Spazio, ultima frontiera….
La sera dell’otto settembre 1966 nelle case americane la voce del Capitano James Kirk invita il pubblico a imbarcarsi in un’avventura nel cosmo, alla ricerca di nuove forme di vita e nuove civiltà. Inizia così il mito di Star Trek, una delle serie sci-fi più amate e longeve, capace di trascendere il mero ruolo di intrattenimento e di farsi portatrice di una vena critica della società americana.
Sono trascorsi oltre cinquant’anni dalla prima puntata di Star Trek. Anni durante i quali la Flotta Stellare e la Federazione Unita dei Pianeti hanno vissuto innumerevoli avventure, conquistando il grande schermo ma rimanendo sempre fedeli al proprio spirito di esplorare non solo lo spazio, ma anche il nostro presente.
Nuovi, strani mondi

Ripensando all’esordio di Star Trek, sembra impossibile che una serie avesse osato sfidare la società americana del periodo, in uno dei momenti più delicati della seconda metà del ‘900. Gli americani stava uscendo lentamente dal clima di caccia alle streghe del maccartismo, la guerra fredda era una realtà consolidata e le lotte per i diritti civili della popolazione afroamericana era in pieno fermento.
In questa congiuntura sociale, la fantascienza era solitamente venata da un pessimismo e da un sottotesto inquieto che rispecchiava questo clima. L’alieno era sempre l’incarnazione del nemico (basti pensare a film come L’Invasione degli ultracorpi) e la scienza era vista più come un pericolo che una potenzialità. Se il futuro veniva raccontato, insomma, non era particolarmente positivo, ma sempre sporcato dalla paura di una tragedia imminente.
Forse per questo Gene Roddenberruy decise di cambiare le regole del gioco, mettendo a comando di un’astronave un equipaggio multietnico, composto da uomini e donne con uguali diritti, con cui sfidare le asprezze della quotidianità statunitense. Roddenberry intendeva rivoluzionare la fantascienza televisiva, orientandola verso un pubblico adulto e proponendo una visione ottimistica del futuro, in cui l’umanità potesse imparare dai propri errori per ottenere una società migliore.
Inizialmente, quell’ultima frontiera nella sua visione si ricollegava alla frontiera per eccellenza, il West, tanto che il primo embrione della futura Star Trek era stato battezzato Wagon Trains to the Stars. Un processo creativo complesso, reso ancora più arduo dall’uscita di una serie come Lost in Space, che rese la realizzazione di Star Trek difficoltosa. Eppure Roddenberry non si arrese. Quando il pilot di Star Trek, The Cage – noto come Lo zoo di Talos -, venne rifiutato, non si arrese ma cambiò radicalmente il suo approccio. Quello che allora sembrò un empasse, divenne il tassello finale per arrivare alla creazione di un cult seriale divenuto storia.
Il viaggio conta più della meta
“Siamo nello spazio profondo, su un’astronave che possiamo immaginare come un incrociatore. Non conosciamo quale sia la sua fonte di energia, ma non voglio vedere scie di fiamme. Niente fumo, niente prese d’aria, scarichi di razzi o roba del genere. Deve essere un’astronave da esplorazione nello spazio profondo, capace di operare in tutta la galassia.” – Roddenberry
Con queste parole, Roddenberry immaginava l’Enterprise, la nave simbolo di Star Trek. Nome ricorrente in gran parte delle serie della saga, l’Enterprise non era solamente un mezzo ma un vero e proprio laboratorio sociale.
Basti pensare a come la presenza di un’ufficiale di colore, Nyota Uhura (Nichelle Nichols), venne riconosciuta come una vittoria persino da Martin Luther King. Tanto che quanto la Nichols era intenzionata a lasciare il ruolo, fu lo stesso King a convincerla a non rinunciare a quello che era diventato un simbolo, un’ispirazione.
L’evoluzione stessa della funzione della nave rispecchia il modo in cui Star Trek ha raccontato il nostro tempo. Se nella Serie Classica (TOS) era ancora una nave da battaglia, in The Next Generation ospitava scuole e famiglie. Questo perché nella sua evoluzione, il futuro di Star Trek recepisce le sensazioni del presente per mutuarle nel racconto fantascientifico.
James Kirk era figlio di un periodo di guerra fredda per la Federazione Unita dei Pianeti, con nemici del passato che tornano e nuovi avversari che non mancano di premere ai confini. La paura del nemico è forte in questo periodo, la sensazione di sfiducia verso l’altro emerge in più occasioni, come nello spettacolare episodio La Navicella Fantasma (Balance of Terror), dove la scoperta che gli odiati romulani e gli alleati vulcaniani condividono un’origine comune scatena un’ondata di preoccupante odio verso Spock.
Tensioni sociali che vengono meno in The Next Generation, che arriva sul finire della guerra fredda. Un clima diverso, dove agli scontri si preferisce la via del dialogo, della diplomazia. Jean-Luc Picard non è un combattente ma un abile diplomatico, le storie degli episodi si concentrano maggiormente sull’esplorazione del sé e con una presenza meno marcata dello scontro col nemico.
Per arrivare coraggiosamente…

Fondamentale nell’evoluzione di Star Trek è l’arrivo di Deep Space Nine. Anziché portare ogni puntata i protagonisti in un luogo diverso, si crea una dipendenza tra personaggio e luogo, inserendo un punto a favore della serie: la responsabilità delle azioni. Per essere un franchise in cui si parla molto di responsabilità morali e di far la cosa giusta, prima di Deep Space Nine i protagonisti di Star Trek avevano il lusso di non dover affrontare direttamente le conseguenze delle proprie scelte.
Ambientando la storia su una storia spaziale, invece, si ribalta questo concetto, andando a creare una diretta sinergia tra azione e conseguenza. Ogni decisione viene quindi vissuta pienamente, nessuno può sfuggire alle proprie responsabilità, consentendo agli sceneggiatori di affrontare con maggior sicurezza temi di grande impatto, come sanità mentale e religione.
Esperienze facilmente esperibili dagli spettatori, che vengono attirati in un mondo che fa del futuribile la sua essenza. Contrariamente ad altri cult del genere come Star Wars, Star Trek lascia la sensazione di essere un futuro possibile, non così lontano. Tanto che alcune delle fantascientifiche tecnologie viste in Star Trek sono divenute realtà, come smartphone e visori di realtà aumentata. Ma se tecnologicamente la saga creata da Roddenberry ha invaso la nostra quotidianità, a renderla tanto amata è stata la sua capacità di ritrarre con cura il mondo di oggi.
Anche serie più recenti, come Picard o Strange New World, mostrano di avere ancora quella sensibilità di guardare all’interno del mondo di oggi, per renderlo il punto di partenza di una speranzosa visione del futuro. Perché possiamo scontrarci coi Borg, farci stuzzicare da Q o lanciarci a velocità curvatura verso la seconda stella a dritta, poi dritti fino al mattino, ma dietro ogni avventura di Star Trek avremo sempre quello spirito indomito che ci porterà dove nessun uomo è mai arrivato prima.