Quella di Assassin’s Creed è una delle saghe più longeve, prolifiche e controverse nella storia dei videogiochi. Il capostipite è uscito nell’ormai lontanissimo 2007, quasi vent’anni fa, e ad oggi è in arrivo il suo quattordicesimo capitolo (ventesimo se si contano anche gli spin off). Sebbene tante voci di corridoio suggeriscano la possibilità di una crisi finanziaria, con relativa vendita della compagnia, i dirigenti di Ubisoft stanno puntando tutto su Shadows. Perché nonostante le critiche e i problemi, ogni capitolo vende. E il più delle volte parecchio. Perché sebbene i detrattori siano tanti, nel bene e nel male, Assassin’s Creed ha segnato le vite dei videogiocatori di tutto il mondo e ha impostato uno standard non indifferente per lo sviluppo dei videogiochi e la riconoscibilità del medium. In particolare grazie agli ultimi, bellissimi, ma criticatissimi, capitoli.
Origins, Odyssey e Valhalla compongono la trilogia prequel. Con questi giochi, infatti, sono state colmate tantissime lacune legate alla nascita della confraternita degli assassini e all’ordine dei templari. Purtroppo, come spesso accade, in tanti hanno perso interesse per la saga proprio nel momento in cui è stato raggiunto il suo apice più alto. Per struttura narrativa, ma in particolare per un gameplay che (gli hater ci perdoneranno) ha raggiunto vette sopraffine in Valhalla. Non sappiamo se Shadows sarà all’altezza delle aspettative. Se dopo tutto questo tempo e tutte le voci di corridoio manterrà alta la qualità imposta con gli ultimi capitoli, ma quest’oggi il nostro intento è un altro. Analizzare i punti di forza, così come quelli negativi, di una trilogia che ha cambiato le sorti della serie. Dare lustro a dei giochi che si meritano di essere celebrati, ora più che mai.
Un passato glorioso. Un futuro incerto.
Nel 2013 arrivava sul mercato Black Flag portando inesorabilmente la serie a un’impasse. Per molti fan le avventure nei Caraibi di Edward Kenway diventarono iconiche e il gioco tra i migliori mai sviluppati. Purtroppo Ubisoft voleva sfruttare la sua gallinella dalle uova d’oro il più possibile sfornando Rogue, una copia del sopracitato capitolo, Unity, apprezzato solo dopo anni per la sua eccezionale ricostruzione storica di Parigi ma fiaccato da disastrosi bug, e il dimenticabile (e dimenticato) Syndicate. Gameplay macchinosi, attività trite e ritrite e narrazioni poco ispirate hanno acceso le ire dei fan e portato Ubisoft a ripensare la propria strategia.
Il problema principale degli Assassin’s Creed, prima della trilogia prequel, è sempre stato legato alla mancanza di una vera e propria innovazione nelle meccaniche di gioco. Ogni capitolo aveva qualcosa di diverso, sin dal primo con Altaïr, ma nel tempo iniziava a percepirsi una tale ripetitività e stanchezza generale che era necessaria una rivoluzione. Non era neanche il primo videogioco ad essere reimmaginato per diventare qualcosa di totalmente nuovo, vedasi God of War o Resident Evil. Ecco, quindi, che Ubisoft decise di assegnare lo sviluppo futuro agli studi di Montréal e di Quebec, permettendo loro di alternarsi (durante il supporto post lancio di un capitolo, l’altro team si sarebbe messo al lavoro su quello successivo e viceversa). Ma non poteva bastare per salvare il franchise. Era imperativo svecchiare la formula con una storia coinvolgente e un gameplay totalmente rinnovato. Era necessario fare un passo indietro, per compiere un balzo della fede in avanti. E così è stato con l’uscita di Origins.
Le nuove origini, per svecchiare la formula
Un padre affranto in cerca di vendetta. Una madre ammaliata da una regina. Tradimenti, cospirazioni, omicidi e il credo degli assassini che, passo dopo passo, viene delineato. Nascondersi alla vista, non uccidere innocenti e non compromettere la confraternita. E un motto che, solennemente, risuona nelle menti dei videogiocatori da più di un decennio: “Nulla è reale. Tutto è lecito“. L’era degli assassini ha inizio. O degli Occulti come vengono inizialmente chiamati. E lo fa con un gioco strabiliante, grazie a un’ambientazione mozzafiato (sì, anche le distese di dune hanno il loro bel colpo d’occhio) e un gameplay rinnovato.
Da quel momento in avanti il combattimento sarebbe diventato molto più simile ai cosiddetti soulslike, focalizzato su attacchi leggeri e pesanti, con l’uso dello scudo per eseguire parry e la barra dell’energia che, se esaurita, avrebbe impedito al giocatore di attaccare ulteriormente. Inoltre si trattava del primo vero Assassin’s Creed open world, con la ricostruzione di quasi tutto l’Egitto del periodo tardo tolemaico, costellato da accampamenti, dungeon e segreti da scoprire. Una vera e propria rivoluzione, come preventivato e pianificato, che ha segnato un successo smisurato e permesso alla serie di brillare ancora una volta. Assassin’s Creed era tornato e l’aveva fatto in grande stile.
