Ci sono storie che vivono al confine tra ricordo e leggenda.

Camelot riprende la mitologia arturiana come un antico sogno che riaffiora nella modernità, interrogando il nostro rapporto con la memoria collettiva. In questo fumetto fantascientifico di Fiore Manni e Michele Monteleone, la leggendaria Camelot non è solo un mito lontano, ma un’eredità concreta che riemerge quando l’umanità ne ha più bisogno.

Una storia che mescola il fantasy e i racconti che hanno le armature al centro, come involucri capaci di racchiudere i ricordi dei disegnatori, degli autori e dei lettori. Dai simbionti ai robot, passando per una trasposizione sincera di un mito che, svuotato del suo rivestimento originale, diventa figlio del tempo e di ciò che il pubblico richiede.

TAVOLE ROTONDE

la copertina di Camelot
Magia e Tecnologia – ©EdizioniBD

Quattro adolescenti inglesi, Wendy, Thomas, Shev e Leo, si ritrovano catapultati in un destino più grande di loro: di fronte a un’invasione aliena devastante, scoprono una sala segreta rimasta sigillata per secoli, il luogo in cui un tempo sorgeva la Tavola Rotonda di Re Artù. Le armature dei cavalieri giacciono lì, custodi silenziose del tempo, della tecnologia, del più classico dei ponti tra passato e futuro.

Indossarle significa rivivere un ricordo ancestrale: i ragazzi diventano i nuovi Artù, Galahad, Lancillotto e Parsifal, riaccendendo la memoria del mito nel presente. Nel rappresentare questa nuova Camelot, il fumetto usa la mitologia arturiana come uno specchio per la memoria: ciò che la storia ufficiale ha relegato a leggenda si rivela realtà nascosta.

Viene da chiedersi quante delle nostre leggende siano frammenti di verità dimenticate, quanta parte della storia viva solo nei racconti. L’intelligenza artificiale Merlino, qui (re)immaginata come un’entità millenaria sopravvissuta al tempo, ne è un esempio evocativo. Questo Merlino digitale possiede ricordi di quella guerra antica contro gli alieni, ma la sua memoria è incompleta, danneggiata dal silenzio dei secoli.

Attraverso Merlino, la memoria diventa personaggio: una mente che trattiene conoscenze cruciali sul passato, ma le cui lacune ricordano dolorosamente come il tempo erode anche i ricordi più potenti. Merlino fatica ad accedere a parti del suo database mentale, incapace di ricordare come la battaglia decisiva fu vinta. È un momento simbolico: persino la macchina custode della storia può dimenticare, così come gli esseri umani dimenticano i propri miti… o li raccontano in forma diversa.

IL SIGILLO DI MORGANA

Cavalieri
I cavalieri della tavola metallica – ©EdizioniBD

Emblematico è l’incipit del fumetto: nelle prime pagine veniamo proiettati in medias res, in una sequenza futuristica tragica e dal forte impatto, che immediatamente cattura l’attenzione e suscita domande. Questo salto avanti nel tempo getta un’ombra sul resto della vicenda, conferendo alla narrazione un tono sospeso tra la predestinazione e il rimpianto, quasi fosse il ricordo di un futuro possibile.

Espediente narrativo che invita a riflettere sulla fragilità della memoria: cosa accade quando i dettagli del passato svaniscono? Il mito arturiano diventa quindi strumento di indagine, permettendo agli autori di rappresentare la memoria come qualcosa di vivo ma vulnerabile, da interrogare e riscoprire pezzo dopo pezzo. Non si tratta solo della memoria storica, ma anche di quella personale. Attraverso gli occhi di Wendy, inizialmente una ragazza timida la cui vita “in un solo istante… è andata in pezzi” a causa dell’attacco alieno, percepiamo lo shock di un presente che frantuma il ricordo di una quotidianità serena.

