In quanti sono cresciuti con genitori che non facevano altro che ripetere “i videogiochi sono violenti e ti fanno diventare violento“? Parole che si sentiva dire (e si sente ancora oggi, purtroppo) alla stampa generalista italiana e nei programmi televisivi in cui il videogioco era demonizzato come qualcosa di negativo. E chi, in età adulta, non è stato mai additato e deriso perché “i videogiochi sono un passatempo per bambini“?

La verità, però, è ben diversa. Perché i videogame non sono soltanto una forma di intrattenimento fine a se stessa, o un’arte in determinati casi, ma una vera e propria esperienza di vita. Grazie ai loro contenuti, narrativi così come prettamente ludici, sono in grado di fornire insegnamenti preziosi e diventare dei compagni unici. Un mezzo interattivo senza il quale le nostre vite sarebbero tremendamente diverse, più povere e noiose. Diversi studi accademici hanno dimostrato come il videogiocatore sia un lavoratore più attento, più tenace e focalizzato sui suoi obiettivi. Passare ore a platinare i giochi nella nostra libreria sarà servito a qualcosa, no? I videogiochi hanno fornito, in misure diverse e variegate, insegnamenti preziosi. Ce ne sarebbero decine e decine da dire, ma abbiamo deciso di fare una cernita e dirvene solo alcuni.

1. Elaborare il lutto

Death Stranding
Immagine tratta dal videogioco Death Stranding, fonte: Kojima Productions

Potrà sembrare strano pensare che un contenuto come quello videoludico possa fare qualcosa di così complesso e intimo come aiutare nell’elaborazione del lutto, eppure per tantissime persone è stato proprio così. Sono tanti i giochi che affrontano questo tema con grande delicatezza e sempre attenzione a non apparire ingenui. Potremmo citare Rime o Clair Obscur: Expedition 33, le cui storie e anche alcune meccaniche ruotano completamente attorno alla tematica del superamento del lutto, così come The Last of Us Parte 2. Quest’ultimo inizia come un percorso di vendetta e rabbia e, attraverso la violenza, vengono scandite le tipiche fasi di una perdita per raggiungere la più completa accettazione.

Il videogioco che, più di tutti, è non solo riuscito a incarnare tematiche così delicate, ma anche trasportare il giocatore in un viaggio sulla propria consapevolezza e sull’amore di chi non c’è più è Death Stranding. Il primo capitolo (con il secondo in uscita proprio in questi giorni) racconta una storia misteriosa e cupa in cui l’amore di un padre che ha perso il figlio lo rende uno spirito vendicativo. Allo stesso tempo un figlio orfano di padre segue un percorso tragico che lo porterà alla trascendenza e alla catarsi. Un’avventura talmente toccante e coinvolgente da farci provare quelle medesime sensazioni. E, come dichiarato da molti su Reddit e sui social, per chi lo ha giocato mentre affrontava una perdita è stata una vera e propria ancora di salvezza, aiutando a elaborare il processo e portarlo a piena accettazione.

2. Divertirci studiando

assassin's creed saga
Assassin’s Creed Saga, fonte: Ubisoft

Chiunque sia andato a scuola nel periodo che va dal 2007 al 2012 ha avuto un grande compagno di studi. Niente tutor o professori privati, solo il caro Ezio Auditore da Firenze (e soci). Potrà sembrare strano e assurdo per chi non si è ritrovato a vivere in quegli anni, ma la serie di Assassin’s Creed ha sempre avuto un grandissimo pregio: la sua accuratezza storica. Certo, sono presenti elementi di fantasia, ma bastava rimuovere dal racconto la lotta millenaria tra assassini e templari ed ecco che nei compiti in classe o nelle interrogazioni era facilissimo prendere un bel voto.

Senza scherzi, Assassin’s Creed ha fatto qualcosa di unico e meraviglioso per un’intera generazione. Ha reso divertente e interattivo lo studio della storia. Ogni capitolo è corredato da un’enciclopedia approfondita ed esaustiva su ogni aspetto del periodo storico in cui il gioco di turno è ambientato. E negli ultimi anni, grazie alla bellissima ma bistrattata trilogia prequel, sono stati anche rilasciati i Discovery Tour, dei veri e propri documentari interattivi che sono stati anche utilizzati nelle scuole francesi e canadesi per impedire ai bambini e ai ragazzi di annoiarsi. Ed ecco che Assassin’s Creed ha compiuto l’impossibile, in barba a chi crede che i videogiochi siano un passatempo futile. Assassin’s Creed ha insegnato a milioni di ragazzi a divertirsi studiando.

