Nel saggio Visual Pleasure and Narrative Cinema, Laura Mulvey sostiene che l’industria cinematografica e televisiva soffra di un enorme squilibrio in termini di prospettive di genere e discorso egemonico. Con schermi pieni di protagonisti maschili eterosessuali bianchi e una folla di uomini che lavorano dietro la macchina da presa, Mulvey spiega come il pubblico sia stato costretto a guardare film e televisione da questa prospettiva univoca. Vediamo però come la serie televisiva Buffy l’ammazzavampiri (1997-2003) abbia tentato di sovvertire un male gaze imperante.

In un mondo in cui i movimenti femministi sono circondati da contraddizioni, inimicizie e idee contrastanti, Buffy l’ammazzavampiri è una serie che intreccia importanti caratteristiche del femminismo della terza ondata – tanto nei suoi personaggi, quanto nella gamma di temi generali che la attraversano. Joss Whedon voleva prendere la vittima stereotipata del genere horror, la dead blonde che veniva così spesso uccisa in quel vicolo buio, e mettere in atto uno scambio in cui lei diventava l’eroe o meglio l’eroina – uccidendo il male invece di essere uccisa. Così facendo, avrebbe potuto facilmente cadere nella trappola di creare un’eroina apertamente sessualizzata, in stile Lara Croft.

Invece, ha realizzato una serie televisiva in cui 6 dei 12 personaggi principali erano donne – un cast proporzionato alla popolazione dell’epoca, in cui il 51% degli Stati Uniti era composto da donne. Rispetto ad altri programmi televisivi, con un cast composto in media dal 37% di donne, Whedon ha creato un cast femminile che le ragazze potevano guardare come modello di riferimento attraverso una prospettiva non orientata al genere maschile.

Fear, Itself

Una scena di Buffy l’ammazzavampiri – © 20th Century Fox Television

L’ethos femminile della serie non si limita esclusivamente al ruolo della cacciatrice di vampiri: la mitologia dello show presenta streghe, lesbiche, una dea infernale femminile e un demone che vendica le donne offese. Anche il personaggio di Willow, una delle amiche più care di Buffy, è un forte esempio di come vengano contrastati gli stereotipi di genere tipici della società occidentale. Willow ci viene presentata come esperta in campo scientifico e viene vista come una talentuosa hacker: tratti tipicamente attribuiti ai personaggi maschili. Ciò ha permesso al pubblico di rivalutare il concetto di femminilità. Nell’episodio 4 della quarta stagione, intitolato Fear, Itself, Willow afferma a Buffy di non essere la sua spalla, dimostrando che entrambe sono eroine a pieno titolo.

Nonostante tutto questo, un aspetto della trama che ha ricevuto critiche è il concetto di “Consiglio degli Osservatori”. Si tratta di una società di uomini il cui ruolo è quello di affermare il potere attraverso la propria conoscenza al fine di comandare e avere una leadership sulla linea delle Cacciatrici di Vampiri. Il Consiglio degli Osservatori impone una forma di apparato patriarcale da cui le Cacciatrici dipendono – problematico, in quanto il Consiglio sembrava essere la manifestazione del male gaze. Sebbene però la presenza del Consiglio degli Osservatori sia dominante nella serie, Buffy alla fine riesce a combattere il loro controllo, rifiutandosi di sottomettersi ai loro ordini. Vediamo come lo fa nell’ultima stagione della serie, la più apertamente femminista.

Un esercito di Potenziali

Una scena di Buffy l’ammazzavampiri – © 20th Century Fox Television

Nel corso dei suoi sette anni, la serie ha affrontato una gamma impressionante di problematiche contemporanee, dai pericoli del lavoro part-time sottopagato alle dinamiche della dipendenza e del recupero. Ma è significativo che l’ultima stagione di Buffy apporti un deciso ritorno ai principi fondamentali del femminismo. La settima stagione rifugge la sfuggente metafora e il gioco di parole tipico della sua evocazione dei demoni postmoderni, presentando invece un mostro che è (letteralmente) un nemico delle donne.

L’arco narrativo principale contrappone un antagonista amorfo, il Primo Male, alla Cacciatrice e al suo “esercito”, un gruppo che si è ampliato fino a includere tra le sue fila Cacciatrici “Potenziali” provenienti da tutto il mondo. Introducendo un’eredità matriarcale (e un’arma) precedentemente sconosciuta per la Cacciatrice, inscenando lo scontro finale della serie con un demone apertamente misogino e creando un male originale con una piattaforma chiaramente patriarcale, l’ultima stagione di Buffy alza considerevolmente la posta in gioco femminista della serie. Impossibilitato a prendere forma materiale, Il Primo Male impiega un ex predicatore divenuto agente del male di nome Caleb come suo strumento e suo vice. Caleb è, tra tutte le innumerevoli manifestazioni del male della serie, il più riconoscibilmente misogino.

Soprannominato “il Reverendo-Odio-Le-Donne” da Xander, Caleb è un mostruoso ma familiare rappresentante dell’oppressione patriarcale che propugna una pericolosa forma di sessismo sotto la copertura della cura pastorale. “Non lo farei se fossi in te, tesoro”, avverte Caleb rivolto a Buffy. Altre volte la chiama “piccola signora” e una volta anche “puttana”. La risposta di Buffy (dopo averlo preso a calci dall’altra parte della stanza) è quella di ridirezionare la condiscendenza e l’ipocrisia nascoste nella sua preoccupazione paterna: “Sai, dovresti davvero stare attento a come parli. Se qualcuno non ti conoscesse, potrebbe prenderti per uno stronzo che odia le donne”.