Quelle poche ore trasformano per sempre il significato del passato: c’è un “prima” che sopravvive solo nei ricordi e un “dopo” fatto di macerie e coraggio improvvisato o passato dimenticato. Camelot riesce a evocare questo contrasto con tocco poetico: la normalità perduta di un lunedì mattina qualunque brilla nella memoria come un’epoca di innocenza, mentre il presente costringe i protagonisti a diventare eroi loro malgrado.

Il mito di Artù, in tal senso, offre una cornice emotiva: i giovani trovano nella leggenda una guida per affrontare il trauma, aggrappandosi a nomi e simboli antichi come a ricordi collettivi di speranza, un po’ come ascoltare la stessa canzone in loop in tempi di lacrime e tristezza.

Il passato come forza del presente

Vedere un gruppo di ragazzi contemporanei stringere Excalibur (o ciò che essa rappresenta in versione fantascientifica) produce una risonanza profonda nel lettore: è la promessa che dal ricordo del passato può scaturire la forza per reinventare il futuro. Va detto che in questo primo volume l’uso del ciclo arturiano resta in parte superficiale: al di là di nomi e riferimenti iconici (Merlino, Lancillotto, la Tavola Rotonda), gli autori evitano di riproporre pedissequamente valori e temi medievali fuori contesto.

Non troviamo espliciti richiami alla cavalleria cortese o al misticismo del Graal, scelta sensata dato lo scenario di fantascienza contemporanea, ma che riduce il mito arturiano a ispirazione estetica più che tematica profonda. Tuttavia, questa distanza voluta può anch’essa essere letta come un commento sul valore del passato: Camelot è un’ombra che torna, adattandosi a un mondo nuovo. Sta al lettore (e forse ai prossimi capitoli della serie) interrogarsi su quanto di quella leggenda rimanga autentico e quanto sia cambiato.

In fondo, Camelot ci pone di fronte a una domanda sottile: le memorie e i miti che custodiamo possono davvero guidarci, o sono destinati a trasformarsi mentre li reincarniamo nel presente?

SEGNI A MATITA

Character Design
Il segno del tempo – ©EdizioniBD

Se la trama di Camelot fonde passato e futuro, lo stile grafico e narrativo dell’opera ne amplifica l’impatto con scelte visive e strutturali mirate. Marco Del Forno ai disegni e Claudia Giuliani ai colori creano un mondo vibrante, dove ogni tavola (rotonda) sembra oscillare tra la magia di una fiaba e l’adrenalina di un anime fantascientifico.

Il tratto di Del Forno si inserisce nel solco della moderna scuola occidentale: figure e ambienti realistici ospitano personaggi dai volti espressivi, con occhi e linee che tradiscono un’ispirazione manga innestata su un’impostazione europea; quel manga europeo, appunto, che oggi soffia dal lato del vento giusto.

Questa fusione stilistica dona ai protagonisti un’umanità tangibile, le loro emozioni si leggono chiare sul viso senza rinunciare a un dinamismo quasi cinematografico nelle scene d’azione. Anche la composizione delle tavole merita attenzione. L’autore non teme di variare spesso inquadrature e layout, passando da vignette ampie che respirano epica a sequenze serrate che aumentano la tensione.

Nonostante la creatività visiva, la narrazione resta sempre limpida: Del Forno privilegia la chiarezza, evitando sperimentazioni troppo estreme che possano confondere il lettore. Il risultato è uno storytelling fluido, in cui l’occhio è guidato attraverso la pagina con naturalezza. Il ritmo del racconto beneficia di questa regia sapiente: le scene d’azione si succedono con un montaggio incalzante, alternate a momenti più lenti di scoperta e dialogo che permettono di tirare il fiato e assimilare la portata emotiva degli eventi.