3. A sviluppare un pensiero deduttivo

Poster di Broken Sword
Poster di Broken Sword, fonte: Revolution Software

Tra i generi che hanno maggiormente segnato le vite dei millennial, e che sono ormai quasi del tutto estinti, si annoverano i punta e clicca investigativi. I classici di Sherlock Holmes hanno permesso a tanti ragazzi di indagare grandi misteri e comprendere quanto possa essere divertente usare il proprio cervello per superare sfide logiche e rompicapo. Anche la serie di Monkey Island, dal leggendario duo di sviluppatori quali Ron Gilbert e Tim Schafer, è rimasto ancorato nel cuore di milioni di appassionati, ma in quest’ultimo caso gli enigmi erano talmente assurdi da portare il giocatore a portarli a termine tentando a caso e non con un vero ragionamento.

Discorso diverso per i bellissimi Broken Sword, tra i punta e clicca investigativi che più di tutti rendono perfettamente il concetto di ‘sviluppare un pensiero deduttivo’. Perché è a questo che ci hanno portato, a imparare dai nostri errori, a comprendere in cosa stavamo sbagliando e a ragionare fuori dagli schemi, per risolvere un problema. Che potesse essere un’indagine per omicidio o un trucchetto con meccanismo particolarmente complesso. Se i vostri genitori hanno mai detto che i videogiochi non fanno diventare più intelligenti, fategli provare un Broken Sword.

4. A essere creativi

Art del gioco di Minecraft
Art del gioco di Minecraft – ©Mojang

I Lego o i Playmobil sono da sempre stati utili per tutti i bambini che avevano bisogno di dare sfogo alla propria creatività, costruendo strutture simili alla realtà o creare qualcosa di astratto, divertendosi fisicamente con i mattoncini più famosi al mondo. Ad oggi hanno mantenuto la loro fama, almeno i primi, e non si può certo dire che siano passati di moda, ma un altro gigante ha preso posto sul trono della creatività ed è un videogioco. Sono tanti gli esponenti ormai, ma solo uno ha battuto ogni record, divenendo il videogioco più venduto al mondo e tra i più amati, dando vita a una community vivace e attiva: Minecraft.

Un gioco in grado di diventare un fenomeno di culto e di farlo permettendo al giocatore di essere creativo, dando vita a interi mondi, in alcuni casi all’intera via lattea in scala 1:1. Il prodotto di Mohjang è stato anche in grado di settare un nuovo standard nella ricerca medica e psichiatrica, grazie al suo utilizzo nelle terapie per ragazzi con disabilità motorie e mentali. Possiamo citare il server Autcraft, una modalità nata esclusivamente per bambini affetti da autismo. I ricercatori hanno evidenziato come Minecraft sia stato in grado di aiutare i ragazzi nello spettro a socializzare con maggior efficacia, potendo dare sfogo alla loro creatività e farlo all’interno di una comunità vera e propria.

5. A socializzare

Poster di World of Warcraft
Poster di World of Warcraft, fonte: Blizzard Entertainment

A proposito di socializzazione, i multiplayer online servono prevalentemente a questo. Se alcuni sottogeneri bypassano la possibilità di fare amicizia (tutti i deathmatch ed FPS di sorta tra i quali Call of Duty, Fortnite e Halo), altri si basano unicamente sulla cooperazione tra completi sconosciuti e alla loro volontà di stringere rapporti indissolubili. Potremmo citare Sea of Thieves in veste di rappresentante di questo particolare genere (quello degli MMO), ma qualcun altro ha traghettato intere generazioni di fan in un mondo fantasy ricco di potenzialità.

