Nel corso degli ultimi quindici anni la quantità di remake in live action di film animati è aumentata significativamente – soprattutto grazie anche a Disney, che dal 2014 produce quasi ogni anno una nuova versione di un suo Classico. Se negli anni Novanta si erano già visti i primi esperimenti con (il poco riuscito) Mowgli – Il libro della giungla e il ben più noto La carica dei 101, tutto è cambiato con l’arrivo di Alice in Wonderland nel 2010. Il lungometraggio di Tim Burton, forte di un miliardo di dollari al box office e ben due premi Oscar, ha avuto un successo tale da avviare un vero e proprio trend.
La formula utilizzata per riproporre le storie amate dai bambini di tutto il mondo negli ultimi ottant’anni, però, non è stata sempre la stessa. Alcuni remake hanno dato vita ai propri cartoni animati riproponendo fedelmente le stesse atmosfere del film originale, riprendendo le stesse battute e persino le stesse inquadrature (il recentissimo trailer di Dragon Trainer ne è un chiaro esempio). Altri hanno riproposto la storia dell’antagonista, approfondendo il suo punto di vista (come nel caso di Cruella e Maleficent). In Mulan, invece, si è deciso di rimuovere alcuni elementi presenti nel Classico del 1998 (le canzoni e il personaggio di Mushu) affinché il film fosse storicamente più fedele alla leggenda cinese.
Il fenomeno dei remake in live action non si è neppure fermato ai classici Disney: negli ultimi anni sono state prodotte serie come Cowboy Bebop, Avatar e One Piece, tutte tranne da anime di successo – con i film di My Hero Academia e L’Attacco dei Giganti in dirittura di arrivo. Ma per quali motivi vengono realizzati i remake in live action? E cosa spinge le persone a vedere un film di cui conoscono già la storia?
“I cartoni animati sono per bambini”
Una delle credenze più comuni legate ai film e alle serie d’animazione è che questi prodotti siano indirizzati unicamente a un pubblico di giovanissimi. Basterebbe citare opere come Belladonna of Sadness e Perfect Blue, o ancora serie come Berserk e Neon Genesis Evangelion per smontare questa teoria, ma questo preconcetto è purtroppo ampiamente diffuso. Da qui emerge una prima certezza: i live action riescono ad attirare un pubblico più ampio, quello degli adulti, in cerca di maggiore profondità emotiva o drammaticità in un’esperienza cinematografica più “adulta”.
Nel caso dei remake di Disney, lo studio americano è solito modificare le opere originali – rimuovendo alcuni elementi o personaggi comici mantenendo comunque un tono più drammatico. L’esperienza di visione mira così a farsi universale, accontentando le pretese dei grandi senza dimenticare le esigenze dei più piccoli. Allo stesso tempo, questo stratagemma permette di inserire tematiche o approfondire messaggi maturi solamente accennati nelle versioni animate – come l’emancipazione femminile in Mulan e Cenerentola o lo sfruttamento animale in Dumbo.
Passato e Presente
Realizzare un remake live action di un prodotto molto amato avvicinerà all’opera una nuova generazione di spettatori, permettendo loro di conoscere per la prima volta quelle storie. Non solo: in moltissimi casi è possibile che i più piccoli o i nuovi fan dei remake possano riscoprire il film o l’opera originale, come successo nel caso di One Piece. La serie Netflix ha generato una nuova orda di appassionati pronti a recuperare il manga e l’anime, senza considerare la quantità di merchandising, spin off e gadget che possono rilanciare un intero universo narrativo sul mercato – allontanandolo definitivamente dal dimenticatoio.
D’altra parte, i remake hanno anche una forza tale da richiamare la generazione cresciuta con le opere originali, puntando tutto sul fattore nostalgia. L’idea commerciale di Disney punta proprio a questo: riproponendo i film Classici, soprattutto quelli degli anni novanta come Il Re Leone, La Sirenetta o Aladdin, la speranza è soprattutto che gli spettatori di vecchia data possano rivivere le stesse emozioni che hanno segnato la loro generazione in una nuova forma.
