Il 15 aprile si è tenuta la giornata mondiale degli anime (Anime Day), una ricorrenza che celebra cartoni animati e film d’animazione giapponesi che hanno acquisito sempre più popolarità in tutto il mondo. Ad oggi tutti sappiamo cosa sono gli anime, e ne abbiamo visto almeno uno nella nostra vita, ma l’ascesa di questo mondo dal Giappone in Europa non è stata affatto semplice. Infatti prima di venire enormemente apprezzati dal pubblico occidentale è passato del tempo e gli anime hanno attraversato diverse fasi.

I primi anime in Italia

Candy Candy
Candy Candy, fonte: Toei Animation

La prima fase ha inizio negli anni 70′ con la prima ondata di anime in televisione. In questo periodo in Europa c’era una sottoforma di rifiuto degli anime, poiché venivano percepiti come pericolosi, nocivi, pieni di violenza e perversione. Un limite forte era sicuramente il linguaggio visivo e narrativo in quanto troppo distante dall’Occidente.

I primi film anime ad essere trasmessi in Italia sono capolavori come Saiyuki (Le 13 fatiche di Ercolino) e Le meravigliose favole Andersen (tratto dalla vita di Andersen stesso), mentre come serie anime troviamo L’orsetto panda e gli amici della foresta, Kimba il leone bianco, Zum, il delfino bianco, Capitan Harlock, Il Grande Mazinga, Lupin III, Candy Candy, Charlotte.

La prima fase: momento del rifiuto

Goldrake
Goldrake, fonte: Toei Animation

L’impatto culturale più forte con l’immaginario anime si ha con Goldrake, conosciuto in Italia con il nome Ufo Robot, per un motivo molto significativo: è stato il primo anime trasmesso in “prima serata” su Rai 2, il 4 aprile 1978. Infatti quando il sociologo giapponese Kiyomitsu Yui teorizza lo schema del processo di accettazione di anime e manga all’estero decide di iniziare la sua mappa cronologica proprio da Goldrake.

Come anticipato, l’anime in questione genera la prima ondata di rifiuto della cultura giapponese: politici e genitori lo prendono di mira (inviando addirittura lettere alla RAI) e nascono persino mozioni parlamentari contro i cartoni animati giapponesi. Anche altre serie anime trasmesse nel medesimo periodo, come Mazinga Z, Jeeg Robot d’acciaio e Ken il Guerriero, venivano visti con sospetto, scandalo e resistenza.

Alcune delle accuse principali erano eccessiva violenza visiva (colpi distruttivi, sangue, arti mozzati), toni cupi e drammatici, mancanza di moralismo occidentale (non c’era sempre una netta distinzione tra buono e cattivo) e temi considerati troppo pesanti come apocalisse, vendetta, solitudine, morte.

Seconda fase: Momento dell’Intrattenimento

Dragon Ball
Dragon Ball, fonte: Toei Animation

Nonostante questa prima fase di rifiuto gli anime degli anni 70′-80′ sono stati portatori della cultura giapponese all’estero. Grazie a questi ultimi si riesce a passare – nel corso degli anni 90′- a una nuova fase, che il teorico Kiyomitsu Yui definisce d’Intrattenimento.

Questa segna l’inizio dell’amore popolare per gli anime che trovano una nuova collocazione: non più contenuto pericoloso, ma prodotto funzionale all’intrattenimento infantile, entrano nei palinsesti fissi del pomeriggio, nelle merendine, nei diari scolastici.

Arrivano anime con trame meno drammatiche e più adatte al modello occidentale, con protagonisti bambini o adolescenti: Sailor Moon, che parla di magia e romanticismo, Dragon Ball, che sì, ha i combattimenti, ma anche comicità e avventura, Pokémon e Digimon dove regnano amicizia, missioni e mostriciattoli.

Terza fase: momento dell’Accettazione

La Città Incantata
La Città Incantata, fonte: Studio Ghibli

Tuttavia, ancora non siamo giunti a un’accoglienza totale degli anime: questi vengono visti solo come adatti ai bambini. Inoltre i contenuti troppo maturi vengono censurati e le differenze culturali giapponesi vengono occidentalizzate (nomi cambiati, dialoghi modificati). Per arrivare all’accettazione completa degli anime e alla loro classificazione come prodotto artistico dobbiamo aspettare quella che il sociologo giapponese definisce “fase dell’Accettazione”. Dagli anni 2000 gli anime non sono più solo roba da bambini, ma diventano oggetti di interesse trasversale e iniziano a entrare nella cultura pop.

Questo switch si deve innanzitutto ai primi riconoscimenti internazionali. La città incantata è stato il primo film anime a vincere l’Oscar nel 2003 e Miyazaki diventa simbolo dell’anime colto e di buona qualità. Le sue opere vengono recensite in quanto “puro cinema”, non solo come animazione e lo Studio Ghibli entra nei festival europei (Venezia, Berlino). Grazie all’Effetto Ghibli il pubblico degli anime viene ridefinito, si crea una fandom consapevole, più adulto e con gusto critico.

Quarta fase: momento dell’Arte

Neon Genesis Evangelion
Neon Genesis Evangelion

Ed ecco che ci troviamo nell’ultima fase dell’arrivo degli anime in Italia, la fase della Legittimazione artistica. Il pubblico è maturo, riconosce perfettamente lo stile giapponese e lo apprezza. In questa fase gli anime escono dal recinto del fandom e vengono riconosciuti come opere d’arte, o comunque come linguaggio espressivo. Infatti molti titoli hanno avuto un enorme successo al box office mondiale e recensioni nelle testate generaliste, come Your Name. Vengono organizzate delle mostre nei musei, come la mostra Evangelion Impact Exhibit, un tributo alla serie anime Neon Genesis Evangelion allestita in diverse città italiane o il museo Ghibli a Mitaka.

L’anime smette di essere esotico, strano, criticabile, e diventa parte integrante del linguaggio culturale globale. Viene studiato, citato, reinterpretato. La sua estetica influenza videogiochi, graphic novel, pubblicità, moda. La legittimazione artistica è completa. Non serve più giustificarli come intrattenimento: sono cinema, sono arte, sono cultura. E oggi continuano a evolversi, proprio perché capaci di trasformare lo sguardo del pubblico.

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Sono Aurora Ferrante e non risolvo problemi, a differenza di Mr Wolf, uno dei miei personaggi preferiti del cinema. Laureata in comunicazione per i media e le istituzioni nel corso della mia formazione ho studiato varie materie legate al cinema e allo storytelling. Amministratrice e fondatrice della pagina instagram Game of series, amo il cinema e le serie tv, come si capisce dal nome della pagina la mia serie preferita è "Game of Thrones", anche se sì...anche io sono rimasta delusa dall'ultima stagione. Probabilmente soffro di personalità multipla dato che i miei film preferiti sono "Il favoloso mondo di Amélie", "Bastardi senza gloria" e "Interstellar"...lo so non c'entrano nulla l'uno con l'altro