Takopi’s Original Sin, manga breve ma dirompente realizzato da Taizan5 ed edito Star Comics, è – assieme a L’estate in cui Hikaru è morto – uno degli adattamenti anime contenuti nel catalogo Crunchyroll 2025. Temuto dai lettori, ha incuriosito sin da subito gli spettatori di tutto il mondo, configurandosi quale uno dei prodotti più disturbanti emersi negli ultimi anni.

Difatti, in soli due volumi l’autore riesce a costruire un racconto apparentemente infantile, che tuttavia si rivela un’autentica discesa negli abissi. Un tour del dolore umano, dell’abuso, dell’infanzia violata e dell’incapacità adulta di proteggere i giovani. Un’opera di stampo sci-fi che si traveste da commedia, ma che in realtà si prende gioco del lettore trascinandolo in uno spietato limbo di orrore vero e tangibile.

Perché Takopi’s Original Sin non è solo un anime toccante e tormentato, bensì una vera e propria denuncia sociale mascherata da fiaba per bambini. Un’opera che spinge il pubblico a riflettere sulla condizione dei minori in Giappone, sull’indifferenza istituzionale, sul bullismo scolastico sistemico e sulla solitudine emotiva di chi dovrebbe vivere spensierato. L’opera, episodio dopo episodio, si tramuta in un disperato grido d’allarme che trova eco nei dati, nei casi di cronaca e nelle analisi sociali, obbligandoci a guardare in faccia la realtà.

Ed ecco perché ci teniamo ad avvertirvi: Takopi’s Original Sin non è un anime per tutti, e non è necessario che lo guardiate, né che leggiate l’articolo. Se non ve la sentite, rimbalzateci a piè pari.

Shizuka mi ha sorriso!

Takopi's original sin © Crunchyroll
Takopi’s original sin © Crunchyroll

Amo Chappy più di ogni altra cosa. Finché ho Chappy, starò bene. Non ho bisogno di nient’altro. Andrò avanti qualunque cosa accada, non importa quanto faccia male o quanto sia difficile.

Takopi è un buffo alieno rosa proveniente dal pianeta Happi, deciso a diffondere felicità grazie ai suoi gadget. Tuttavia, la sua totale ignoranza riguardo le emozioni umane e la complessità delle relazioni sociali lo porta a commettere una serie di gravi errori. Quando il polpo incontra Shizuka, una bambina solitaria e maltrattata, vittima di bullismo e ignorata dai genitori, è convinto di poterla aiutare e cerca di renderla felice. Tuttavia, fraintende costantemente ciò che accade intorno a lui, scambiando abusi e crudeltà per semplici marachelle.

Ed è a causa dei modi puerili di Takopi che lo spettatore viene sedotto, obbligato a sopravvivere assieme ai personaggi, annaspando in un oceano di dolore e traumi infantili. Il tutto parte dalla toccante storia di Shizuka, abusata, disprezzata, che vive nella miseria e che trova conforto solo nel suo cane Chappy, o nel ricordo del padre. E così, quando anche Chappy scompare nel nulla, Shizuka perde la Speranza, precipitando in una disperazione che la conduce al suicidio.

Difatti, a complicare ulteriormente la misera vita della ragazzina troviamo Marina, principale antagonista, la cui cattiveria è frutto di una catena di abusi domestici. Vittima di una madre frustrata e violenta, la donna riversa su di lei tutta la sua rabbia, spingendola a fare lo stesso con Shizuka. E Takopi, ignaro della complessità delle dinamiche tra persone e del potere delle emozioni, non può fare a meno di interpretare tutto come meri litigi tra amici, tentando ingenuamente di ricostruire un legame che in realtà non è mai esistito.

Così, quella che sembra una tenera storia su un alieno che vuole fare del bene, si trasforma in un racconto cupo e doloroso, che esplora i meccanismi del trauma e il ciclo della sofferenza difficile da spezzare.

L’inganno di Takopi

Takopi's original sin © IMDb
Takopi’s original sin © IMDb

La notte in cui mio padre se ne andò, il cielo era pieno di stelle, proprio come adesso.

