A Lucca Comics & Games, tra il brusio continuo degli stand e il profumo di avventori, l’intervista con Adriano Barone e Max dall’Oglio è nata spontaneamente. Immersi nel caos meraviglioso della fiera, come due protagonisti che entrano in scena, la loro complicità è stata immediata, visibile e tangibile anche a chi non li conosce: un linguaggio che nasce da più di dieci anni di amicizia e di creazione condivisa.

E progetti come Manga Issho di Star Comics testimoniano questa alchimia in cui fiducia e amicizia diventano strumenti di lavoro tanto importanti quanto gli strumenti autoriali.

Durante l’intervista, mentre raccontavano delle tavole nate all’alba e delle idee partorite ridendo, c’è stato un momento che ci ha commosso. Ascoltarli parlare della loro passione, della dedizione, dell’amore che provano per ciò che fanno… i loro occhi, gli sguardi colmi di affetto, come si può non empatizzare con chi si ferma a spiegarti che “nei manga devi metterci tutto il tuo dolore“? Come puoi non provare un brivido dietro la schiena quando ti dicono che “mi sono accorto di essere davvero felice quando faccio questo lavoro assieme a un amico“.

Ed è forse per questo che quella conversazione, in mezzo al caos colorato di Lucca, è stata una delle migliori della mia vita. Una storia che io proverò a raccontarvi, ma che – come tutte le storie – non è che “una riscrittura”. E io ho avuto la fortuna di ascoltarla dalle voci di chi la sta ancora scrivendo.

Cosa faresti se ciò che ami di più sparisse dalla faccia della terra?

Manga Issho, Star Comics, © CS star comics
Manga Issho, Star Comics, © CS star comics

Approfondiamo un attimo la vostra storia per Manga Issho, Godd Vibrations: per molti risulta difficile, se non impossibile, vivere senza musica. Che fareste, quindi, se ciò che amate di più sparisse dalla faccia della terra?

Adriano

“Mi ammazzerei.
Nel senso, mi sembrava un’idea interessante comunicare visivamente “la musica” in un fumetto, che è un medium sordo. Allo stesso tempo, per comunicare la mancanza totale di qualcosa di così di profondo, mi sembrava che la musica si prestasse alle poche pagine a disposizione, poiché il concetto è qualcosa di immediatamente comprensibile.

Se una persona fa delle musica la sua ragione di vita, e poi la perde, beh non trovo ci sia bisogno di troppe spiegazioni per far comprendere il dolore di una perdita. Quindi ho ragionato in questo modo qui per Michele.”

Quindi tu reagiresti come Michele

Adriano

“Sì, per me non sarebbe la musica, per me probabilmente sarebbero altre cose, alcune artistiche, alcune più fisiche. Io credo che viviamo tanto nel corpo e non solo nella testa, e quindi, ad esempio, l’idea che lui non possa usare una parte del corpo che anche io uso per creare (per scrivere), beh non è un caso. Lasciamo sempre tracce di noi nelle storie, anche quando non sembra.”

E tu, Massimo?

Max

“No, io non mi ammazzerei neanche per scherzo, non esiste. [ridono] Non rinuncerei mai alla mia esistenza per qualcosa che perdo, perché la sostituirei con qualche altra passione, con qualcos’altro. Nel senso, io sono una persona che fa tante cose, nessuna però definisce la mia esistenza. Se la perdo, pazienza, è un aspetto materiale o spirituale della mia vita che perdo, però sicuramente non varrebbe la pena eliminare la mia vita.

Però, quando realizzo i manga, sì: quando faccio i miei manga, le persone muoiono per mancanze di questo tipo. Portare all’estremo le scelte di un personaggio è la base per costruire un buon manga, costruire dei contrasti forti. I personaggi dei manga non fanno delle scelte a metà o ni, sono scelte estreme, perché devono trovarsi di fronte a qualcosa di apparentemente irrisolvibile. Se noi non creiamo questa condizione qui per cui convinciamo il lettore che è finita, non potremo mai stupirlo del contrario.

E questo meccanismo dei manga è essenziale. Quindi l’opzione del suicidio ha funzionato da subito, poiché è abbastanza semplice anche per il lettore da decodificare: viviamo i problemi di tutti i giorni, alcuni fanno davvero questa scelta estrema.”

Adriano

“Poi ci abbiamo messo tante cosine interessanti, abbiamo messo anche l’orario: 4-4-4, perché il 4 rappresenta la morte. Ma in pochi coglieranno queste citazioni bellissime…”

“Sono uno sceneggiatore Algida”

Massimo dall'oglio
massimo dall’oglio

Pochi ma buoni, magari! E credete nel concetto di resurrezione?

