Nella rappresentazione televisiva finalmente si sta cominciando a parlare sempre di più di salute mentale. Quella “cosa” astratta che per qualcuno non esiste, è frutto di fantasia, di persone deboli, incapaci ad affrontare la vita. Quella vita che, in fondo, è dura per tutti. E di fatto, se stai male, la colpa è tua, solo tua. La malattia è solo nella tua testa, non esiste. In realtà questo è quello che ha pensato Daniele per tanto tempo, scoprendosi ancora più sconvolto e turbato nel risvegliarsi in un reparto psichiatrico per sottoporsi al TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) a seguito di una crisi psicotica dove ha aggredito il padre e la madre. Ed è così che noi iniziamo la recensione di Tutto Chiede Salvezza, di cui abbiamo visto i primi due episodi.
In arrivo su Netflix dal 14 Ottobre, proprio nella settimana della salvaguardia della salute mentale, la serie tv è tratta dall’omonimo romanzo autobiografico di Daniele Mencarelli, Premio Strega Giovani 2020, ed è un viaggio di una sola settimana all’interno di un reparto dove persone che, apparentemente, non hanno nulla in comune e si ritrovano a condividere una camerata, dove consumano angosce, paranoie ma anche speranze.
Sette giorni non facili dove c’è chi resta. C’è chi va. C’è chi rimane in perenne attesa o viene parcheggiato da una parte all’altra perché “è il problema di nessuno”. Malati invisibili che come fantasmi infestano un reparto un po’ lasciato a se stesso e dove i pregiudizi, gli stereotipi e il senso giudicante di chi viene da fuori è sempre vigile, sempre violento. Incapace di ascoltare. Incapace di comprendere.
Non è facile parlare di salute mentale, ma lo si deve fare. In un mondo dove la televisione e i format televisivi sono diventati uno dei veicoli più forti di messaggi e rappresentazione, una storia come quella di Daniele merita di essere raccontata, nei suoi alti e nei suoi bassi. Merita di essere vista soprattutto da chi finge di non vedere e non solo da chi si sente sbagliato. La domanda non è mai “cosa c’è che non va in me?”; e no, non saranno di certo i “stai tranquillo che ora passa”, “ma sorridi un po’ che c’è di peggio”, “ma perché devi stare sempre male”, ad aiutare qualcuno che in quel momento ha bisogno di un supporto emotivo, di un vero supporto umano e non di una sequela di luoghi comuni e frasi a cui vorremmo solo rispondere con un “e grazie al…”.
Per fortuna, pensare a serie TV come Ted Lasso o la recentissima The Bear ci fanno capire che, in contesti estremamente differenti e generalmente rappresentati in modo patinato, il dibattito sulla salute mentale è aperto, è caldo e pronto per essere esplorato.
Tutto chiede salvezza
Genere: Drammatico
Durata: 7 episodi – 45 minuti
Uscita: 14 Ottobre 2022 (Netflix)
Cast: Federico Cesari, Andrea Pennacchi, Vincenzo Crea, Lorenzo Renzi, Vincenzo Nemolato, Alessandro
Pacioni, Fotinì Peluso, Ricky Memphis, Carolina Crescentini, Filippo Nigro.
Trama: il primo passo è chiedere aiuto
La trama di Tutto Chiede Salvezza segue la storia di Daniele Cenni (Federico Cesari), un ventenne che muove i suoi primi passi nel mercato immobiliare più come lavoro di passaggio che come vera e propria aspirazione per il futuro. Effettivamente Daniele sembra non avere hobby, passioni, desideri precisi. Semplicemente tutto gli sembra troppo. Ogni emozione gli sembra troppo. La vita gli sembra troppo.
Eppure questi sono pensieri che Daniele tiene costantemente per sé, fino a quando un evento non lo porta a crollare completamente, cedendo a una crisi psicotica e risvegliandosi, confuso e privo di memoria sugli eventi della notte precedente, nel reparto psichiatrico di un ospedale in compagnia di cinque improbabili personaggi. Ognuno con la sua storia. Ognuno con il suo modo di vedere il mondo.