Senza girarci attorno, uno degli aspetti più toccanti di Takopi’s Original Sin risiede nella sua estetica apparentemente tenera e infantile in aperto contrasto con temi squisitamente drammatici. Il disegno semplice, tondeggiante, cartoonesco, ricorda volutamente cartoni animati per i più piccini, ma questa delicatezza visiva viene sistematicamente sovvertita dalla brutalità del racconto. Lo stesso dolcissimo Takopi incarna in apparenza la speranza pura e incontaminata, quasi come un bambino che s’affaccia all’universo.

E – come abbiamo accennato – è proprio quel suo sguardo “alieno”, privo di sovrastrutture sociali e culturali, il filtro attraverso cui l’autore narra gli eventi. Così facendo, Taizan 5 riflette le dinamiche umane nella loro forma più brutale e ordinaria, svelandone la crudeltà sistemica, proprio come se anche noi fossimo bambini. Tuttavia, il dramma raccontato non è frutto di invenzione, in quanto Takopi’s Original Sin porta alla luce piaghe spesso tenute nascoste, una macchia sul bavero perfetto della società nipponica: la perpetrata violenza domestica e il più infimo ijime, il bullismo scolastico.

In Giappone, solo nel 2016 – anno dei fatti narrati – sono stati registrati oltre 103.000 casi di abusi su minori. Un numero allarmante che testimonia quanto la sofferenza infantile sia una realtà metodica. Oltretutto, alla violenza domestica – spesso invisibile e consumata nel silenzio delle mura – si accompagna il bullismo scolastico, un fenomeno quasi istituzionalizzato. L’ijime non è solo fatto di insulti o aggressioni, ma di esclusione, umiliazione e isolamento prolungato, esercitati spesso da interi gruppi contro un singolo individuo, proprio come accade a Shizuka.

Ma quali sono le motivazioni che si celano dietro tali dinamiche? A nostro parere, la causa principale è il rigido sistema scolastico giapponese, altamente competitivo e conformista, che punisce duramente ogni forma di diversità. Attraverso la storia di Shizuka e Marina, l’autore ci colpisce in pieno volto, esaminando la ciclicità del dolore, dell’abuso e quanto queste modalità si tramandino di generazione in generazione. Difatti, in assenza di modelli adulti sani, i bambini replicano comportamenti violenti, considerandoli l’unica modalità di sopravvivenza.

Lo scheletro nell’armadio della società nipponica: il confine tra vittima e carnefice

Takopi's original sin © Crunchyroll
Takopi’s original sin © Crunchyroll

Pur essendo un’opera di fantasia, Takopi’s Original Sin affonda le sue radici in una realtà sociale concreta, tant’è che i drammi rappresentati riflettono tragedie reali. Ad esempio, episodi come la morte della piccola Yua Funato, una bambina di 5 anni vittima di abbandono e maltrattamenti famigliari, sono emblematici di una quotidianità segnata da dolore e assenza delle autorità. E, sebbene provvedimenti legislativi abbiano tentato di arginare il problema, i cambiamenti concreti sono lenti e difficili da attuare. Nel gennaio del 2019 è venuta a mancare un’altra bambina, Mia Kurihara, di 10 anni: anche in questo caso, le cause indicate sono le stesse.

Oltretutto le scuole, spesso più attente alla propria immagine che al benessere degli studenti, tendono a minimizzare o occultare episodi di ijime. Gli insegnanti, oberati di lavoro e privi di strumenti adeguati, raramente riescono a intervenire in modo efficace. Allo stesso tempo, le famiglie, frenate dall’idea di gettare disonore sulla propria discendenza, scelgono troppo spesso il silenzio. Così, la sofferenza si cronicizza e si trasmette di generazione in generazione. In questo contesto, Takopi’s Original Sin si schiera dalla parte dei più deboli, proponendo una denuncia sincera e accorata.

Difatti, siamo convinti che, a differenza di altri mezzi di comunicazione, il fumetto impatti sul lettore in modalità differenti: i dialoghi faticano a dissolversi e le tavole restano marchiate a fuoco nella memoria. L’anime mostra allo spettatore quanto sia labile il confine tra vittima e carnefice, spingendoci a riflettere sulla questione e a mettere in discussione le nostre certezze. La violenta e senza cuore Marina, inizialmente vista come un mostro, è in realtà una bambina ferita e anch’essa vittima di abusi. La stessa Shizuka svela una parte di sé oscura, manipolando il giovane Azuma che, a sua volta, si rivela una bomba pronta a esplodere.