Adriano

“No. Io sono della scuola di Jorge Luis Borges, che credo che avesse detto nel racconto Tlon-Ukbar-Orbi-Sterzius che gli abitanti di Tlon consideravano la religione un ramo della narrativa fantastica.

Io se torno, sono convinto che tornerò come sasso. Non voglio muovermi.”

Max

“Se tu dici resurrezione, penso alla resurrezione cristiana. Se invece intendi se crediamo all’idea di poter “ritornare”, allora sì, io sì, assolutamente sì. Io tornerò e farò un sacco di altre belle cose.

Nella prossima vita voglio fare l’editor e far dannare qualcuno. [ridono] Però, io personalmente sono molto appassionato di queste tematiche riguardanti l’esistenza umana. Piuttosto che come “appiglio a cui aggrapparmi”, ragionamenti che stimolano la mia mente, utili anche per il lavoro che faccio, poiché – alla fine – mi sto accorgendo che “fare manga” è come staccarsi dalla realtà. Quindi, mi piace allenare la mente con cose assurde, viaggiare, e mi piace anche l’idea che “non tutto finisca così”. Poi, se non c’è nulla oltre la vita, non è un problema.

Io apprezzo molto il percorso che fa il buddismo nella crescita dell’individuo, e per il suo sviluppo interiore. ”

Adriano

“Confermo: sasso. ”

Max

“Scherzavo, in realtà – e mia moglie lo sa – io vorrei tornare vigile urbano, per mettere multe a tutti quanti, a me piace la società che rispetta le regole: se avessimo una condotta responsabile, vivremo tutti meglio. Però in realtà io sono un buono, mi raggirano facile perché sono una persona che non ruberebbe mai un cioccolatino da un negozio.”

Adriano

“Io invece ruberei agli ultramilionari, ruberei ai ricchi per tenere a me.”

Mah, io credo che in realtà siate due buoni, entrambi in modo differente, ma due “brave persone”, dal cuore grande… [ridiamo]

Adriano

“No, è vero, ho il cuore di panna, come amano dire i miei amici. Sono uno sceneggiatore Algida [ridono]”

Qual è la canzone che vi ha salvato la vita?

adriano barone
adriano barone

Torniamo sui binari (che fatica), oggi siamo in tema Stranger Things e quindi vi chiedo: qual è la canzone che potrebbe salvarvi o che vi ha salvato la vita in un momento “no”?

Max

“Jimi Hendrix, All Along the Watchtower. Quando sono in macchina, metto questa musica e osservo la gente intorno a me, le cose che fa…È la colonna sonora perfetta. Infatti è il finale di Battlestar Galactica!”

Adriano

“Salvato, nessuna: io mi deprimo con la musica. Quando sono preso male mi piace ascoltare Bohemian Rhapsody. Oppure, una super ovvia ma la cito: Friday I’m in Love, dei Cure!”

Ah beh, dei bei capolavori! La mia è Green is the colour dei Pink Floyd.

Adriano

“ah beh, troppo raffinata! Non siamo degni! ”

Vero! Ma torniamo a noi… quando Michele salva Sofia, lo fa senza pensarci due volte. Tuttavia, fai una stupidata, e se ne rende conto subito: stanno precipitando assieme e adesso saranno in due a morire. Eppure, il gesto di Michele è così umano da risultare quasi “ovvio” ad occhi baciati dall’empatia… ed è un’umanità che non si riscontra spesso nelle storie, soprattutto se risolte in poche pagine.

Adriano

“Perché noi abbiamo fatto un manga, un manga vero.
In base a qualche recensione che gira su Manga Issho di sedicenti esperti di manga, ci siamo accorti che c’è una superficialità nell’approccio alla lettura del medium. In Italia, noi occidentali cerchiamo sempre di analizzare i manga, ma erroneamente, poiché vogliamo inserire il prodotto di un’altra cultura nei nostri schemi di analisi tipici del fumetto occidentale. Basterebbe decidere di recensire manga nel modo corretto, fare delle ricerche, andare anche solo nei siti di recensioni giapponesi, o nella pagina di Kodansha e leggere i giudizi dei sensei. Così da vedere qual è la matrice che viene usata per giudicare il manga.

Quindi, secondo noi Good Vibration – che noi abbiamo realizzato donando una certa umanità al protagonista – forse non è in target per il lettore medio, senza nulla togliere al lettore italiano. Difatti, non tutti i manga giapponesi arrivano da noi, alcuni non saremmo neanche in grado di capirli. Allora dico, prova per una volta a vivere quelle storie senza essere così razionali, anche perché Manga Issho è un bell’esperimento e ce lo consente.”