Odyssey: un capitolo problematico
Come detto poc’anzi, la politica di Ubisoft per troppo tempo è stata quella di rilasciare un Assassin’s Creed all’anno (anche più di uno in alcuni casi), ma dal 2017 i due macroteam erano pronti a dividersi il lavoro, grazie anche alla formula live service. Un termine, questo, che i videogiocatori amano demonizzare, ma se ben implementato svolge un ruolo utilissimo per il gioco, come visto per l’appunto negli ultimi tre videogiochi della serie. Fornire supporto costante mediante l’uso di espansioni ed elementi aggiuntivi, permettendo così alla compagnia di continuare a guadagnare nel tempo e alle software house di sviluppare il capitolo successivo. Ma chi sono i creatori della trilogia prequel? Ubisoft Montréal ha un pedigree non indifferente, considerando che sono suoi i giochi fino al quarto ed è suo quell’Origins che ha dato nuovamente lustro agli assassini. Quebec, invece, si era precedentemente occupata solo delle espansioni e dello sfortunatissimo Syndicate, prima di mettersi al lavoro su Odyssey.
Ed è così che, dopo ben due grosse espansioni che portano a termine la storia di Bayek di Siwa, arriva il momento di Alexios (o Kassandra, in base alla scelta del giocatore). Purtroppo Odyssey non era esattamente ciò che ci si potesse aspettare. In molti lo hanno chiamato l’Assassin’s Creed senza gli assassini ed effettivamente è vero, ma solo perché se Origins vuole spiegare l’origine della confraternita, il suo successore torna ancora più indietro nel tempo fino alla guerra del Peloponneso per narrare la formazione dell’Ordine degli Antichi (in seguito conosciuti come Templari). Lo fa con una trama sfilacciata, troppo lunga e confusionaria e con archi narrativi che potevano essere portati a termine in modo maldestro, fornendo spoiler sul resto della storia. Interessante la scelta di renderlo un semi gioco di ruolo, inserendo risposte multiple e le scelte, anche se non sempre funzionali. Il gameplay era solido e sfruttava l’utilizzo di speciali poteri attraverso l’uso di una ruota delle abilità. Un sistema comodo e divertente che, tuttavia, non aiutava quando ci si ritrovava a esplorare una mappa open world davvero troppo dispersiva, con pochissimi punti di viaggio rapido, posizionati male e con attività fin troppo simili le une con le altre.
L’aggiunta di eventi speciali come un’arena, di un piglio più disteso e spassoso, in controtendenza con il dramma shakespeariano di Origins, e la possibilità di combattere i mostri della mitologia greca rendono l’esperienza di gioco molto più gradevole e meno tragica di quel che possa sembrare. Certo, non è conosciuto per essere il migliore tra gli Assassin’s Creed e per un buon motivo, ma riesce a portar via ai giocatori un buon centinaio di ore e lo fa con una forza e una sagacia inaspettati. Un videogioco così problematico sarebbe dovuto essere un duro colpo per la compagnia, che tanto aveva sacrificato per la nuova linea d’azione dei suoi team, ma come ogni capitolo, anche Odyssey è stato un successo commerciale.
Valhalla: il vero capolavoro
Se Origins è stato un inizio sfolgorante, con un gameplay rinnovato pur non tradendo il suo passato, e Odyssey si è focalizzato sul gioco di ruolo più che sull’action narrativo, Valhalla ha sviluppato al meglio questi punti di forza e si è imposto come il vero capolavoro. La storia è semplice, ma efficace. Un orfano parte all’avventura con il fratellastro per colonizzare un’altra terra e si ritrova immischiato in una guerra secolare. Eivor è un personaggio forte, capace, carismatico e affascinante. Un leader nato, con un’ombra oscura che aleggia dentro di lui e un destino avverso che preannuncia tradimenti in famiglia. Il suo arco narrativo è incredibilmente e inaspettatamente profondo, in grado di lasciare un segno nella mente e nel cuore dei giocatori. E non solo il suo. Ogni personaggio dell’accampamento diventa parte della famiglia. Si ride insieme durante un banchetto. Si sanguina insieme in battaglia. Si piange insieme quando un comprimario raggiunge Odino nel valhalla. E non mancano i colpi di scena. Anche, e soprattutto, quelli che non tutti sono riusciti a comprendere. Come quel fine collegamento con l’ormai lontanissimo Assassin’s Creed II.
Un altro aspetto che stupisce è il mondo di gioco. Il viaggio di conquista del protagonista porta il giocatore a esplorare il Regno Unito nella sua interezza e non solo. Considerando anche le espansioni, che aggiungono centinaia di ore di gioco, si contano ben 10 mappe open world nelle quali ogni regione presenta le sue particolarità e i suoi segreti. È un vero piacere esplorare e perdersi nelle distese bucoliche dell’Inghilterra facendo molta attenzione a ogni più piccolo dettaglio fuori posto. Si potrebbe trovare l’accesso a dungeon, cripte o tombe. Queste ultime ricordano tantissimo quanto visto in Tomb Raider, tra enigmi e trappole mortali. Molti segreti sono estremamente difficili da trovare, come alcune armi leggendarie. E a proposito di armi, è lì che è stata messa in atto la vera rivoluzione.
