Prima di immergerci nella filmografia di questo giovane ma eccentrico cineasta, è doveroso riportare qualche dato biografico che lo riguarda. Yorgos Lanthimos nasce ad Atene il 27 maggio 1973. Dopo gli studi di regia cinematografica e televisiva, inizia a lavorare realizzando video per compagnie di teatro e danza, spot televisivi e cortometraggi. Sul grande schermo esordisce nel 2001 con un film semi sconosciuto e scarsamente distribuito: “ O kalyteros mou filos”, lungometraggio diretto assieme al suo mentore Lakis Lazopoulos. Da quel momento in poi si dedica solo al cinema. Fatte queste premesse, ecco tutti i film di Yorgos Lanthimos dal “peggiore” al migliore.
7. Kinetta (2005)
L’esordio alla regia di Yorgos Lanthimos avviene in In una città di villeggiatura greca, che dà il nome al film. Una serie di omicidi smuovono la quiete della zona ed un poliziotto è chiamato ad indagare e per l’occasione ingaggia un commesso di un negozio di fotografia ed una giovane cameriera. Il trio si adopera e scovare gli indizi necessari, sotto la supervisione del poliziotto, la quale valenza è sì analitica ma discutibile in termini scientifici. La storia procede per intrecci su più piani, da una parte amorosi e dall’altra legati al caso da risolvere. Lanthimos dirige il film con un’attenzione particolare per l’utilizzo della macchina da presa, sempre a mano: effetto o voluto o evidente di una mancanza di soldi in produzione.
Un film privo di musica, che lo stesso regista definisce, in modo autoironico, “surrealista”, in quanto nemmeno lui sa definire di cosa parli per davvero. Un film respingente fatto di ambienti respingenti: i protagonisti, gli alberghi, il mare impetuoso d’inverno, elementi che evidenziano quanto il fascino per il regista stia nel riprendere questi luoghi, tipicamente frequentati di estate e colmi di vita, inquadrati d’inverno e la decadenza che questa stagione porta nei confronti della vita. Infine, ci sentiamo di dire che i richiami al Cinema Arthouse sono moltissimi, specialmente a quello del passato che vedeva nel mistero e nella domanda da rivolgere allo spettatore, anche in modo un po’ incosciente, la sua vera forza.
6. Alps (2011)
Nel penultimo gradino di questa “presunta” classifica inseriamo: “Alps”, film del 2011, svariati anni dopo l’esordio.Il film presenta sempre una produzione greca ed è forte di un sodalizio artistico tra regista e sceneggiatore, il nome in questione è: “Efthymis Filippou”, collaboratore che ritornerà più volte nella filmografia di Lanthimos. Il film narra di una storia, ancora una volta, ambientata Ad Atene, dove c’è una squadra di individui, formata da un paramedico, un’infermiera, una ginnasta e un allenatore, questi impersonificano sotto compenso, persone appena defunte per aiutare amici e parenti a lenire il dolore dell’elaborazione del lutto.
Rinvestito di uno humor pungente, il film segue le vicende di questo club di sovversivi ma che per tirare avanti elaborano diversivi. Il contesto si espande, c’è una città che li circonda e loro ci vivono dentro, respirano e mangiano all’interno di un sistema sempre respingente nei loro confronti. Lanthimos abbraccia una maggiore linearità in favore del surrealismo per cambiare le regole sociali e mostrare l’identità di queste persone attraverso l’accettazione da parte della società in favore di una convivenza civile. Ci sono poi, due elementi che ricorreranno spesso nella filmografia di questo regista, il primo è l’enfasi legato al corpo, uno strumento affascinante quanto deflagrante poiché sede di vuoti incolmabili; e poi la donna, la quale la ritroveremo più avanti, elemento che rompe gli schemi ideologici, stando alle regole e al dominio del maschio ma cercando di allontanarlo per evadere da una realtà pressante.
5. The Lobster (2015)
I continui riferimenti alle macchine BMW dei personaggi di Kinetta e i caratteristi holliwoodiani citati in Alps sono un preludio al grande desiderio di Yorgos, in quanto ragazzo ambizioso, di approdare in campo internazionale con un esordio in lingua inglese. The Lobster ci riversa all’interno di una società distopica, nella quale le persone sono prive di qualsivoglia relazione significativa, così vengono convocate presso un albergo dove, secondo le leggi stabilite dalla città, devono trovare l’amore in quarantacinque giorni, altrimenti la pena è essere trasformati in un animale di propria scelta. Di nuovo l’idea di uno humor giovanile figlio di tanto Cinema di passate generazioni ma stanco di sottostare alle regole e convenzioni, decide di cambiare rotta.