A me viene in mente la polemica sulla presunta “necessità” delle didascalie, o sulla lunghezza dei dialoghi.

Max

“Esatto! Alcuni hanno scritto “i dialoghi sono troppo lunghi”, no! I dialoghi sono giusti. Perché se guardi Good Vibration vedrai delle pagine con poco dialogo, delle pagine senza dialogo, delle pagine con molto dialogo: Kishōtenketsu. Sono i quattro atti della narrazione giapponese e questi quattro atti vanno sviluppati ognuno in un certo modo, in un certo equilibrio. ”

Adriano

“Noi veniamo dal viaggio dell’eroe, che non è il Kishotenketsu: i tre atti non sono il Kishotenketsu. Però pretendiamo di analizzare tutti i manga con “concetto del viaggio dell’eroe”. Ma come fai? Sono incompatibili.”

Non è un caso che poi in Giappone magari abbiano successo altre tipologie di storie rispetto a quelle che hanno successo in Europa. Io, ad esempio, leggo solo manga, perché semplicemente ho bisogno di empatia, se leggo qualcosa si deve sviluppare necessariamente un legame. E questo perché se a me di quel personaggio non frega niente, allora non me ne fregherà mai niente e la storia non mi prenderà mai.

Max

“Io non smetterò mai di raccontare l’aneddoto che racconto a tutti quando ero in Giappone per la Masterclass e sono andato a vedere la mostra di Tetsuo Hara. E lì c’era questo papà tutto emozionato, che dice al figlio “guarda, lui è Ken. Lui mi ha salvato la vita.”.”

Cos’è il Kishōtenketsu? Si tratta di una struttura narrativa composta da quattro fasi: Ki (introduzione), Shō (sviluppo), Ten (svolta inattesa) e Ketsu (conclusione). Nato nella poesia cinese jueju, è stato adottato nelle tradizioni letterarie cinesi, giapponesi e coreane e oggi compare anche in manga, videogiochi e testi retorici. La sua particolarità è l’assenza di un conflitto centrale: la tensione deriva da un cambio di prospettiva o da un contrasto improvviso, che invita a reinterpretare quanto narrato. La conclusione armonizza gli elementi, offrendo un significato complessivo. Il discorso è molto più articolato di così, ma vi invitiamo ad approfondire il discorso (magari in un futuro articolo correlato).

La storia che vi ha salvato la vita

manga issho, good vibrations
manga issho, good vibrations

E se non è stata una canzone, c’è una “storia” che vi ha salvato la vita?

Max

“Tekkonkinkreet, di Taiyo Matsumoto, un gioiello. È la lotta tra la luce e l’ombra che abbiamo dentro. “Sii felice”.

Io lo chiamo “effetto Look Back”: è esotico, affascinante, interessante e coinvolgente. La narrazione che abbiamo noi in occidente è che “fare i manga è meraviglioso, è la cosa più bella del mondo”, no? Certo. Ma Look Back ti dice due cose: 1) se vuoi fare il mangaka devi ammazzare, devi uccidere quella parte di te che vuole vivere, godersi la vita e costruirsi una vita normale; 2) non puoi fare dei manga straordinari se non accendi il meccanismo dell’empatia.

E se io non sperimento sofferenza, se non la metto nelle mie tavole, tu non riuscirai a percepirla: così facendo otterrai un racconto freddo e distante, non è un’esperienza di vita.”

Forse Matsumoto è il mio autore preferito degli ultimi dieci anni. Un autore fuori dagli schemi, ma ci rientra perfettamente, perché lui parla della sua vita a tutto tondo. Anche di quella da insider.
Devo dire però che ha avuto un sacco di successo negli ultimi anni, e non mi aspettavo che in questa metanarrazione potesse interessare al lettore medio. Proprio perché siamo abituati a quello che avete detto voi: storie semplici, molto simili.

Max

“Pensa a questo: se io parlo con te e ti racconto una mia esperienza molto triste, tu hai lo scambio di sguardi, hai la mia postura, i miei gesti, le mie espressioni e il tono della mia voce. Nei manga no: nei manga è un discorso visivo e l’unico modo per mettere nel disegno questa sofferenza è soffrire. Arrivare a disegnare delle tavole per cui ti cadono gli occhi e ti sanguinano alle 3 del mattino, ma le tavole che verranno fuori saranno incredibili.

In Look Back, la sigla finale è il sunto di tutto: lei è seduta e c’è il paesaggio, l’alba, poi ora di pranzo, poi il tramonto, poi la notte… a notte fonda lei si alza dalla scrivania, ma sa che il giorno dopo sarà di nuovo lì a disegnare.”