Ci riferiamo a World of Warcraft, uno dei videogiochi più famosi di tutti i tempi. Base attiva dei meme più spassosi del web, il fulcro del gioco è proprio la socializzazione tra persone che non si conoscevano fino a un attimo prima. Con decine, se non centinaia di attività da poter svolgere insieme, per poter sopravvivere e raggiungere il proprio obiettivo si deve essere in grado di uscire dalla propria comfort zone, combattere la propria timidezza e intessere rapporti interpersonali che, negli anni, sono diventati per milioni di persone delle amicizie indissolubili.

6. A rilassarci

Animal Crossing
Animal Crossing, fonte: Nintendo EPD

Il 2020 è stato un anno decisamente particolare. Per noi italiani i primi di Marzo sono ancora oggi, a distanza di 5 anni, un ricordo indelebile che ha cambiato la nostra vita, le nostre abitudini e ha, decisamente, aumentato i nostri livelli di stress. La pandemia da COVID 19 era appena scoppiata e siamo stati costretti a casa per mesi. Il lockdown è stato estremamente pesante da sopportare. Ecco, però, che arrivava qualcosa a salvare la sanità mentale di milioni di persone. Animal Crossing: New Horizons usciva il 20 Marzo 2020 e in breve tempo ha cambiato il nostro approccio alla quotidianità durante il lockdown.

Diventato un vero e proprio fenomeno virale e culturale, il videogioco di Nintendo ha permesso ai videogiocatori di costruire la propria casa, curare il proprio orto e vivere un’esperienza rilassata e attenta ai dettagli. Il successo è stato tale da aver spinto più persone del solito, anche chi non era avvezzo al medium, a videogiocare. Perché Animal Crossing è arrivato al momento giusto delle nostre vite. Ci ha aiutati a far pace con le nostre emozioni, a scaricare lo stress e a imparare a lasciar andare la frenesia che erano le nostre vite prima del COVID. Ci ha insegnato a essere più rilassati.

7. A essere reattivi

Poster di Celeste
Poster di Celeste, fonte: EXOK

Tra i generi originali dei videogiochi, quelli che hanno fondato il medium per come lo conosciamo oggi, dobbiamo citare il platform. Questo particolare genere ha avuto la sua piena maturazione negli anni ’80, ma a differenza di altri che ad oggi sono quasi del tutto estinti, il platform resiste ancora ora con veemenza. A una cosa sono sempre serviti, però, questi videogiochi: a essere più reattivi. La coordinazione occhio mano è tutto, adagiarsi sugli allori è uno sbaglio, saper rispondere alacremente a una minaccia o a un problema diventa il punto focale di un platform.

Super Mario è il caso più rinomato e amato, nell’ultimo anno anche il bellissimo Astro Bot ha saputo attirare l’attenzione, ma se proprio dobbiamo trovare il pelo nell’uovo, quelli sopracitati sono titoli troppo semplici e permissivi. Sappiamo benissimo che per allenare i nostri riflessi è necessario qualcosa di decisamente più complesso e brutale. Ed ecco che fanno capolino due giganti tra i platform, Celeste e Super Meat Boy. Due videogiochi come ne esistono pochi nella storia. Talmente difficili da aver messo a dura prova anche i più esperti, ma per chi riesce a raggiungere i titoli di coda lo attende solo la gloria e la consapevolezza di aver superato i propri limiti.

8. A cooperare

Mio e Zoe nella cover di Split Fiction
Mio e Zoe nella cover di Split Fiction – Hazelight Studio

Lo split scren è una modalità di gioco che permette a due giocatori di divertirsi insieme con lo stesso videogame. Agli albori del medium questa feature era legata prevalentemente a titoli competitivi (Tekken, FIFA, PES ecc) in cui i ragazzi si scontravano per decretare un unico vincitore. Con gli inizi del 2000, grazie prevalentemente ad Halo, si sviluppa il cosiddetto couch coop, una modalità che permetteva di essere alleati e non nemici. Nel tempo questo modo di giocare è andato fortemente in disuso, ma qualche esponente ancora persiste.

