La prima sensazione che si prova, quando si stringe tra le mani Il viaggio di Shuna pubblicato da Bao Publishing, è quella di avere qualcosa di prezioso. Eppure, questo piccolo volumetto, con la copertina rigida e poco più di 150 pagine, che a prima vista potrebbe sembrare persino troppo sottile, come tutte le cose fragili, ha la purezza di un tesoro rimasto fin qui nascosto e finalmente ritrovato. Perché questo fumetto, seppur pubblicato nel 1983, quando Hayao Miyazaki stava proseguendo i lavori per Nausicaä della Valle del vento, era rimasto inedito. Almeno fino a oggi.
Sarà per la grafica di copertina, sarà per il formato scelto, sarà per le pagine illustrate che abbiamo intravisto mentre lo sfogliavamo in libreria, ma subito un brivido ha scosso le nostre braccia. E anche se lo speravamo, non potevamo immaginare che non sarebbe stato l’unico. Perché, quando abbiamo concluso la lettura, ci siamo ritrovati commossi ed emozionati da questo piccolo racconto illustrato che rende Il viaggio di Shuna l’ennesima perla di Hayao Mizayaki.
Il bello dell’avventura
Un regno dimenticato, un popolo in difficoltà, una terra che rimane arida, un principe solitario. Bastano pochissimi ingredienti, i più semplici e puri di ogni fiaba, per iniziare il racconto di un viaggio che porterà il giovane Shuna, protagonista della storia, fuori dal suo regno, cavalcando la sua antilope yakkul, alla ricerca di preziosi semi che porterebbero un nuovo raccolto. Bastano questa manciata di elementi a Miyazaki per farci entrare subito nel mondo che Shuna, eroe coraggioso e silenzioso, dovrà attraversare.
Un mondo che non viene spiegato, ma rappresentato. Accennato e non evidenziato. Un mondo, tuttavia, ricco di dettagli e idee che trasformano, poco a poco, un lungo viaggio in una grande avventura. Un mondo che alterna momenti di crudeltà umana con la purezza della natura (conflitto topico della poetica dell’autore), l’ordine delle cose con l’inspiegabile magia di un mondo spirituale e divino sopra l’uomo.
Procedendo nel viaggio, accompagnando Shuna attraverso luoghi misteriosi, città in cui vige la crudeltà, foreste e mari irti di pericoli, si ha la sensazione di cambiare insieme al protagonista. Di venire a conoscenza di qualcosa che prima ignoravamo e che è capace di cambiarci per sempre. D’altronde, vivere un’avventura non è agire al di fuori di territori conosciuti, ma seguire le strade dell’ignoto, alla scoperta di qualcosa di inaspettato. In questo, Il Viaggio di Shuna trasuda di senso avventuroso: ogni nuova conoscenza, ogni nuovo incontro, ogni fronda di foresta attraversata e ogni strada battuta raccontano qualcosa che sta a noi lettori riempire, lasciandoci aperte le porte di un mondo che possiamo riempire a ogni nuova lettura.
La poesia delle piccole cose
Oggi che conosciamo le opere del maestro Miyazaki molti degli elementi presenti all’interno di questo manga potrebbero risultare un po’ manieristici, forse scontati, dato che molti di questi sono stati reinterpretati e reinseriti in alcune opere dello Studio Ghibli, venute successivamente (pensiamo al character design dei personaggi molto simile a quello di Nausicaä, a qualche analogia di troppo con Principessa Mononoke o alla maniera in cui il figlio Goro ha riciclato alcune idee ne I racconti di Terramare). Eppure, il modo in cui Miyazaki riesce a rendere poetico e dolce l’elemento più piccolo e a prima vista insignificante è da manuale. Da vero maestro.
Succede, quindi, di ritrovarsi a interrompere la lettura per soffermarsi non tanto su qualche elemento che ci sembra innovativo o particolare, specie se prendiamo a riferimento tutte le tematiche care all’autore, ma su quello apparentemente più banale. Lo sguardo malinconico di una ragazza, un fiore che cresce in mezzo all’erba, un abbraccio commosso: Miyazaki è sempre riuscito a raccontarci il fantastico come qualcosa di normale, ma raramente era riuscito a rendere il normale qualcosa di così fantastico. Merito del modo in cui Il Viaggio di Shuna è raccontato, con i suoi acquerelli di stampo impressionista che, più che descrivere le cose tangibili, intendono lasciare una sensazione, avvicinando il racconto in prosa verso i confini della poesia.
Una delicata lentezza
Finora l’abbiamo chiamato fumetto, ma Il Viaggio di Shuna sta più dalle parti del racconto illustrato, se non fosse per la sporadica presenza di alcuni balloon. A una prima occhiata si potrebbe pensare che la lettura di questo libro non potrebbe durare più di una decina di minuti. E invece.
La premessa de Il viaggio di Shuna è una corsa contro il tempo, ma sul cammino intrapreso siamo costretti a posare lentamente il nostro sguardo. Le tavole, raramente divise in vere e proprie vignette, si manifestano in tutta la loro fragile bellezza, obbligandoci a rallentare il ritmo di lettura. La stessa prosa, scritta col tono di un racconto orale, ci spinge a procedere a piccoli passi. Nella postfazione Miyazaki si rammarica di non poter trasformare questo racconto in un vero e proprio film, ma l’equilibrio raggiunto tra parola e disegno è tale da avere l’impressione di sfogliare uno storyboard, dove l’immagine riempie i vuoti che lascia il testo e viceversa.
Eccola di nuovo quella sensazione di oggetto prezioso che avevamo sentito all’inizio, che permane pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo. Perché quando arriviamo alla fine del viaggio ci sentiamo pervasi da un’empatia meravigliosa, come se avessimo trovato una perla all’interno di questo scrigno. Una perla che prendiamo tra le dita, rendendoci conto che in questo mondo sempre più frenetico, che non ci permette di guardare a lungo sulla stessa direzione, è davvero piacevole soffermare gli occhi su qualcosa di così semplice, eppure brillante e magico nella sua insperata delicatezza.