Il punto di contatto con lo starsyster e l’ambiente internazionale avviene grazie ad un’intesa elettiva con Colin Farrel, spogliato della sua tipica bellezza. In questo modo Lanthimos dirige un film di gradi vuoti, di grandi mancanze e pregno di odio. Tutti si guardano, si osservano e si giudicano in questo ambiente, ancora una volta, respingente di vita, nel quale tu sei chiamato a giocare e sei costretto ad innamorarti di qualcuno altrimenti attiri l’inamicizia di qualcun altro e della sua diffidenza nei tuoi confronti, pronto solo ad aprofittarsene, o ancora peggio, ad ammazzarti. Una satira sulla sessualià, poiché si deride l’indecisione alle domanda di che orientamento sei, ed una commedia nera sull’assurdo dell’esistenza e delle sue leggi ideate solo dal peggior animale: l’uomo.
4. Il sacrificio del cervo sacro (2017)
Si allargano gli orizzonti, si allunga l’aspettativa, ma Yorgos Lanthimos non ha paura di niente, è una macchina da guerra, così due anni dopo “The Lobster” torna in regia, nuovamente in collaborazione con lo scenggiatore: Filippou per una lettura ispirata della tragedia di Efigenia in Aulide di Euripide in un contesto completamente contemporaneo. Il protagonista è un celebre e rinomato cardiochirurgo che in passato ha sofferto di problemi legati all’alcoolismo. L’uomo inizia uno strano legame con l’adolescente Martin, figlio di un suo paziente che ha perso la vita dopo un’operazione. Il ragazzo, piano piano, si insinua sempre più nella sua vita familiare, tanto da stringere un rapporto anche con la coetanea figlia del dottore.
Quando tra i due si intende chiudere ogni sorta di legame, il figlio più piccolo inizia a soffrire di attacchi psicosomatici e Martin sembra esserne la causa. Sempre i rapporti sono al centro della narrazione. In questo caso, c’è un dualismo di uomini in contrasto tra di loro, uno ha commesso un errore in passato, l’altro figlio della conseguenza che ha portato al compimento di questo errore cerca vendetta. Un film sul pareggiamento di conti in sospeso e sulla regole dell’occhio per occhio come unico modo per risanare i debiti. Centrale il rapporto morboso tra Barry Kheogan, oggetto del desiderio e del mistero, e Colin Farrel, il primo talmente inquietante che sembra essere imbevuto da poteri metafisici e l’altro, come suggerisce la regia, sempre in costante pericolo e giudizio.
La divisone è costantemente, poiché frantuma totalmente gli equilibri e pone radici profonde nel tradimento e a conseguenti scelte crudeli. Lathimos ci conduce in un viaggio attraverso il disorientamento di una famiglia borghese che rappresenta l’occhio dello spettatore che alla visione comprende che non c’è speranza e che il sacrificio è l’unica soluzione possibile per compensare ai nostri errori del passato.
3. Dogtooth/Kynodontas (2009)
Uno dei film più riusciti di Lanthimos è sicuramente Kynodontas, del 2009, il quale narra di una famiglia greca che vive isolata, in una casa circondata da un grande recinto inespugnabile. L’equilibrio viene spezzato quando il padre, per soddisfare gli istinti sessuali del figlio, introduce in casa un elemento esterno: Christina. Grande accoglienza a Cannes, il film è il preludio di quello che sarebbe stato un autunno nero per la Grecia, con lo scoppio della crisi causata dai bilanci economici falsati che piegano il paese, il quale agisce con nuove regole rigide nei confronti della popolazione.
Questa coincidenza viene già analizzata a trattata da Lanthimos nel film, in modo provvidenziale ci presenta la politica del proprio paese attraverso l’immagine di una famiglia, talmente austera e asettica da non sembrare neanche greca ma dell’Europa del nord. Un film lucido nei movimenti e nella chiarezza che decide di accusare un sistema autoritario e totalitario rappresentato metaforicamente dal padre padrone nei confronti dei figli. Menzogne continue fanno da perno a queste punizioni che diventano violenze e torture. Il mondo esterno è malvagio, i figli non posso accedervi, è pericoloso e le insidie sono ovunque, prima bisogna essere addestrati per prepararsi alle difficoltà della società.
I figli sono apatici e incapaci di amare, essendo già incapaci di soffrire. Associati a cani da parte del padre, questi o obbediscono o devono essere puniti, non esiste ribellione e nemmeno sovversione. Tutto è pilotato, finto, è la bugia dei padri che per tanto tempo ci hanno mentito e chiusi in gabbia grazie ad una normalità inquietante che diventa anormalità disturbante. Nel finale apertissimo c’è forse della speranza, perchè tra quei figli che osservavano gli aerei volare nel cielo, una tra questi forse sognava la libertà e di conseguenza l’evasione.
