Sono già passati 22 anni dal debutto in sala del primo film Spider-Man di Sam Raimi. In relazione al tempo, fa anche strano pensare come il personaggio si sia evoluto negli anni, dapprima emblema di un cambiamento storico in mezzo al passaggio tra due secoli e due millenni, per finire ad essere quasi una caricatura di se stesso, donato in pasto ad ogni qualsivoglia desiderio del pubblico generalista affamato sempre delle solite cose. Bizzarro pensare alla versione estremamente personale di Raimi dedito al personaggio più illustre della Storia dei fumetti Marvel, concezioni e caratteri assai distanti temporalmente da oggi, per registri stilistici diversi e tonalità opposte.
Immaginate un noto regista lavorare all’interno di un set cinematografico di New York, fino ad allora la sua carriera si era legata quasi esclusivamente al genere horror. Sam Raimi, in quel concitato contesto, stava girando delle scene per il suo prossimo film, Spider-Man. L’inquietudine e il fermento erano alla regola del giorno, per non parlare della nevrosi del cast sempre più timoroso di aver commesso un errore; a partire dall’attore protagonista, Tobey Maguire, il quale spesso si lamentava del costume e della sua maschera che non gli permettevano di vedere o muoversi chiaramente. Fin qui, le vicissitudini produttive di Spiderman sembrerebbero renderlo una una storia estremamente reale e invece parliamo di pura fantasia.
Nessuno aveva il coraggio di lanciarsi da un grattacielo
Quella stessa fantasia che la produzione aveva tanto faticato a far combaciare con la sua idea sul film. La pellicola di Raimi, infatti, arrivò dopo anni burrascosi di funamboliche ricerche e vani tentativi di coinvolgere nel progetto nomi altisonanti come James Cameron, il quale aveva comunque abbozzato una storia che si discostava quasi totalmente dagli eventi narrati nei fumetti.
Tuttavia, l’idea più geniale e fantastica rimane quella dei lancia-ragnatele organici. Nella sua versione, Cameron voleva tratteggiare un uomo ragno interpretato da Leonardo DiCaprio, più cupo con maggiore scabrosità e sesso. In una New York ottenebrata dal maligno, Electro era un uomo d’affari senza scrupoli tipicamente americano, imbevuto di valori tradizionalisti e deciso ad accrescere il capitale assieme alla guardia del corpo personale Sandman. Nel corso dei mesi, il film rimase incastrato in numerose dispute legali e l’enorme iniziativa vide la luce solo alla fine del secolo scorso.
Tra gli svariati registi avvicinati, David Fincher, anch’egli convinto che una versione più oscura del personaggio fosse più convincente, considerando anche il suo stile personale, propose un adattamento incentrato sulla storia della morte di Gwen Stacy, tuttavia, tale visione venne subito osteggiata. A seguito di molteplici riscritture, lo Spider-Man definitivo uscì nel 2002 accolto da uno strepito popolare fragoroso che confermava la grande ondata rivoluzionaria innestata al vasto pubblico, grazie all’avvento negli anni precedenti da Blade e X-men, enormi successi al botteghino.
La forza del supereroe nel corpo di un ragazzo
Nel narrare le origini del supereore, Raimi sceglie la più classica delle versioni, riprendendo l’idea di Cameron dei lancia-ragnatele organici. Il regista crea un immaginario semplice ma mai banale, dall’impostazione futuristica trattandosi di una storia fantastica ma contestualizzata in un’ambientazione iper realistica della New York contemporanea. Il riflesso dell’America di fine anni 90′ e primi 2000′ era di un’aria malsana e bizzarra allo stesso tempo, la quale creava un’atmosfera di perfetta attesa e desiderio per il nuovo spiderman.
Al centro di tutto, l’idea che tutti possano essere degli eroi, favorita dall’invenzione della spydercam, che permetteva di inquadrare vertiginosamente i volteggi sul palazzi della città. In quel periodo, il sogno era di stringere tra le mani il tanto agognato pupazzo del supereroe. Pupazzetti che sembravano rispondere con dei corpi scultorei incredibilmente realistici, al desiderio di essere quel corpo. Quel corpo desiderato o idealizzato, la sua corporalità, emblema dell’atto supereroistico, concetto al centro del film; desiderio che si fa anche carnale da momento in cui c’è una love story al suo interno.
