Tra le tante serie di videogiochi occidentali che hanno contribuito a modellare l’industria dei videogiochi, Fallout è sicuramente una delle più importanti. La serie, composta da giochi di ruolo post apocalittici, è stata lanciata nel 1997 ed è frutto delle menti di Interplay e Black Isle Studios, rispettivamente editore e team di sviluppo. Dopo un lungo periodo di pausa, dovuto al fallimento dietro le realtà che avevano dominato il gaming su PC degli anni ’90, la serie è improvvisamente tornata grazie a un accordo con Bethesda Game Studios e Zenimax, che ha acquisito i diritti del franchise. Sotto la guida di Todd Howard, producer e game director oltre che presidente di BGS, Fallout ha avuto un secondo percorso, non privo di incidenti e di aspre critiche, ma che ha saputo sconfinare oltre il mondo dei semplici giochi per computer e console, ritagliandosi uno spazio praticamente in ogni aspetto della cultura pop. Già, perché oggi le storie del Lone Wanderer, di Dogmeat e le cronache delle Wasteland non sono più solamente esclusive di un pad o di mouse e tastiera, no, ma di chiunque abbia un’inclinazione naturale verso il mondo del gioco. Perché la guerra non cambia, ma Fallout sì.

Da RPG a… tutto ciò che vogliamo

Lone Wanderer e Dogmeat

Di acqua sotto i ponti ne è passata davvero tanta da quando Black Isle Studios pubblicò il primo capitolo di Fallout. Se è vero che nella lore del gioco la guerra non cambia, in realtà la serie ha subito un enorme mutamento a livello di gameplay, di grafica e ovviamente di scelte stilistiche. Tutto è cominciato con la realizzazione del terzo capitolo: per la prima volta, il franchise aveva abbandonato una visuale isometrica, in favore di un gioco completamente in 3D, ricco di dettagli e con una telecamera in prima o terza persona, completamente a scelta dell’utente. Fallout 3 era un gioco di ruolo, scritto più o meno bene, sviluppato in maniera quasi impeccabile, che arrivava dagli autori di Oblivion e Morrowind. C’erano tutte le carte in regola per fare bene e così fu. La ricezione del pubblico fu incredibile, con quasi 5 milioni di copie vendute in appena una settimana.

Passano gli anni. Ne passano sette per l’esattezza e ci troviamo al 2015. È qui, in questo preciso momento, che Fallout cambia per sempre. Bethesda è reduce da The Elder Scrolls V: Skyrim e lancia il quarto capitolo della serie post apocalittica e sì, a differenza della guerra, ancora una volta la storia delle Wasteland è cambiata per sempre. Fallout 4 segna infatti uno spartiacque importante per la serie e per il franchise. Il gioco abbandona leggermente quel sistema RPG e diventa un gigantesco giocattolo vuoto, aggiungendo elementi come il crafting, il base building, la possibilità di interrompere i dialoghi. Alcuni vedono di cattivo gusto questa scelta, altri invece la applaudono. La verità è che il quarto capitolo ha aperto le porte a una serie di prodotti che sono andati oltre la semplice esperienza videoludica e ha offerto le Wasteland a una serie di giocatori che non avevano nulla a che spartire con una console o un PC. È da dopo il 2015, infatti, che i prodotti della serie a tema cominciano ad affacciarsi sul mercato. E sono uno più bello dell’altro.

Giocare tutti, per giocare di più

Miniature di Fallout Wasteland Warfare

Ci sono diversi modi per sperimentare l’esperienza di Fallout. Man mano che la serie diventata sempre più popolare grazie a Bethesda, sempre più editori e sviluppatori hanno deciso di affacciarsi alla finestra e provare a convincere Pete Hines e i massimi dirigenti del team di sviluppo a concederli le licenze necessarie per lo sviluppo di esperienze diverse. E Bethesda, che non è un ente di beneficenza ma deve guadagnare il più possibile da qualsiasi brand, ha ovviamente accettato. In un colpo solo si è creato un mercato parallelo di esperienze, tutte quante radicalmente diverse ma con un obiettivo in comune: giocare di più e in modo diverso.

Il primo gioco a vedere la luce è il tabletop chiamato semplicemente Fallout. Lanciato nel 2017 (in Italia probabilmente è arrivato l’anno successivo), si tratta di un board game che può essere giocato in singolo o in cooperativo. Non c’è bisogno di recuperare i dati di vendita per scoprire che è stato un successo: edizioni in tutto il mondo e un’espansione testimoniano come il titolo abbia conquistato una discreta fetta di pubblico. Chiaramente non poteva finire qui: un solo gioco in scatola non poteva bastare. E così, Modiphius bussa alle porte di Bethesda, proponendo un’idea: un wargame di Fallout, a schermaglie. Con le miniature, ovviamente. Pochi hobby estremamente “nerd” come le miniature sono in grado di costare così tanto e nel 2018 nasce Fallout: Wasteland Warfare. Appunto, un gioco a schermaglie, con una serie di espansioni decisamente costose. Paradossalmente, è proprio quest’ultimo a ottenere un supporto ancora maggiore, seppur limitato al mercato statunitense. I regolamenti non sono mai stati tradotti in italiano o in altre lingue e i set di espansione sono davvero tanti, con la possibilità di acquistare anche i file STL per poter stampare a casa gli scenici. Modiphius ha anche lavorato a un’espansione RPG, con un rulebook che trasforma la sua produzione da wargame a gioco cartaceo.

Fallout non finisce qui. Troviamo successivamente anche un altro gioco da tavolo, questa volta ispirato al gestionale Shelter, oltre che un vero e proprio gioco di ruolo cartaceo, con un sistema di regole diverso rispetto a quello di Wasteland Warfare. Senza poi dimenticarci della companion app del quarto capitolo, delle riproduzioni del Pip-Boy e di una serie di gadget completamente inutili ma che appagano sempre il nostro senso di appartenenza al franchise. Tra le riproduzioni della Funko fino ai box set più lussuosi ispirati a New Vegas, il franchise creato da Brian Fargo è diventato un fenomeno a livello globale, che ha conquistato anche Amazon, che sta producendo una serie TV proprio ispirata al brand. C’è però un qualcosa che accumuna tutto questo. Ed è il quarto capitolo. Tutti i prodotti collaterali che hanno debuttato sul mercato hanno infatti un unico filo conduttore, ovvero la Boston videoludica e post apocalittica di Bethesda. Tutti i giochi hanno come ambientazione la città, il board game non ha neanche una cover originale ma semplicemente la key art dell’ultimo gioco single player della serie. Perché è proprio il quarto capitolo ad aver dato così tante possibilità al franchise di espandersi e l’ha reso, volente o nolente, una sorta di Skyrim in miniatura.

Quale futuro per Fallout?

un'immagine della boston di fallout
Fallout continuerà a cambiare nel corso degli anni e tutti i processi produttivi porteranno a ulteriori cambiamenti anche negli altri giochi Bethesda. Che piaccia o no ai puristi del genere, c’è un unico elemento che va tenuto in considerazione: senza Todd Howard, senza Pete Hines e senza il loro fiuto imprenditoriale, la serie non sarebbe potuta uscire così bene dal suo habitat naturale e ci saremmo persi determinate esperienze, che tutto sommato non solo funzionano, ma riescono anche a coinvolgere i non fan del franchise. Ora dobbiamo solo decidere quale sarà la nostra prossima avventura o meglio, in quale iterazione delle Wasteland prenderà piede: sarà su console/PC oppure al tavolo da gioco?

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