Dolore irrisolto, l’assenza di affetto e comprensione: queste aberrazioni generano quelli che definiamo mostri. Tuttavia, tale empietà non è altro che la conseguenza di comportamenti distruttivi ai danni di capri espiatori. Come dice Alan Moore, “basta solo una brutta giornata”: non esistono persone del tutto malvagie, esistono esseri umani complessi, spesso deboli, talvolta vittime, talvolta carnefici.

Non esiste alcun miracolo in grado di annullare il dolore.

Takopi's original sin © Crunchyroll
Takopi’s original sin © Crunchyroll

In questo marasma di dolore, manipolazione e abusi è necessario non dimenticare un elemento fondamentale dell’opera: il mix tra sci-fi e realismo. Takopi, i suoi dispositivi e il viaggio nel tempo sono in grado di rivelare a poco a poco le ferite invisibili dell’infanzia dei personaggi. Il piccolo alieno tenta di riportare equilibrio dove gli adulti hanno fallito. Ma anche l’elemento “magico” ha i suoi limiti, poiché gli happy-gadget spesso complicano le cose, facendo sprofondare i protagonisti in un limbo di criticità. Un Doraemon meno goliardico, insomma.

E così il suo intervento, sebbene mosso da buone intenzioni, porta a conseguenze tragiche, facendo aprire gli occhi allo spettatore su una cruda verità: non esiste alcun miracolo in grado di annullare il dolore. Magari ci fosse. E invece, ci vuole pazienza per sanare le ferire, non uno schiocco di dita da Fata Madrina. Alla fine dei conti, ciò che resta è un senso di impotenza e inquietudine. Perché se la madre di Shizuka si fosse presa cura di lei, forse avrebbe potuto evitare l’isolamento sociale e il bullismo. E se la madre di Marina non avesse riversato su di lei il proprio malessere, forse Marina non avrebbe sentito il bisogno di ferire gli altri.

Ed è lì che la storia ci invita a prenderci la responsabilità delle nostre azioni. Persino Takopi, che aveva la possibilità di cambiare il corso degli eventi, sarà costretto a riflettere sulle proprie scelte e sulle conseguenze che queste hanno avuto sugli altri.

Tempo al tempo

Takopi's original sin © Crunchyroll
Takopi’s original sin © Crunchyroll

Prima di parlarne, mi sono concessa un po’ di tempo. Lo stesso che m’è servito per approcciarmici nuovamente, reduce dal dolore e il senso di impotenza che mi ha lasciato ferita qualche anno fa. Il mio monito? Non fatevi ingannare dal suo aspetto tenero e kawaii: Takopi’s Original Sin è tutto fuorché una storia per bambini. È un serpente nascosto in una confezione pastello, una denuncia lucida travestita da racconto sci-fi. Una storia dolorosa che punta il focus su bullismo, abusi famigliari, depressione e suicidio infantile.

Takopi giunge sulla Terra, con il cuore colmo di entusiasmo e la convinzione di poter portare gioia, la stessa che perderete durante la visione dell’anime o la lettura del manga. Perché il suo sguardo puro si infrange contro una realtà che non comprende: quella delle emozioni umane, sfaccettate e profonde. L’incontro con la ferita Shizuka accende in lui il desiderio di aiutarla. Ma ogni tentativo si trasforma in una nuova ferita.

L’opera mette a nudo il volto nascosto della sofferenza infantile, spesso celata da silenzi e bullismo a scuola. La perpetrazione di chi, come Marina, replica su altri innocenti la violenza ricevuta, tramutando il dolore in eredità. Una denuncia audace e priva di filtri di un mondo malato, in cui i bambini non vengono ascoltati, dove il male si radica in silenzio sotto la superficie delle cose.

Condividi.

Napoletana, classe 92, nerd before it was cool: da sempre, da prima che fosse socialmente accettato. Dopo il diploma al Liceo Classico, una breve ma significativa tappa all'Accademia di Belle Arti mi ha aperto gli occhi sul futuro: letteratura, arte e manga, compagni di una vita ed elementi salvifici. Iscritta a Lettere Moderne, ho studiato e lavorato per poi approdare su CPOP.IT e scoprire il dietro-le-quinte del mondo dell'editoria. Dal 2025 scrivo per LaTestata e mi sono unita al team di ScreenWorld in qualità di Capo Redattrice Anime e Manga: la chiusura di un cerchio e il coronamento di un sogno.