Facciamo un esperimento.
Provate a uscire di casa e a canticchiare: “Sasageyo! Sasageyo! Shinzou wo sasageyo!“. Qualcuno vi guarderà strano, qualcun altro vi eviterà, ma tanti altri si avvicineranno a voi, metteranno la mano destra sul cuore e l’altro braccio dietro e magari anche loro con gli occhi colmi di gloria vi diranno: “_Offrite i vostri cuori_”. Perché negli anni di rivalsa degli anime e dei manga, in concomitanza con i due lockdown, tutta la produzione animata proveniente dall’Asia corre su un filo di Arianna che ha come nodi. Eren Jaeger, Mikasa e Levi Ackerman, Erwin Smith e si conclude con un Teseo d’eccezione: Shingeki no kyojin; noto come “Attack on Titan” o “L’attacco dei giganti” nel Belpaese, anche se entrambe le traduzioni non soddisfano troppo i fan, ma se ne spiegassimo il motivo entreremmo nel campo degli spoiler. Tutte le belle storie hanno un inizio, molto spesso travagliato o fortunoso, proprio come il mito di Teseo. Proprio come quella di Hajime Isayama.
Cosa c’è oltre le montagne?
C’è un ragazzino che è cresciuto in un villaggio tra le montagne nella prefettura di Oita, sull’isola di Kyushu e che fin dall’asilo riempie quadernetti di disegni e cerca di viaggiare, come cantava De André, in direzione ostinata e contraria. Fa sempre una domanda ai suoi genitori: “Cosa c’è oltre le montagne?”. E loro, un po’ sconsolati, non sanno quasi mai cosa rispondergli, ispirati da un senso di isolamento tipico di certe zone del Giappone che porterà il ragazzino a utilizzare spesso “Il muro della paura” nelle sue opere. Il suo nome è Hajime Isayama e per rispondere alla sua domanda, fin dalle scuole superiori iniziò a proporre i suoi lavori alla case editrici, ricevendo sempre risposte più o meno contrastanti. Solo nel 2006 scelse per davvero di fare una capatina oltre i monti di Oita e di trasferirsi a Tokyo, quando vinse un concorso per manga indotto dalla Kodansha che ha al suo attivo grandi nomi come: “Blue Period”, “Ghost in The Shell” e “Fairy Tail”. Ma come si sottolinea in apertura: tutte le belle storie hanno un inizio, molto spesso travagliato o fortunoso, e la nascita di “Attack on Titan” non fa eccezione.
L’ispirazione non si improvvisa e l’idea di fondo per la sua creatura più celebre nacque quando uscendo da un internet point in cui stava lavorando, Hajime venne assalito da un ubriaco con un coltello e lui provò per davvero – cito testuale: “la paura di non sapere cosa fare“. Poi, a quell’episodio, si aggiunsero le figure dei lottatori Yushin Okami e Brock Lesnar per completare l’opera. Il primo manga de “L’attacco dei giganti” uscì il 9 settembre 2009 per la rivista mensile “Bessatsu Shōnen Magazine” e da allora ha mietuto cuori e vittime ovunque sia andato. Pensate che il trailer della seconda parte della stagione 4 viaggia sui 7 milioni di visualizzazioni e il suo antesignano (Stagione Finale Parte 1) è nella top dei prodotti più visti di sempre su Netflix, che da qualche anno, in concorrenza con VVVID e crunchyroll, ha saputo puntare e comprendere il valore degli anime.
Ma da dove deriva l’avvento in pompa magna della produzione nipponica e non solo? Da oltre le montagne… quindi proviamo a scavare.
Tutto merito di un sogno!
Il titolo del secondo paragrafo non ha nulla di poetico ed è tratto da una storia vera.
Victoria Belotti che lavora per Netflix fin dall’apertura e ha fatto carriera per le sue spiccate doti come data analyst, durante una call per il primo lockdown prese parola e mise al corrente tutta l’assemblea, pezzi grossi del commerciale mica quattro fessi, di aver fatto un sogno: due milioni di ragazzi che rincorrevano per strada i personaggi iconici degli anime e dei manga: Goku, Gundam, Meliodas, come una sorta di Ready Player One onirico e senza Steven Spielberg. Tutti erano felici davanti ai loro idoli animati. Dopo il racconto, aggiunse in ultima analisi che non sarebbe stato affatto male ampliare la produzione di anime sulla piattaforma streaming più utilizzata al mondo. Molti la presero per pazza e ne risero su, ma tanti altri le credettero e da allora: Seven Deadly Sins, Record of Ragnarok, Attack on Titan, Fate, hanno cominciato a riempire la home a intervalli sempre più brevi, a ottenere la pubblicità meritata fino a diventare fenomeni di culto. Pensate a Death Note, quanti hanno sognato quel quaderno o si sono riconosciuti nelle parole e nell’egocentrismo di Light Yagami. Oppure My Hero Academia, con l’idea crescente di proseguire i propri obiettivi attraverso il “One For All”, concetto che andrebbe riportato in auge quanto prima, soprattutto in questi periodo bui. Un po’ come quando la generazione precedente alzò le mani al cielo per aiutare Goku con la sfera Genkidama, da allora non è cambiato nulla, il fenomeno si è solo evoluto al passo coi tempi.