2. La Favorita (2018)
Il cammino internazionale di Lanthimos sembra aver spiccato il volo e nel 2018 presenta al mondo un ritratto tutto femminile con La Favorita, un film in costume ambientato Nell’Inghilterra del XVIII secolo, che narra le vicende della fragile regina Anna e della sua cara amica Lady Sarah, la quale governa il paese al posto suo, fino a quando la nuova serva Abigail non entra in competizione con lei per ottenere i favori della sovrana e il potere. La Favorita è un viaggio nel tempo che mostra la difficoltà dell’epoca di essere donna, in un momento storico nel quale era impossibile la lotta di classe, attraverso una rappresentazione dell’epoca e della sua aristocrazia che governava il paese.
Protagonista è la regina, con la sua solitudine e la sua rabbia nell’impossibilità di avere figli intraprende una triangolazione politica e amorosa con altre due donne che danno vita ad un affresco elettrizzante che rimodella un cammino di espiazione sulle nostre ferite aperte, nascoste e mai chiuse. Formalmente si potrebbe definire come un film barocco e ambizioso ma nonostante ciò, Lanthimos è riuscito a condensare la sua idea e visione raggiungendo un pubblico più ampio con una storia che mette al centro la donna e le dinamiche di potere per raggiungerlo e la fine del maschio, presente dietro le quinte ma mai fondamentale, il regista, furbamente fa breccia nel mondo anglosassone con una tematica calda, forte del post “Me too” e tutte le sue argomentazioni.
Le protagoniste sono pregne di dolore legato alla trasformazione, sono figure spezzate, schiave dei propri traumi con un élite in sintonia politicamente, militarmente e sessualmente che fallisce e finisce perché incapace di reagire all’idiozia. Il finale, ancora una volta aperto, mostra la sconfitta della corona da parte dell’intelletto e della ragione che rimane in mano solo a stupidi, insensibili e apatici.
1. Povere Creature! (2023)
Oltre alle cicatrici che lo sfigurano e alle terribili menomazioni del suo fisico, Godwin Baxter deve a suo padre anche una sincera passione per il metodo scientifico e le pratiche chirurgiche. L’esperimento che più lo inorgoglisce è Bella, che tratta come una figlia. L’ha trovata cadavere, incinta di un feto ancora vivo, e le ridà il respiro trapiantando il cervello del neonato. Ora Bella, già grande e splendida nel corpo, cresce rapidamente anche nelle facoltà mentali, imparando a camminare, parlare e, soprattutto, desiderare. A nulla vale, a questo punto, il tentativo del suo creatore di fermarla: God(win) le ha dato la vita e, con essa, il libero arbitrio.
Povere Creature! È un capolavoro. Perché? Perché è un film che sa essere sì commerciale, con tutte le regole del gioco per vendersi al grande pubblico ma al tempo stesso rimanere fedele a sè con una storia visionaria che mostra tutto il genio artistico del suo regista che confeziona una storia ricca di mostri, di orrore ma di estremo fascino e bellezza. Bella Baxter è una creatura ricca di misteri e di sorprese, la sua natura è colma di curiosità e gioia nella scoperta attraverso una visone ariosa ed ampia. Lanthimos sposa la filosofia di Voltaire e l’avventurismo di Verne per dare, letteralmente, vita ad un personaggio che ripudia la mente ottusa e deprimente del mondo maschile e osserva il mondo esterno con una luce tutta nuova fatta di conoscenza ed intelletto. I rimandi a Frankestein di Mary Shelley ci sono, ma qui la creazione non è un mostro, uomo e deforme, ma è donna, amore e comprensione, non si giunge ad un uccisione da parte del creato nei confronti del creatore ma di un’accettazione fondata sull’equilibrio di amore per il dono della vita.
Un film che più che sull’emancipazione è sulla libertà e sulla capacità di scelta non vincolata dalle convezioni sociali ma dalla propria cultura ed intelletto. In questo modo Povere Creature! Condensa al suo interno una riflessione sull’amore e sulla sessualità, sulla scoperta e sulla necessità dell’abbattimento di certi paletti imposti da regole insulse e obsolete. Così facendo, idealizza un nuovo concetto che attribuisce grande ottimismo all’opportunità decisionale intesa come mezzo di realizzazione di sé e annulla il pessimismo dell’intelletto, che non è più arma egoista e anonima ma strumento di conoscenza per un mondo migliore e migliorabile.
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