Negli ultimi anni sul Web hanno imperversato podcast di genere true crime. Basti pensare a titoli come Elisa True Crime, Indagini o Demoni Urbani sempre ai primi posti nelle classifiche, anche se il padre di questo genere in Italia è stato Carlo Lucarelli con Blu notte prima e Profondo Nero poi. Le serie true crime hanno la stessa fascinazione di un libro giallo o un thriller, ma è quando leggiamo la formula “tratto da una storia vera” che il nostro interesse aumenta.
Come molte serie televisive Monsters soddisfa il voyerismo e la curiosità (quasi morbosa) di tanti spettatori. Divoriamo queste storie perché vogliamo conoscere la risposta alla fatidica domanda: “Perché lo ha fatto?”. E questo dipende dalla nostra incapacità di credere che i crimini più efferati siano spesso commessi dalle persone comuni. Siamo indotti in questo errore da un certo tipo di narrazione, per lo più letteraria, che ci ha sempre raccontato la figura del criminale dall’aspetto mostruoso e ripugnante, ma ormai sappiamo bene che non è così e l’assassino a volte può essere anche la persona più bella e ben vestita che abbiate mai visto.
Lyle e Erik Menéndez: ragazzi viziati o vittime incomprese?
La seconda stagione di Monsters cerca di rispondere proprio a questa domanda, raccontando una vicenda tanto drammatica quanto inquietante per cui anche nella realtà fu difficile prendere una posizione. Il 20 agosto 1989 Lyle ed Erik Menéndez uccidono i genitori, José e Kitty nella loro casa di Beverly Hills. Il padre con sei colpi di fucile di cui uno alla nuca che gli devastò mezza faccia e la madre con ben dieci colpi. Entrambi furono poi gambizzati, trattamento tipicamente mafioso. Inizialmente i due fratelli inscenarono il ritrovamento dei corpi chiamando la polizia e affermando di aver trovato i cadaveri martoriati dei genitori e di non sapere chi era stato. La scena del crimine e il contesto si rivelarono fin dal primo momento ambigui e anche se i due fratelli dissero alla polizia che per loro era un attacco mafioso, gli investigatori erano perplessi.
Si aprirono diverse piste, ma fu intorno al comportamento di Lyle ed Erik che la polizia si concentrò maggiormente. I fratelli Menéndez, infatti, nei mesi seguenti al delitto continuarono le loro vite come se niente fosse e, anzi, iniziarono a spendere molti soldi in rolex, automobili, feste e soggiorni costosi in hotel. Insomma era come se non fosse accaduto nulla, i due erano il ritratto del benessere di quegli anni, (ricordiamoci che era il 1989, capitalismo e apparenza fanno da padroni). A un certo punto però la festa finisce, i due fratelli vengono arrestati perché lo psicologo cui avevano raccontato ogni cosa li denuncia alla polizia. Dall’arresto fino a tutta la durata dei due processi che li hanno visti coinvolti Lyle ed Erik continueranno a dire di aver ucciso i genitori per legittima difesa. I due sarebbero stati vittime di abusi sessuali da parte del padre e avrebbero subito l’omertà della madre.
Una narrazione complessa, quasi un rompicapo
Vista la vicenda reale, la serie Netflix è quantomai difficile da seguire, perché la stessa cronologia dei fatti reali non viene rispettata. Siamo davanti a un mix di tutto ciò che è accaduto nel range di tempo tra il duplice omicidio e la sentenza. Tutto visto attraverso lo sguardo dei fratelli, ma senza dimenticare anche il punto di vista dei genitori. Da qualsiasi punto guardiamo la storia, però, staremo sempre a chiederci: “Chi sta dicendo la verità?”. Fin dalle prime immagini c’è qualcosa di stridente nel comportamento dei protagonisti. Genitori e figli sembrano avere personalità multiformi che si adattano a seconda della necessità. Sarà difficile riuscire a fidarci di ciò che stiamo vedendo, perché tutti sembrano recitare costantemente una parte. Un plauso va dato proprio agli interpreti, Nicholas Chavez e Cooper Koch in una grandissima prova attoriale sostenuta anche da due interpreti da oscar come Javier Bardem nei panni di José Menéndez la cui ambiguità e inquietudine ricordano molto Anton Chigurh di Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen e Chloë Sevigny nei panni di Kitty.
Il parricidio ai tempi dell’edonismo anni ‘80
Erik e Lyle sono la rappresentazione dell’edonismo anni Ottanta, di quel periodo in cui apparire era meglio che essere e in cui mostrarsi belli, in forma e ben vestiti era tutto. Gli autori hanno reso i protagonisti grotteschi, caricature degli originali con l’intento di ironizzare molto su alcuni dettagli della storia fino a ridicolizzare alcune situazioni, come il fatto che in prigione i fratelli si preoccupano di essere sempre in forma e Lyle in particolare di non rinunciare mai a indossare il suo parrucchino. Tutta la prima parte della serie, fino al quarto episodio ha qualcosa di molto disturbante. Nelle prime puntate, infatti, sembra di essere quasi dentro un film dei fratelli Coen.
Questa storia risveglia le nostre paure più profonde e in qualche modo è lo specchio di una società che forse non è mai cambiata. I personaggi sono sociopatici, insensibili e vacui, ogni loro emozione sembra finta. Questi esempi umani sono analoghi a molti personaggi di oggi, legati ai beni materiali e interessati solo all’apparenza. Inevitabile chiedersi cosa avrebbero fatto i Menéndez se avessero avuto a disposizione i social. Perché, allora, continuiamo a farci raccontare queste storie? Un motivo è che abbiamo bisogno di sapere che la nostra vita va bene e che accadimenti simili non potrebbero mai verificarsi a noi o al nostro vicino. Invece proprio storie come questa ci ricordano ogni giorno la banalità del male. Quale sia la verità lo sanno solo i diretti interessati, noi possiamo limitarci ad apprezzare un prodotto come Monsters perché ci mette alla prova facendo affiorare in noi sentimenti contrastanti, senza mai farci tirare un sospiro di sollievo.
E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo questo articolo insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!