La reazione di Daniele è di rigetto e paura, incapace di accettare il luogo, i compagni di stanza, ciò che ha fatto e l’obbligo a dover restare lì per sette giorni. Sette interminabili giorni. Cosa c’entra lui con quella gente? Lui non è pazzo. Perché i genitori non lo tirano fuori di lì? Perché suo fratello e sua sorella sono così freddi nei suoi confronti? Perché gli amici non vengono a cercarlo?
La negazione è il primo processo di elaborazione attuato dalla nostra mente nei confronti di qualcosa che non voglia accettare ma che, in fondo, è presente in noi. Una negazione che in Daniele si fa nelle prime ore più feroce, poi più tranquilla, poi ritorna con ancora più forza. Non comprende quella condivisione forzata. Non comprende quel “di fare tutta l’erba un fascio”. Esattamente come la società gli ha insegnato, lui si sente superiore, lui con i pazzi non ha nulla da spartire. Lui non è pazzo! Ma cosa vuol dire essere pazzo? E, soprattutto, la salute mentale può ridursi solo all’essere pazzi o non essere pazzi?
Il percorso di Daniele parte esattamente da qui, ma questa che inizialmente sembra una vera e propria prigione, un’ingiusta punizione che lo farà diventare pazzo, si tramuterà in un percorso di accettazione, liberazione e guarigione. Il primo passo? È sapere di dover chiedere aiuto e non avere paura di farlo.
Alla scoperta di se stessi
Scendendo nel dettaglio di questa recensione dei primi due episodi di Tutto Chiede Salvezza, ci troviamo di fronte a una serie piuttosto semplice. Sette giorni per sette episodi. Quasi un unico ambiente, quello claustrofobico del reparto. Una sola stanza dove dormire e mangiare. Una dove ricrearsi e guardare un po’ di televisione con sigaretta concessa ogni tre ore.
Un luogo dove la privacy non esiste e, come dicevamo prima, i personaggi si muovono un po’ come anime erranti. C’è chi non lascia mai il suo letto, c’è chi ricerca approvazione dagli altri e c’è chi, come Daniele, continua a guardarsi intorno smarrito, confuso e sulla difensiva. Una difensiva dalle sfumature più aggressive, soprattutto in relazione al rapporto con gli altri pazienti. Indubbiamente, Tutto chiede salvezza pur partendo dal personaggio di Daniele, è una serie TV dal respiro più corale e basata per lo più sui suoi interpreti.
Emozioni reali e sincere. La serie TV nei primi due episodi ci dà un primo contatto con questo mondo. Spesso utilizzando situazioni anche ridondanti, per poter amplificare quel senso di frustrazione ed esasperazione che aleggia su Daniele. Un ruolo sicuramente non semplice per Federico Cesari, anzi decisamente viscerale ed emotivamente provante. Il suo Daniele vorrebbe essere qualcun altro pur di non essere se stesso e per oltre vent’anni della sua vita non l’ha mai ammesso, non ha mai parlato, sempre per paura di non essere capito, di essere giudicato, allontanato, considerato un matto. Eppure, in questo caso, Daniele tocca davvero il fondo, spingendosi oltre i suoi limiti prima di comprendere il bisogno essenziale del chiedere aiuto. Tra l’altro, con una consapevolezza non di certo immediata e che, sicuramente, vedremo crescere nel corso della serie TV.
Cesari è molto abile nel restituirci questo tipo di emozioni che non sono facilissime da maneggiare, anzi. Riesce a entrare in un personaggio, portandosi l’ombra di una doppia responsabilità: non solo quella del rischio dello stereotipo legato alla salute mentale, ma anche quella di interpretare l’autore su cui questa storia è basata e che, come il protagonista della serie, quell’esperienza l’ha realmente provata sulla sua pelle.
