“Il cinema è la vita senza le parti noiose“. Così disse un certo Alfred Hitchcock. Eppure a volte c’è un cinema che la vita la imita alla perfezione. Con i suoi tempi morti, con le sue attese, i silenzi e i gesti. Ce ne siamo accorti guardando lo splendido Past Lives. Un film delicato e struggente, che finalmente arriva la cinema dal 14 febbraio, forte di due nomination ai Premi Oscar come Miglior Film e come Miglior Sceneggiatura Originale. Un film sul bene che sopravvive all’innamoramento, scritto e diretto con impressionante tatto e consapevolezza dall’esordiente Celine Song.
Regista che ha basato Past Lives proprio su un preciso momento della sua vita, un’esperienza davvero vissuta come una specie di grande epifania. Song l’ha raccontata così: “Ero seduta lì tra questi due uomini che mi amavano in modi diversi, in due lingue diverse e due culture diverse. E io ero l’unico motivo per cui questi due uomini parlavano tra loro. C’è qualcosa di quasi fantascientifico in questo. Ti senti come qualcuno che può trascendere la cultura, il tempo, lo spazio e la lingua“. E allora eccolo il cinema che imita la vita. Un cinema prezioso. Nasce così Past lives. Un film di cui avevamo bisogno. Ecco perché.
Semplice ma non facile
Riassunto veloce. Di cosa parla Past Lives? È la storia di due anime gemelle divise dal destino e dalle scelte della vita. Hae Sung e Nora sono due ragazzini di Seoul che si innamorano fin da piccoli. Poi lei è costretta a lasciare la Corea del Sud per trasferirsi in America e seguire le sue ambizioni, mentre lui resta in patria conducendo una vita più canonica. Un brusco allontanamento che negli anni non li separerà mai del tutto. Basta. Non vi diciamo altro perché non c’è altro da dire sulla storia di Past Lives. Un film che se ne frega dei colpi di scena, delle trame complesse, dando più importanza ai dettagli, alle piccole cose non dette e non fatte.
In un’epoca in cui tutto è sovraesposto, mostrato e urlato, Past Lives trattiene in gola tutti i suoi sentimenti e li lascia decantare nella pancia, negli occhi e nel cuore del pubblico. Questo è un film di gesti, silenzi, espressioni messe in scena senza urlare mai con una delicatezza registica davvero rara e preziosa per un’esordiente come Song. Ed è proprio per questo che Past Lives ha meritato la sua nomination come miglior sceneggiatura. Perché, anche se non sembra, le cose semplici non sono mai facili da raccontare. Perché non c’è sempre bisogno di una grande storia quando il cinema è capace di dare voce e forma anche all’invisibile. Cose immateriali come il rimpianto, le cose non dette e soprattutto un tipo di amore insolito da vedere sul grande schermo.
Un altro amore
Quante vite possiamo vivere? Quanto cambiamo in ogni relazione? Quante persone riusciamo a essere? È quello che si chiede di continuo questo film delicato e struggente. Un assillo gentile che si insinua dentro due primi amori che si cercano e rincorrono per oltre vent’anni. Tutto racchiuso dentro un’opera che arriva in sala proprio il giorno di San Valentino, ma che di tutto parla tranne che di innamorati. Qui non si parla di passione o fuochi che divampano, ma di lontananza, rimorso, pentimento. E di tutto quello che sopravvive a tutto questo. Qualcosa che viene alimentato solo col tempo. Una cosa che a più che fare con l’amore che con l’innamoramento. La bellezza di Past Lives è anche nella sua capacità di dare forma a un sentimento complesso, che assomiglia più al Bene più puro. Perché il film è ambientato in un tempo tutto di Nora e Hae Sung. Mai vissuto davvero.
Fatto delle scelte che non abbiamo fatto, delle persone che non siamo diventate, delle distanze che non abbiamo colmato, del coraggio che non abbiamo avuto, della vita che va avanti e ci domina, calpestando i nostri desideri più puri e innocenti. Past Lives vive nel tempo della malinconia e bussa alla porta di chiunque abbia dentro un amore mai consumato dallo stare insieme. Un film che mi ha fatto venire voglia di ritrovare Nora e Hae Sung tra 12 anni. Come se fossimo nella Before Trilogy firmata Richard Linklater.
Lezione di empatia
Chiudiamo il nostro inno d’amore a Past Lives applaudendo davanti a quello che forse è il personaggio più bello e complesso del film: Arthur, il marito americano di Nora. Un uomo costretto a vivere al fianco di una donna spesso col cuore e la mente altrove, ma che non smette mai di capirla, assecondarla e mettersi nei suoi panni. Un atteggiamento empatico davvero commovente, che va controcorrente nel mondo egoriferito ed egoista di oggi.
Ecco, attraverso il comprensivo Arhtur, Past Lives ci ricorda ancora una volta una cosa importante. Ovvero che il vero amore è anche questo: non pretendere mai, lasciare andare, lasciare spazio e soprattutto avere grande rispetto per quello che provano gli altri. Un amore altruista che incarna il senso più bello di un film capace di scavarti dentro pochi film sanno fare. Ecco perché avevamo davvero tanto bisogno di Past Lives.
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