Ormai manca veramente pochissimo alla cerimonia di consegna dei Premi Oscar 2024: nella serata del 10 marzo, infatti, ci sarà la serata che, di fatto, concluderà la stagione dei premi, sancendo (in teoria) il meglio della stagione cinematografica che ci siamo lasciati alle spalle. Inoltre, quest’anno la cerimonia di consegna degli Oscar 2024 verrà trasmessa su Rai 1, in chiaro: una scelta che dimostra quanto gli Oscar abbiano ormai da tempo smesso di essere un evento per gli appassionati o gli esperti del settore e siano diventati, al contrario, un fenomeno di massa. Questo anche grazie ai social che avvicinano le persone e rendono senz’altro più facile parlare di tutto. Tuttavia, la vera domanda che sorge all’alba della premiazione è: la stagione del premi ha ancora senso?
La celebrazione del cinema
Ricevere un Premio Oscar è stato e continua ad essere un grande onore e una grande soddisfazione per chi lavora nel cinema: è, ancora, un riconoscimento che può fare la differenza nella carriera di tutti gli artisti che, a vari livelli, si muovono in una Hollywood che forse può aver perso un po’ dello splendore degli inizi, ma continua ad essere una fabbrica di sogni. In questo senso è chiaro che la stagione dei premi ha ancora una sua funzione e una sua importanza. È la prova tangibile della riuscita, del successo e, se vogliamo essere più romantici, della realizzazione di un sogno. Per chi lo riceve, l’Oscar continua ad essere un momento che sancisce l’apice della carriera, un momento importante anche per ottenere nuovi contratti e nuove possibilità.
Si pensi non solo ad attori e registi famosi che probabilmente continueranno a lavorare anche senza riconoscimento – insomma, Leonardo DiCaprio è stato uno dei migliori attori in circolazione per anni, prima che l’Academy si degnasse di premiarlo come meritava -, ma anche ad artisti più “piccoli”, sconosciuti, che proprio attraverso un riconoscimento o anche solo una nomination possono avere un differente peso sul mercato. Gli Oscar continuano ad essere un modo per celebrare il cinema, per renderlo sempre di più un argomento centrale, anche e soprattutto in questi tempi specifici in cui le serie tv avanzano con una qualità sempre più eccelsa e la cultura dello streaming rischia di “uccidere” il cinema per come era comunemente inteso fino a soli cinque anni fa. Perciò non solo la stagione dei premi, se vista in questa ottica, ha senso, ma è anche ancora molto utile.
Non è una questione di meritocrazia
La stagione dei premi e, con essi, gli Oscar 2024, però, potrebbero perdere “di senso” se venissero ancora percepiti e trattati come se fossero una mera questione di meritocrazia. Perché non lo è. E questo è forse il gradino più difficile da superare per poter parlare tranquillamente dei premi in ambito cinematografico, perché molti si cullano ancora nella platonica illusione che la meritocrazia sia alla base dei premi. Gli Academy Awards sono, come praticamente tutto a Hollywood, una realtà che pensa al guadagno, dal momento che il prestigio lo ha già. Gli Oscar spesso non vengono dati a coloro che li meritano di più, ma a coloro che hanno saputo investire meglio. Non che si voglia necessariamente fare di tutta l’erba un fascio e le generalizzazioni sono sempre un colpo duro per l’arte, ma è un dato di fatto che le major che sanno promuovere meglio un film o che hanno il budget necessario per spingere una candidatura hanno anche più possibilità di vincere.
Così come è quanto meno ingenuo pensare che gli Oscar non siano politici e non rispecchino anche un determinato pensiero comune o una volontà di incontrare maggiormente l’opinione pubblica. Quindi, quando spesso ci troviamo ad accusare un film perché non meritava la tanto agognata statuetta, o indichiamo con disprezzo chi vince perché, nell’ottica di qualcuno, la vittoria è dettata da questioni sociali e politiche, stiamo di fatto chiudendo gli occhi davanti alla realtà. Gli Oscar non sono – e forse non lo sono mai stati – una questione di mera meritocrazia. Anche perché l’obiettività, per sua stessa natura, non può esistere quando un premio viene dato a seguito di votazioni fatte da esseri umani che, per quanto esperti del settore, hanno comunque il proprio gusto, il proprio vissuto personale e, perché no, le proprie simpatie. Perciò se ci si ferma a considerare la stagione dei premi esclusivamente come specchio di ciò che è migliore di tutto il resto, di ciò che è superiore ad altro su base obiettiva e meritocratica, allora non hanno senso. Perché difficilmente ci sarà un arbitro imparziale a decretare che sì, quel determinato titolo, quella persona dietro la macchina da presa o quegli attori sono stati obiettivamente migliori di altri.
Un argomento di conversazione
Ricollegandoci al punto precedente, dunque, la stagione dei premi ha senso qualora venga vissuta soprattutto come momento di condivisione, come fenomeno culturale che avvicina, che spinge a parlare di cinema e a confrontarsi. Non sempre seguiamo pedissequamente la stagione dei premi o la celebrazione degli Oscar perché siamo davvero convinti che il film migliore in assoluto vincerà (salvo, naturalmente, le solite eccezioni). Li guardiamo per avere un argomento di conversazione, per sentirci parte di qualcosa, per prendere parte a un incantesimo che va avanti da quasi un secolo e ci rende tutti, per una notte o una stagione, ugualmente cinefili.
La stagione dei premi ha senso perché avvicina i cinefili incalliti, gli intellettuali che spesso si nascondono dietro il loro snobismo e spettatori più o meno saltuari e li mette sullo stesso piano: non tanto come preparazione, ma come destinatari di una forma d’arte nata per intrattenere. Ed è proprio quando riesce ad intrattenere le masse che la stagione dei premi ha davvero senso, perché ci riporta tutti dentro quella sala cinematografica buia dove siamo rimasti seduti al fianco di sconosciuti che hanno riso come noi, si sono commossi come noi, in una comunione di sensazioni che finisce non appena si riaccendono le luci e torna in vita a ogni nuovo ritorno in sala (e non solo). Anche per gli Oscar 2024, quindi, l’augurio è quello di poter vivere la fine della stagione dei premi come un’occasione per celebrare il cinema e non per salire su un ipotetico piedistallo a dar lezioni di meritocrazia.
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