Successo assicurato
In un’epoca in cui la paura dei flop ha reso sempre più raro puntare su progetti nuovi e originali, le major sono convinte che ricreare un’opera di grande successo sia la strada più semplice per ripetersi. Disney sembra averlo capito molto bene: ben quattro remake in live action sono presenti nella top 50 dei film con il più alto incasso di sempre – Il Re Leone (al nono posto), La bella e la Bestia (al ventunesimo), Aladdin (al quarantunesimo) e Alice in Wonderland (al quarantasettesimo). Quando alla base c’è un gruppo di fan consolidato e un’idea che funziona narrativamente, arrivare al flop sembra parecchio difficile. Finché il pubblico sarà disposto a pagare per rivivere queste storie in formati diversi, la presenza massiccia dei remake sarà semplicemente inevitabile.
Lo stesso discorso vale per gli spettatori: con l’aumento dei prezzi dei biglietti e l’avvento di numerosi servizi streaming è sempre più difficile spingere le persone fuori dalla loro comfort zone. Uno dei pochissimi modi per riavvicinarle è ricreando le storie più amate di sempre: così facendo, il pubblico si sentirà più sicuro e invogliato a investire soldi in un film da cui sa già cosa aspettarsi. Si tratta comunque di un rischio: Netflix ha provato un’operazione simile con Cowboy Bebop, ma lo show ha ricevuto recensioni negative e ascolti molto bassi, finendo per essere cancellato.
Anche Disney ha subito la sua parte di batoste: di tutti i remake finora realizzati, alcuni non hanno ottenuto la popolarità e il successo sperati – Lilli e il Vagabondo, così come Pinocchio, sono stati rilasciati solo su Disney+, accolti negativamente dalla critica e dal pubblico.
Effetti visivi al passo coi tempi
Un altro dei motivi per cui si realizzano sempre più remake in live action è legato agli incredibili progressi della CGI negli ultimi 20 anni. Se fino agli anni 2000 far interpretare ad attori ruoli di animali sarebbe risultato poco credibile, oggi gli effetti digitali e la performance capture lo hanno reso possibile, permettendo di registrare in tempo reale movimenti del corpo e mimica facciale per trasporli fedelmente in computer grafica.
Oggi più che mai, gli attori sono in grado di esprimere emozioni realistiche attraverso le proprie controparti digitali. Inoltre, attraverso la sincronizzazione labiale, i personaggi animati sembrano realmente “parlanti” e creano un maggior senso di realismo. La CGI permette anche di creare ambientazioni più complesse e spettacolari rispetto all’animazione tradizionale o a quella moderna.
Il rovescio della medaglia
Nonostante i numerosi successi finanziari e di pubblico, non mancano le critiche nei confronti di questo recente fenomeno. Tra quelle più frequenti troviamo la mancanza di originalità: molte persone ritengono Hollywood in crisi, costretta a rifugiarsi in opere già conosciute e amate ricreandole in una nuova versione. Per alcuni si tratta di becere operazioni di marketing, di opere dal valore artistico praticamente nullo. Addirittura film come Il Re Leone e La Sirenetta vengono spesso criticati per l’eccessivo realismo: la scelta di animali “fotorealistici” elimina l’espressività iconica dei personaggi originali, rendendoli senz’anima e senza emozioni.
I remake seguono quasi sempre la trama dell’opera originale, prendendosi raramente delle libertà creative e rendendo la visione poco interessante per una buona fetta di spettatori. Al tempo stesso, però, un’altra parte di pubblico critica queste produzioni quando sono eccessivamente modificate – che si tratti delle scelte del cast (come nel caso de La Sirenetta di Halle Bailey) o dei cambiamenti narrativi (come in Mulan). È difficile comprendere quale sia il giusto equilibrio tra fedeltà e innovazione. Una cosa è certa: sarebbe opportuno analizzare caso per caso, considerando ciascuna operazione in base a diversi fattori. Del resto, se una serie come The Last of Us, fedele al 100% al videogioco originale, è stata comunque promossa dal pubblico nonostante fosse già di per sé un prodotto pseudo-cinematografico, è davvero il caso di rischiare?