Una sola ragazza al mondo (?)

Una scena di Buffy l’ammazzavampiri – © 20th Century Fox Television

Rispetto ai demoni soprannaturali degli episodi e delle stagioni precedenti, la malvagità di Caleb potrebbe sembrare insolitamente antiquata o persino ridicola, ma i suoi successivi incontri con la Cacciatrice sottolineano il fatto che il suo potere è ancora più insidioso e virulento proprio per questo. Caleb tende di fatto una trappola che minaccia di spazzare via la stirpe delle Cacciatrici. Nel contesto narrativo, le sue convinzioni sessiste e, soprattutto, la loro inconscia interiorizzazione da parte della Cacciatrice e della sua cerchia, rappresentano la principale minaccia alla loro resistenza continua, organizzata e collettiva.

Esplorando le dinamiche dell’attivismo collettivo, l’ultima stagione di Buffy esamina le accuse di individualismo che sono state spesso rivolte al femminismo popolare contemporaneo. “Volete sapere cosa interessa alle giovani femministe chic di oggi?”, chiese Ginia Bellafante in un famoso articolo del 1998 per la rivista Time: “I loro corpi! Loro stesse!”. Una delle sfide più grandi che Buffy affronta nella settima stagione è negoziare le contrastanti esigenze di emancipazione individuale e collettiva. Intrappolata dalla mitologia propugnata dal Consiglio degli Osservatori che conferisce i poteri della Cacciatrice a “una sola ragazza al mondo”, Buffy si trova di fronte al formidabile compito di addestrare le potenziali Cacciatrici in attesa, che saranno chiamate a esercitare il proprio potere solo in caso di una sua dipartita. Nell’episodio “Potential”, Buffy cerca di radunare le sue truppe per la battaglia imminente:

Prima della battaglia…

“Le probabilità sono contro di noi. Il tempo è contro di noi. E alcune di noi moriranno in questa battaglia. Decidi ora che non sarai tu…La maggior parte delle persone in questo mondo non ha idea del perché sia qui o di cosa voglia fare. Ma voi sì. Avete una missione. Una ragione per essere qui. Non siete qui per caso. Siete qui perché siete le prescelte”. – Buffy

Questo senso di vocazione risuona fortemente nelle spettatrici che si sentono legate alla lotta per la giustizia sociale. Tuttavia, tale eroismo può ancora essere una battaglia solitaria piuttosto che collettiva. “In ogni generazione nasce una Cacciatrice. Una ragazza in tutto il mondo. Solo lei ha la forza e l’abilità…”. Ecco di nuovo quel concetto. Cosa sei, come morirai: sola.

Il mio potere, il nostro potere

Una scena di Buffy l’ammazzavampiri – © 20th Century Fox Television

Tali riferimenti chiariscono che la solitudine e l’isolamento fanno parte dell’eredità della Cacciatrice. Equilibrando i piaceri e il prezzo del suo status singolare, Buffy porta il peso della donna eccezionale. Ma la donna eccezionale, come hanno ampiamente dimostrato molti/e leader, tra cui Margaret Thatcher, non è necessariamente una sorella della causa.

Richiamando l’attenzione sul crescente isolamento della Cacciatrice, il Primo mette in luce la crisi politica che affligge la sua comunità, ma così facendo, inavvertitamente, allerta Buffy sulla fonte latente della sua forza, costringendola a rivendicare un legame che, ammette, “non mi era mai venuto in mente prima”. In un’inversione di rotta Buffy progetta di trasferire il potere della Prescelta, la donna singolare ed eccezionale, nelle mani delle Potenziali, per dare potere alla collettività. Nell’episodio finale della serie, Buffy si rivolge al suo esercito radunato nei seguenti termini: “In ogni generazione nasce una Cacciatrice, perché un gruppo di uomini morti migliaia di anni fa ha inventato quella regola. Dico che dobbiamo cambiare le regole. Dico che il mio potere dovrebbe essere il nostro”.

In quel momento, mentre il potere arcaico di una falce matriarcale recentemente recuperata viene strappato ai dettami patriarcali del Consiglio dei Guardiani, giovani donne di età, etnie, culture e background diversi percepiscono la propria forza, prendono il sopravvento e si ribellano ai loro oppressori. Nel trasferire il potere da un’adolescente californiana bianca e privilegiata a un gruppo di donne provenienti da contesti nazionali e socioeconomici diversi, l’ultima stagione di Buffy affronta la questione della diversità culturale che è stata al centro della teoria femminista della terza ondata.

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Ilaria Franciotti ha conseguito la laurea triennale in DAMS, la laurea magistrale in Cinema, televisione, produzione multimediale e il master in Studi e politiche di genere all’Università degli Studi Roma Tre. Si occupa di narratologia e drammaturgia del film, gender studies, horror studies, cinema e serie TV delle donne. Insegna analisi e storia del cinema e teoria e pratica della sceneggiatura. Ha collaborato con Segnocinema, è redattrice di Leggendaria e collaboratrice di The Post Internazionale, e ha scritto per diverse riviste di cinema (tra cui Marla e Nocturno). È autrice di Maleficent’s Journey (Il Glifo, Roma 2016), A Brave Journey. Il viaggio dell’Eroina nella narrazione cinematografica (Ledizioni, Milano 2021), ed è curatrice e coautrice di La voce liberata. Nove ritratti di femminilità negata (Chipiùneart, Roma 2021). Dal 2023 è curatrice del podcast Ilaria in Wonderland, interamente dedicato al cinema horror.