Gli anime e i manga creano quotidianamente un fenomeno di marketing che si tramanda di cosplay in cosplay, detiene le fondamenta del ComiCon di LA o di Lucca Comics, dove ognuno trova la propria espressione artistica e scivola tra gadget come Funko Pop o Action Figures. Il successo è tale che le grandi piattaforme fanno a gara per rispolverare anche i grandi classici: Pokèmon, Yu-Gi-Oh, Dragon Ball; ognuno vuole la propria fetta di una torta che ascende e viene gustata sempre più velocemente, donando nuovo lustro a un modo troppo spesso maltrattato in passato. Ma è davvero tutto merito di un sogno o dei due lockdown? No, questo sicuro, ma durante un periodo in cui i ragazzi erano costretti in casa, alla mercé degli errori della DAD o del bonus monopattino, lontani dai classici affetti adolescenziali, i giovani hanno cercato di riconoscersi nelle parole spiegate così bene da Miyazaki ne “La Città Incantata”: “Spero che un giorno tu abbia il coraggio di scappare da ogni cosa che ti rende infelice“. E i ragazzi lo hanno fatto, rifugiandosi nello splendore animato del Sol Levante, sollecitando amici e conoscenti a vedere quel cartone o quell’altro e avviando un tam-tam che non ha alcuna intenzione di fermarsi.
Dati alla mano: da tre anni ci sono almeno due manga nella Top 10 di tutte le pubblicazioni più vendute e due anime nella Top 10 dei prodotti più visionati sulle piattaforme di streaming. Al primo posto sia per una classifica che per l’altra c’è Jujutsu Kaisen – Sorcery Fight, il capolavoro di Gege Akutami adattato per lo schermo da MAPPA. Il film da poco uscito ha già superato i 5,87 miliardi di Yen in meno di due settimane. Al secondo posto l’opera dell’alligatore con gli occhiali da sole: Demon Slayer; ancora i demoni al centro del gioco e al terzo posto tra i manga spicca la serie del momento di casa Kodansha scritta e disegnata da Ken Wakui: Tokyo Revengers. Parade identica anche per l’animazione, con un cambio al terzo posto dove incontriamo l’uomo con cui questo articolo è cominciato: Hajime Isayama.
Un tempo la lettura di fumetti e manga era ad appannaggio di un’élite bistrattata e posta al margine della letteratura, concetto che per anni ha allontanato molte generazioni dai grandi classici, resi pomposi o ampollosi da professori ingessati e narrazioni distorte, fino a un distacco completo con l’adolescenza e molti ragazzi sono cresciuti senza scorgere le bellezze dietro grandi autori come Lovecraft (inspiegabile la sua assenza dai programmi scolastici) o straordinari romanzi come “Il Signore delle mosche”. Il mondo nipponico è rimasto in disparte, ma non a guardare, a sfornare piccole pietre miliari come ‘One Piece’, in attesa di divenire prima letteratura di genere e poi fascino del proibito, da sempre capace di attirare ogni forma di essere vivente. C’è un ultimo dato interessante che riguarda queste mere statistiche: negli ultimi 3 anni, grazie ai manga, il numero di giovani che ha cominciato a leggere con costanza è aumentato del 47%. Un’enormità. Un piccolo miracolo.
Facciamo un esperimento.
Provate a uscire di casa e a farvi un giro in una libreria. Scommetto che troverete code di ragazzi pronti ad acquistare l’ultima copia del loro volume preferito, persi tra i colori che riempiono gli enormi scaffali dedicati alla produzione nipponica. Perché tutto il mondo ormai non può più slegarsi da questo fenomeno, parola di librai. Ma quindi cosa c’è oltre le montagne? Una sfilata di adolescenti felici che incontrano i loro personaggi preferiti degli anime e dei manga, proprio come nel sogno di Victoria Belotti. E se così fosse… che nessuno osi svegliarci.
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