Arma a destra, arma a sinistra
Il combat system è eccelso, simile a quanto visto in Origins tramite l’uso attento dell’energia, della salute e degli attacchi, e i poteri, come quelli di Odyssey, permettono di aggiungere quel pizzico di divertimento in più. Tuttavia il fiore all’occhiello è l’uso delle tante armi in dotazione. Se in passato si potevano equipaggiare solo quelle prestabilite, o poche varianti, e tutte senza alcuna variazione nei movimenti, in Valhalla si possono imbracciare 12 differenti tipologie di armi, dalle asce ai mazzafrusti, ognuna con il proprio specifico move set. E non solo, perché quest’ultimo cambia se ne viene equipaggiata una con la mano destra o con la mano sinistra e addirittura in base a come si predispone il dual wielding (altra rivoluzione per la serie). Per fare un semplice esempio: se si seleziona nella mano destra una lancia e nella destra uno scudo, il movimento di ogni colpo sarà totalmente differente rispetto all’uso di lancia e ascia o ancora di un’ascia e un martello. E queste ultime cambieranno ancora se le si scambia di mano. È anche possibile usare due scudi a torre insieme, concatenando combo uniche. Questo sistema rende il gameplay estremamente vario, profondo e stratificato, permettendo al giocatore di divertirsi in ogni modo possibile ed evitando che le mappe sconfinate possano andare a noia (come visto in Odyssey).
Insomma con un gameplay mai così solido e divertente, una mappa ricchissima di cose da scoprire e una trama avvincente che porta gli Occulti e gli Antichi ad assumere a tutti gli effetti il nome di Assassini e Templari, Assassin’s Creed Valhalla è un vero e proprio capolavoro. E non dimentichiamoci di menzionare il lunghissimo supporto post lancio dato al titolo, con eventi ad hoc, dlc totalmente gratuiti e mastodontiche espansioni. Tra queste ci sarebbe anche il disastroso Mirage, che doveva far parte del gioco ed è diventato prima stand alone e poi un capitolo a sé. Nato a causa delle critiche mosse dai nostalgici che, lamentando una mancanza di linearità e una struttura dispersiva, volevano tornare al passato. Ubisoft ha, così, svolto un esperimento pigro per far rivivere le antiche glorie… e gli antichi problemi. Forse, però, l’azienda è stata più furba di quanto ci si possa aspettare. Ha ricordato a tutti perché i vecchi capitoli erano così macchinosi e problematici e perché avessero bisogno di quel rinnovo messo in atto da Origins e portato a pieno compimento con Valhalla.
Shadows: un nuovo futuro
Con Shadows che, nonostante i problemi nello sviluppo, arriva sul mercato ha inizio un nuovo futuro. Un futuro incerto, senza ombra di dubbio. Sarà all’altezza delle aspettative? Sarà un capitolo veramente bello? Se non avrà il successo sperato rappresenterà la pietra tombale per Ubisoft. Se lo avrà potrebbe salvarla dal fallimento e dalla vendita. Ricordiamo che i fan della serie aspettano, e chiedono a gran voce, un gioco ambientato nel Giappone feudale dai tempi della trilogia di Ezio. Ci sono voluti ben 10 anni perché venissero accontentati. Va, inoltre, ricordato che ogni capitolo viene sviluppato durante il supporto del precedente. Perciò i creatori di Shadows sono gli stessi di Odyssey, ma sospettiamo che abbiano imparato la lezione e che i fan potranno mettere le mani su un titolo migliore rispetto a quanto visto in Grecia (e già dalle prime reazioni della stampa internazionale così sembra).
In ogni caso sappiamo che, come per i tre predecessori, avrà bisogno di tempo per sedimentare e per essere supportato nel migliore dei modi. E soprattutto che, come ogni capitolo della serie, venderà. E probabilmente anche tanto. Perché nonostante le critiche e i giocatori in rivolta, Assassin’s Creed resta una delle proprietà intellettuali più forti nella storia dei videogiochi. Perché ci cala in meravigliosi contesti storici da esplorare: le crociate, l’Italia rinascimentale, l’America e la Francia rivoluzionarie, gli insidiosi Caraibi, l’Egitto tolemaico, la Grecia Peloponnesiaca e l’Inghilterra medioevale. Permette di vivere la vita dei nostri avi, di chi ci ha lasciati ed è diventato polvere. Di ricordarli. Sentirli. Di percepire una realtà che non esiste più con una cura storica ricca di dettagli. Per gettarci in un’esperienza nella quale noi, i giocatori, abbiamo piena libertà delle nostre scelte. Perché Assassin’s Creed è un monito. Ci ricorda di vivere appieno finché non diventeremo anche noi polvere. Perché nulla è reale. Tutto è lecito.
E poi non prendiamoci in giro. È divertentissimo scalare i monumenti!