Mary Jane di è una donna ingabbiata dall’idea del oggetto del desiderio da parte del maschio che desidera possederla, una bramosità che prima di essere forte spinta sessuale è innanzitutto sentimento romantico e d’affetto legato alla scoperta della sessualità in età adolescenziale. Il viaggio di Peter è quello di un ragazzo all’interno dei cambiamenti del suo corpo, un percorso personale che la regia di Raimi sottolinea in tutta la sua inquietudine. Un corpo afflitto da contorsioni e deformità, le quali sprigioneranno una nuova forma potenzialmente mostruosa o splendente che sboccia librandosi nel cielo come una farfalla liberata dal suo bozzolo.
Chi è il supereroe moderno?
Peter è un adolescente con gli occhi che brillano poiché innamorati, anche se costantemente impacciati. Mary Jane non lo ricambia, e non ha neanche il rispetto dei suoi coetanei per via del suo aspetto fisico. Talmente impegnato a preoccuparsi di ciò che non ha, piuttosto di apprezzare quello che ha già, un amico fedele come Harry e due splendidi amorevoli zii sempre pronti a sorreggerlo. Nella sua trilogia, Sam Raimi annichilisce Peter con vestiti antiestetici e anacronistici, un andamento impacciato, esitante e timido, facendo risaltare, in questo modo, lo spiderman di Maguire come l’unico tra i tanti ad aver rappresentato l’essenza intrinsecamente “sfigata” del personaggio.
Questo favorito dal fatto che nel 2002 lo sguardo del mondo del cinema e non solo sull’universo supereroistico era nettamente differente da oggi e la natura fumettistica veniva indubbiamente accettata di più. L’essere strambi e scentrati faceva parte dell’essere un supereroe fino a quando l’accesso al filone è diventato di tutti, e allora i personaggi si sono adattati al mondo come se fossero loro stessi a doversi ambientarsi e non viceversa, modellando il proprio costume sugli usi e costumi della società. A vederlo oggi, lo Spider-Man di Sam Raimi appare come l’antitesi del concetto di eroe, la quale modernità risiede nell’umorismo Marvel che dilagando ha invaso tutti i personaggi dei loro film relegandoli a piatte macchiette ma molto abili con le parole. A differenza di Peter che era un nerd, figura che negli anni avvenire non sarà più bollato come un aspetto della personalità da allontanare.
Potere e Responsabilità
La forza del successo di Raimi e dello sceneggiatore David Koepp si adagia sulla genuinità del pubblico dell’epoca, il quale proveniva da un’idea dell’atto supereroistico agli antipodi e mai così dichiaratamente emancipato. Spider-Man è figlio della spensieratezza degli anni ‘90 ma riversato nella mischia degli eclettici primi anni 2000′, nella stessa maniera con la quale il suo protagonista si riversa sulle caratteristiche enormi strade di New York. Lo spettro che Spider-Man si trascinava era quello di un vecchio incapace di accettare di stare invecchiando, perseguitato da un giovane rampante che ha fretta di dimostrare il suo valore.
Un vecchio fisico non pronto ad approdare agli anni 2000′, rinchiuso all’interno di un’armatura autoreferenziale. Certamente, a distanza di 22 anni, Spider-Man non nasconde le piaghe del tempo sui fianchi ma è la forza genuina sprigionata a donargli eterno fascino, e il pubblico lo sapeva bene e fu lui ad amarlo a tal punto da richiedere un seguito, il quale se possibile dire è ancor più bello. Oggi, dopo le più disparate e più o meno belle versione di Spiderman trasposte sul grande schermo viene da chiedersi se davvero la mitologia dell’arrampicamuri abbia perso smalto.
Eppure la paura lancinante dei Cinecomics moderni di essere dimenticati troppo in fretta o di non risultare più credibili per le nuove generazioni, sembra non aver smosso di un centimetro il film di Raimi, mai detronizzato dal suo status di essere tra i primi cinecomic capaci di influenzare ed ispirare non solo i nerd repressi ma soprattutto gli adulti complessi. Spider-Man, è un film che ha ben poco a che fare con una realtà astratta, bensì è un film sulla corporalità che muta; e il multiverso tangibile che ne deriverà lo rende ancor oggi uno dei cinecomic più riusciti ed autentici di sempre.
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