Succede sempre ai festival: ci sono i titoli super attesi, con grandissimi nomi e star, che conquistano l’attenzione dei media e, a volte ma non sempre, anche elogi e premi; a volte però sono anche quelli che deludono di più. Poi ci sono quei titoli a cui all’inizio nessuno presta attenzione, ma che piano piano fanno parlare di sé soltanto per i loro meriti artistici e attraverso il passaparola. Sono spesso questi ultimi, in barba alle previsioni della vigilia, a diventare i vincitori (soprattutto morali) di queste kermesse.
Con questa recensione di Argentina, 1985 proveremo a spiegarvi perché, a nostro parere, il film di Santiago Mitre potrebbe effettivamente convincere la giuria di questo Venezia 79 e portarsi a casa un premio importante. O del perché, a prescindere da come effettivamente andrà, se lo meriterebbe.
Argentina, 1985
Genere: Drammatico
Durata: 140 minuti
Uscita: ND (Prime Video)
Cast: Ricardo Darín, Peter Lanzani, Alejandra Flechner, Santiago Armas
Una trama da legal drama che diventa una lezione di storia
La trama prende inizio nel 1984, subito dopo la fine del regime militare instaurato in Argentina nel 1976 e guidato dal generale Jorge Rafael Videla. Quando la corte marziale argentina si rifiuta di processare i governatori militari – responsabili del rapimento, tortura, omicidio e sparizione di oltre 30.000 persone – la difficile e pericolosa impresa passa al procuratore Julio César Strassera. Quest’ultimo con l’aiuto del suo nuovo assistente, Luis Moreno-Ocampo, e di pochi giovani volontari si troverà costretto a preparare in tempo record il più grande processo per crimini di guerra avvenuto dopo quello di Norimberga e a fare in modo che ci siano prove sufficienti a incastrare i criminali. Tutto questo senza poter contare sull’aiuto di nessun altro, soprattutto le forze dell’ordine, a causa di un paese ancora ferito, scosso e plagiato da questi tragici avvenimenti.
Ricardo Darín: un fuoriclasse alla guida di un cast perfetto
Sebbene i terribili avvenimenti della cosiddetta guerra sporca siano grosso modo noti a tutti, è ovvio che dalle nostre parti il nome di Strassera non dica poi molto. In Argentina, però, sono in tanti a ricordare ancora oggi il suo atto d’accusa finale, un discorso pronunciato in diretta TV e applaudito e celebrato in tutto il paese. Risulta evidente quindi che a interpretare un personaggio così importante non potesse che esserci Ricardo Darín, non solo attore straordinario ma anche simbolo del cinema argentino di qualità da molti decenni a questa parte. È proprio a lui che spettano i momenti cardine di questa vicenda ed è proprio su di lui che, giustamente, il regista punta per riuscire a bilanciare i tanti toni presenti nel racconto: drammatico, familiare, solenne, commovente, a volte perfino divertente. Insieme a Darín ci sono tanti altri attori che brillano (il braccio destro Peter Lanzani in primis), ma proprio come in una squadra di calcio affiatata e vincente, è sempre il fuoriclasse, in questo caso anche veterano del gruppo, a dettare i tempi giusti e a trasformare ogni azione/scena, anche la più semplice e banale, in qualcosa di indimenticabile.
“L’idea di giustizia come atto di guarigione”
Sarebbe ingiusto però pensare a questo Argentina, 1985 come a un film fatto principalmente di grandi attori. Perché prima ancora di essere un buon regista (si veda il precedente e altrettanto ottimo Il presidente), il quarantaduenne Santiago Mitre è innanzitutto un ottimo sceneggiatore, come dimostrano le passate collaborazione con un grande autore argentino quale Pablo Trapero. Il lavoro di Mitre in questo film è perfetto proprio perché, come dicevamo sopra, riesce a bilanciare i tanti toni del film, ma anche la necessità di informare e raccontare avvenimenti reali senza per questo mai diventare didascalico o banale.
Argentina, 1985 è sì un resoconto fedele e preciso di quanto avvenuto in quegli anni, ma è anche e soprattutto un film che riesce a raccontare quello che un intero paese si trovava ad affrontare. In questo senso si può leggere questa dichiarazione del regista come una vera e propria missione personale, quasi come se anch’egli, come il protagonista del suo film, sentisse il bisogno di guarire da una ferita ancora aperta. Una ferità che probabilmente non potrà mai rimarginarsi del tutto.
Nunca más
Nel vedere un film come questo, viene innanzitutto spontaneo ammirare come un regista riesca a sfruttare così bene il potere e la forza del racconto cinematografico per far venire a capo, o quantomeno provarci, un intero paese con il suo difficile passato. E altrettanto spontaneamente viene anche da chiedersi come mai in Italia si faccia molta più fatica ad affrontare argomenti altrettanto scottanti con la stessa efficacia. Perché questo Argentina, 1985 è davvero tutto quello che un dramma politico o comunque un racconto di una storia vera dovrebbe fare: informare, far riflettere, emozionare. Il tutto riducendo al minimo la retorica e inserendo un minimo di leggerezza, ove possibile, per renderlo più naturale e godibile anche per il grande pubblico.
Perché storie del genere non solo hanno bisogno di essere raccontate e raccontate bene, ma soprattutto hanno bisogno di essere ascoltate e vissute. Proprio per questo è davvero difficile non immaginare un futuro davvero roseo per questo Argentina, 1985 e per il suo regista Santiago Mitre: è il cinema stesso, anche quello dei festival, ad averne bisogno.
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La recensione in breve
Argentina, 1985 è un film davvero solidissimo e sostanzialmente privo di difetti. L'unico appunto che gli si potrebbe fare è quello di essere poco originale e di rischiare poco o nulla: ma quando hai una storia così importante da raccontare, e lo fai così bene, davvero non ha senso chiudere di più. Film del genere bisogna solo goderseli, farli conoscere il più possibile soprattutto alle nuove generazioni e sperare che ci aiutino a far modo che orrori del genere non si ripetano più.
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Voto ScreenWorld