l’estro creativo di Kojima, l’uomo che ha saputo trasformare i suoi giochi in arte, a divenire se stesso oggetto di discussione, un’artista che ha saputo arricchire il panorama videoludico con una lucidità e personalità rara. Allora sì, forse quel meme di lui che viene accolto con una luce divina, anche questo, avrà un significato per il buon Kojima, a cui sicuramente lui stesso non lo leggerà come un punto di arrivo, bensì l’ennesima sfida da accogliere per superare sempre i suoi limiti con giochi che vogliono parlarci di lui, delle sue visioni come del suo dolore.