IL COLORE DEI RICORDI

Tavole Rotonde
Il giorno del giudizio – ©EdizioniBD

I colori di Giuliani accendono ogni vignetta con tonalità vivaci e calde, arricchite da giochi di luce al neon. Questa scelta cromatica dona alle scene un’atmosfera energica e quasi onirica: le esplosioni nel cielo notturno brillano di rosa e viola elettrico, le armature scintillano di blu e oro, creando un contrasto suggestivo tra la modernità fantascientifica e il calore nostalgico del mito. L’effetto è coinvolgente, anche se a tratti le immagini risultano così lucide da sembrare patinate, avvolgendo la brutalità della guerra in un’estetica da sogno.

Le armature dei nuovi cavalieri sono un punto di incontro riuscito tra Medioevo e futuro. Ogni armatura riflette il cavaliere leggendario di riferimento (dal drago di Artù al grifone di Lancillotto, ad esempio) ma al tempo stesso ricorda i mecha e i super-sentai televisivi. I I giovani eroi indossano simbionti robotici alieni che fungono da armature potenziate, conferendo al fumetto quel gusto pop e spettacolare che mescola la cavalleria con la sci-fi più spinta.

Questa commistione visiva rende omaggio ai miti antichi esaltandoli con la meraviglia tecnologica: Camelot rivive in tute corazzate luminescenti, e l’effetto è tanto bizzarro quanto affascinante.

Ogni pausa narrativa: un attimo di silenzio in un rifugio improvvisato, uno sguardo ai cieli devastati prima della prossima tempesta, diventa l’occasione per il lettore di assimilare il peso di ciò che accade, quasi sentendo il riecheggiare delle leggende dietro la polvere del presente.

ECO DEL TEMPO

Tavola disegnata
Passato e Futuro – ©EdizioniBD

In definitiva, Camelot si presenta come un fumetto d’avventura che parla al pubblico giovane, ricco di azione e fascino pop, ma capace anche di risvegliare corde inaspettatamente intime. La sua missione dichiarata è intrattenere e incuriosire, magari avvicinando i nuovi lettori al fascino senza tempo del ciclo arturiano.

Eppure, sotto la superficie scintillante, c’è una malinconia di fondo che mi ha colpito nel profondo. Sfogliando le pagine, è difficile ignorare le immagini di città in macerie e famiglie in fuga senza pensare alle tragedie del mondo reale. Quelle tavole di distruzione, sebbene filtrate dalla fantasia fantascientifica, risuonano come un’eco delle paure contemporanee, ricordandoci che la memoria della guerra non appartiene solo ai libri di storia.

In un periodo in cui notizie di conflitti e perdite riempiono i nostri giorni, vedere l’orrore attraverso il filtro degli alieni offre un paradossale sollievo: la distanza dell’inumano rende il dolore narrato più sopportabile, e allo stesso tempo ci rammenta quanto sarebbe insostenibile se a infliggere tale devastazione fossero esseri umani come noi.

Camelot, la sicurezza del mito

È una riflessione amara che affiora tra le righe, aggiungendo spessore emotivo alla lettura. Camelot accende anche la nostalgia per i miti dell’infanzia. In conclusione, la recensione di Camelot non può che riconoscere la duplice anima di quest’opera: da un lato racconto di intrattenimento con alcuni cliché inevitabili (i protagonisti ricalcano tipi noti, la trama riprende schemi già visti), dall’altro viaggio riflessivo ed evocativo attraverso ciò che il passato rappresenta per il presente.

La forza di Camelot sta nella sua capacità di equilibrare questi due livelli. La lettura scorre rapida e appassionante, sostenuta da disegni di grande impatto e colori che scaldano l’immaginazione. Al tempo stesso, terminato il volume, resta nell’aria una domanda che vale la pena assaporare: quale ruolo gioca la memoria, personale o collettiva, nelle nostre storie?

Come accade con i miti. Come accade con la loro metamorfosi.

Conclusioni

7.0 Esaltante

Una storia esaltante che fa dei disegni e dei colori la sua forza, attraverso la rivisitazione meno classica del mito di Camelot.

PRO
  1. Evoluzione della storia
  2. I colori
CONTRO
  1. Stereotipi nei personaggi
  • Voto Screenworld 7
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