Il Daniele di Federico Cesari usa l’arroganza e la rabbia per sfuggire al suo percorso. L’allontanamento per non affrontare la realtà, spesso riversando quella parte di se stesso che non tollera nei confronti degli altri, per poi fare sempre un passo indietro, chiedere scusa, sentirsi amareggiato, perso e più che mai bisognoso di un volto amico.
E in quel reparto di volti amici ce ne sono molti più di quanti lui stesso possa immaginare; come l’esuberante Gianluca di Vincenzo Crea, in bilico tra due mondi, amichevole con tutto e con tutti, alla ricerca della sua favola perfetta e con l’obiettivo di fungere da “elemento magico” nella vita degli altri, anche se il suo attaccamento morboso, risultante fastidioso in prima battuta per gli altri, altro non è se non il suo meccanismo di difesa nei confronti di un mondo che per troppo tempo l’ha mangiato e risputato fuori. O anche il maestro Mario (Andrea Pennacchi), un vero e proprio mistero che prova a fare da mentore, mediando con la sua esperienza nel gruppo; o ancora il gigante buono Giorgio (Lorenzo Renzi) o l’imprevedibile Madonnina (Vincenzo Nemolato).
Non abbiamo avuto ancora modo di scoprire questi personaggi fino in fondo, per ora solo correlati a Daniele e posti in funzione delle sue dinamiche, creando comunque un piacevole scambio e dinamismo tra di loro, ma è sicuro che troveranno più spazio all’interno dei prossimi episodi.
Uno smalto ancora troppo fiction
Fermo restando che siamo solo all’inizio di questo viaggio e le premesse portate avanti da Tutto Chiede Salvezza ci sembrano più che soddisfacenti, soprattutto legate al tipo di storia raccontata e rappresentata, con un linguaggio e una serie di situazione il più vicino possibile alla realtà, la resa su schermo non convince al 100%.
Difficile buttare giù il retaggio “mamma Rai” che ci trasciniamo dietro da troppo tempo e che, saltuariamente, continua a fare capolino anche nella messa in scena di prodotti legati alla serialità streaming delle grandi piattaforme. Certo, non abbiamo assolutamente quell’effetto fastidiosissimo patinato tipico della fiction Rai, eppure c’è ancora qualcosa di meccanico, di poco scorrevole nelle immagini che si alternano su schermo.
Per quanto riguarda i primi episodi, la regia appare poco ispirata, senza quel guizzo artistico che permetta alla serie di essere realmente esaltata anche per le immagini e non solo per il (fondamentale) contenuto. Se la serie fosse in prima serata su Rai 1 o in streaming su Netflix, non farebbe poi chissà quale differenza. È un problema questo? Sni. O meglio, lo è nel momento in cui vuoi allargare la tua platea di spettatori nei confronti di una serie TV che racconta la storia di molti invisibili, o persone che si sentono tali, e lo fai con un linguaggio visivo che, invece, allontana proprio quella fetta di pubblico.
Ci auguriamo che la serie possa continuare a crescere, non solo nello sviluppo di Daniele e dei suoi compagni e dal punto di vista emozionale, ma anche dal punto di vista scenico. Più trasportata. Ancora più sincera. Più vicina a un linguaggio audiovisivo che meno sappia di vecchi retaggi televisivi.
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La recensione in breve
Nel suo prologo, Tutto Chiede Salvezza si presenta come un vero e proprio viaggio, quello di Daniele alla ricerca di se stesso e della sua libertà. Un percorso che nasce dalla negazione e arriva alla consapevolezza del disturbo, del bisogno di chiedere aiuto e far decadere lo stigma, lo stereotipo, l'invisibilità nei confronti della salute mentale. Un inizio interessante, forse non perfetto e con qualche scivolone in regia più da fiction, ma che potrebbe aprire la strada anche in Italia per l'esplorazione di storie più vere e attuali.
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Voto ScreenWorld