E cosa ti salva? Beh, ogni tanto ti puoi permettere quello che fa lei: tornare indietro con la mente e immaginare di fare altro. Quando sei, giù apri questo cassetto, recupera l’energia come se potessi veramente scegliere di cambiare… e poi ricomincia. Ti arriva al cuore, istantaneamente. E il manga è ancora più bello, ce l’ho lì davanti a me, in libreria: quando sono giù, penso a Look Back.

E tu, Adriano? C’è qualche storia che ti salva?

Adriano

“No, ma probabilmente è raccontarle che mi salva, perché io sono un essere umano miserabile e l’unica cosa che secondo me mi dà un valore è raccontare delle storie con dei personaggi che – invece – sono aspirazionali, e magari tra tutti i lettori e le lettrici ce ne sarà uno che dice “quel giorno ero di cattivo umore, ero giù ma tu hai scritto una roba\il tuo personaggio ha fatto una cosa che mi ha dato da pensare, mi ha messo il buon umore”, o ancora “stavo male e mi hai fatto compagnia”. Quando ho scritto Il Ghigno d’Arlecchino – il mio romanzo uscito nel 2010 – l’anno dopo c’era un ragazzo che aveva fatto il cosplay del protagonista, e quando lui si è presentato io ho esordito con “ma questo è il cosplay del protagonista del mio romanzo!”, e lui si è inginocchiato davanti a me, esclamando “il tuo romanzo mi ha salvato la vita”.”

“Raccontiamo storie continuamente…”

manga issho, star comics, © star comics CS
manga issho, star comics, © star comics CS

Non potrei essere più d’accordo con il ragazzo cosplayer: certe storie ti salvano la vita. C’è stato un momento di commozione generale, credo di non aver mai ascoltato risposte più “ispiranti” in tutta la mia vita finora, e di questo vi sono grata (scusate gli occhi lucidi).

Max

“Ma noi raccontiamo storie continuamente, cioè noi viviamo raccontando storie, anche le più stupide. E le cambiamo sempre.”

Adriano

“Esatto: se la racconti, la racconti in modo tale che diventi gradevole all’interlocutore. ”

Perché secondo voi?

Max

“Perché inconsciamente tu ti sforzi di fare in modo che l’altro comprenda, viva e capisca quello che hai vissuto tu. Lo fai, però, inventandoti anche delle cose affinché l’interlocutore riesca a mettersi nei tuoi panni. Che poi il meccanismo che si cerca di attivare nei manga e che richiede proprio una grande formazione tecnica.”

Adriano

“Nel racconto dal vivo – paradossalmente – per raccontare in modo fedele devi tradire un po’ quello che ti è successo. [ride] Eh, lo so, sono la disperazione della stampa.”

Max

“Vabbè, il mio sensei mi disse, Massimo, adesso che torni in Italia dopo la master class, devi fare una cosa: devi rendere le persone felici. Chi lo farebbe mai?”

Ascoltatori, non mentiremo. Ci siamo commossi tutti ascoltandoli. Soprattutto giunti a queste ultime battute, alla domanda su: Come vi trovate a lavorare assieme? Come siete diventati amici?

Adriano

“Noi siamo diventati amici facendo un fumetto, in realtà. Ci siamo conosciuti a Lucca 2007, e ci abbiamo impiegato un po’ a far uscire il nostro primo fumetto insieme. Ma all’epoca eravamo solo due scemi un po’ “incompresi” a cui piacevano i manga…

Max è il mio amico a distanza che sento di più: ci sentiamo tutti i giorni, continuiamo a parlare dal giorno prima senza soluzione di continuità, su qualsiasi cosa. Forse è un’amicizia vera, di quelle rare…

E lavorare a questa storia di 20 pagine assieme è stato bello, illuminante, perché – sebbene io ormai faccia lo scrittore full time – mi sono accorto che ciò che mi rende davvero felice è “fare questo lavoro, ma soprattutto farlo con gli amici”. ”

E quindi se faccio questo, vado a letto la sera dicendo “è stata una bella giornata”, ecco.

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Napoletana, classe 92, nerd before it was cool: da sempre, da prima che fosse socialmente accettato. Dopo il diploma al Liceo Classico, una breve ma significativa tappa all'Accademia di Belle Arti mi ha aperto gli occhi sul futuro: letteratura, arte e manga, compagni di una vita ed elementi salvifici. Iscritta a Lettere Moderne, ho studiato e lavorato per poi approdare su CPOP.IT e scoprire il dietro-le-quinte del mondo dell'editoria. Dal 2025 scrivo per LaTestata e mi sono unita al team di ScreenWorld in qualità di Capo Redattrice Anime e Manga: la chiusura di un cerchio e il coronamento di un sogno.