Sono tre i videogiochi che ci sentiamo di citare in questo caso. It Takes Two ha iniziato un nuovo corso per la storia del medium, divenendo un successo planetario e facendo sì che le persone imparassero a cooperare e ad aiutarsi a vicenda. Intere sezioni di gioco possono essere portate a termine soltanto se si collabora e si agisce insieme, all’unisono. Split Fiction porta questa esperienza a piena e grandiosa maturazione, con una struttura verticale che spinge più di prima sulla sinergia tra le parti. Ma è solo uno il titolo che, stranamente, è talmente estremo e difficile da diventare leggendario: Overcooked. Attenti a giocarci con la vostra metà, se non sarete coordinati la litigata sarà dietro l’angolo.

9. A perseverare

Hades
Hades, fonte: Supergiant Games

Al giorno d’oggi, con backlog infiniti e una tale bulimia di contenuti cui siamo soggetti, colpa anche dei servizi di abbonamento che stanno sempre di più prendendo piede nel settore, è diventato piuttosto comune iniziare un titolo e disinstallarlo dopo poche ore. Vuoi perché non riesce a catturare l’attenzione nel giro di poco tempo, vuoi perché risulta troppo impegnativo ed è necessaria qualche oretta in più per padroneggiarne le meccaniche. Dalle nubi dell’incertezza su quale titolo giocare, fa capolino Hades, che con il genere dei roguelike ci ha decisamente insegnato a perseverare.

Sia chiaro, il capolavoro di Supergiant Games non è il primo esponente del genere, e nemmeno il più illustre, ma possiamo annoverarlo tra i migliori della storia. Ogni passo falso può portare a morte certa e se questo avviene si viene rispediti fino all’inizio del gioco, costretti a ricominciare tutto da capo. Una meccanica molto simile ai videogiochi anni ’80 che, non avendo la possibilità di poter salvare la partita, dovevano essere ricominciati a ogni errore. Hades ci ha fatti abituare, ancora una volta, ad avere pazienza e a perseverare a ogni costo pur di raggiungere il nostro obiettivo.

10. A convivere con le nostre scelte

Poster di Baldur's Gate 3
Poster di Baldur’s Gate 3, fonte: Larian Studios

I giochi di ruolo sono tra le esperienze più appaganti e amate nel settore dei videogiochi dai fan, soprattutto se si focalizzano sulla trama e permettono di seguire il proprio percorso, compiendo delle scelte lungo il cammino. Potremmo citare Mass Effect, Dragon Age e Pillars of Eternity, ma negli ultimi anni Baldur’s Gate 3 ha settato un nuovo standard per questo particolare genere. Con 17 mila finali e una ramificazione incredibilmente varia e stratificata, il gioco di Larian Studios ha cambiato il nostro approccio alle scelte che compiamo. Complice anche la filosofia alla base della sua fonte di ispirazione, il gioco di ruolo Dungeon’s & Dragons.

All’interno di Baldur’s Gate 3 è possibile compiere delle azioni che ci porteranno su una strada o su un’altra totalmente diversa, e sarà il lancio casuale di un dado a prendere questa decisione. Certo, è possibile ricaricare il salvataggio precedente se non siamo soddisfatti del risultato ottenuto, ma sono stati milioni i giocatori a imparare a fare i conti con le proprie scelte. Esattamente come la versione carta e penna, l’immersione è maggiore se non si discute il risultato del dado. Potremmo convincere un acerrimo nemico a unirsi a noi o renderlo ancora più ferale. Rischieremo di dare inizio a una carneficina tra le strade della città o saremo i salvatori della gente comune. La più piccola decisione porta con sé le sue conseguenze, come nella vita vera. Perché è bellissimo evadere in un mondo fantastico, ma lo è ancora di più se impariamo a convivere con le nostre scelte. E magari, ancora una volta, i videogiochi ci insegneranno a vivere appieno le nostre vite.

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Nato il 19 Dicembre 1992, ha capito subito che il cinema era la sua strada. Dopo essersi laureato in filosofia all'università di Palermo e aver seguito esami, laboratori e corsi sulla critica, la storia del cinema e la scrittura creativa, si è focalizzato sulle sue più grandi passioni: scrivere e la settima arte. Ha scritto per L'occhio del cineasta ed è stato redattore per Cinesblog fino alla sua chiusura. Ora si occupa di news e articoli per ScreenWorld.it, per CinemaSerieTv.it e CultWeb.it