La carta non bastava. Questa storia aveva bisogno di più spazio, di più aria. Nausicaä aveva bisogno del vento. Il giovane Hayao Miyazaki inizia a scrivere e disegnare il suo quarto manga con un desiderio in testa: creare una storia che potesse vivere solo di immagini. Senza bisogno di troppe parole. Poi capita quella cosa che ogni tanto gli scrittori raccontano in giro, come se fossero leggende a cui è difficile credere: la storia ha preso vita da sola, ha avuto nuove esigenze, ha chiesto qualcos’altro. E poco importa che il budget fosse risicato, che la casa di produzione neanche esisteva e che gli animatori a sgobbare sul tavolo da disegno fossero soltanto venti.
Così Nausicaä della Valle del Vento, nato nel 1981 come un fumetto in bianco e nero, prende forma, nuova vita e colore, trasformandosi nel film-manifesto dello Studio Ghibli un anno prima della sua fondazione. La creatura che anticipa il creatore. Uno splendido paradosso nato da un’opera poetica e violenta, attraversata da quelle contraddizioni tanto care ad Hayao Miyazaki. Perché in questa epopea post-apocalittica, piena di guerre e carezze, ci sono tutti gli ingredienti che segneranno il cinema del maestro giapponese. In occasione del ritorno al cinema di Nausicaä della Valle del Vento, riscopriamo le coordinate fondamentali del cinema firmato Miyazaki.
Si alza il mito
Sono passati mille anni dal crollo di una fantomatica società industriale. La sua caduta ha lasciato solo rovina e morte su un pianeta che forse è il nostro, ma assomiglia tanto a Marte. Miyazaki rimane sul vago e la chiama sempre terra, senza lettere maiuscole. Poco importa, la certezza è una: è un mondo morente, adagiato sul Mare Marcio, dominato da una foresta che emana spore irrespirabili. Nausicaä della Valle del Vento ci mette pochi secondi per farci stare scomodi, e darci il benvenuto nella sua ambientazione inospitale. Immaginario post-apocalittico ibrido: devastato e vitale allo stesso tempo. Eppure in pochi minuti ci fa respirare una storia verosimile, un vissuto credibile, qualcosa che potrebbe essere accaduto davvero nonostante le spore e le creature fantascientifiche. La sensazione è che la storia di Nausicaä sia simile ad antiche leggende, quei racconti orali tramandati di popolo in popolo, di secolo in secolo.
Ve ne avevamo già parlato celebrando Principessa Mononoke: ad Hayao Miyazaki piace il mito. Il sensei ha bisogno di quelle radici antiche per rendere universali le sue storie e sempreverde la morale (mai retorica) delle sue fiabe. In questo caso il mito Nausicaä se lo porta addosso. Lo porta nel nome. Perché il riferimento alla Nausica cantata da Omero è lampante. Miyazaki ha sempre ammesso di aver subito il fascino della sua figura, percepita come una donna candida, pura e in sincera simbiosi con la Natura. A questo mito classico, Miyazaki affianca un’antica leggenda medievale del folklore giapponese, che racconta le gesta di una principessa innamorata degli insetti. Ancora una volta un cortocircuito: Occidente e Oriente che danno vita alla sua indomita Nausicaä. Abitante di un pianeta senza nome che potrebbe essere ovunque e in qualsiasi tempo. Eterno come solo il mito sa essere. Un approccio narrativo che Miyazaki userà di continuo.
Disegnare il vento
Basta il prologo per dire tutto. Un prologo per de-scrivere il manifesto dello Studio Ghibli che verrà. Provate a rivedere i primi venti minuti di Nausicaä della Valle del Vento e troverete tutto quello che serve per abbracciare la poetica di Hayao Miyazaki. Per prima cosa il potere evocativo delle immagini, che dicono tutto senza dire niente. Come il sensei avrebbe voluto nel suo manga. La gestione della messa in scena è già sapiente, la cura dei fondali certosina, la capacità di raccontare un immaginario intero rispettando la sacra regola “show, don’t tell” lampante. Questo perché Miyazaki (lo avevamo già visto nel suo Lupin III – Il ritorno di Cagliostro del 1978) è stato subito capace di ridefinire il concetto di animazione, arricchendola con un senso di movimento perenne. Nel suo cinema tutto è animato nel senso che tutto ha un’anima: ogni filo d’erba, ogni creatura, ogni panorama trasuda vita.
Ogni cosa viene letteralmente mossa dal disegno, e di conseguenza assume vitalità. Ecco perché quella di Miyazaki è animazione allo stato puro, perché è capace di animare anche inanimato. Non è un caso che quasi tutti i film dello Studio Ghibli siano capaci di disegnare il vento, dando forma solida all’impalpabile. Succede di continuo anche nella Valle del Vento, con una protagonista che solca cieli e attraversa l’aria con lo sguardo sempre vigile. Succede alle spore sempre nell’aria, alle creature mastodontiche che si muovono a fatica, a quelle più tenere e scattanti che accompagnano la nostra eroina dei cieli. Tutto porta sempre in una direzione: la Natura deve essere celebrata nelle sue movenze (come a dire “tutto ciò che è vivo si deve muovere” e viceversa). Non solo attraverso allegorie (nemmeno troppo velate) ecologiste, ma attraverso la celebrazione di ogni forma di vita tratteggiata con amore. Tutte cose che diventeranno il marchio di fabbrica dello Studio Ghibli.
Conoscenza: femminile, singolare
La guerra in sottofondo, la rovina attorno e una protagonista che affronta le avversità con uno spirito inedito. L’ultimo grande imprinting di Nausicaä della Valle del Vento nel cinema targato Miyazaki arriva dalla sua eroina combattiva. Nausicaä lascia la sua impronta non solo in quanto donna come quasi tutte le protagonista del cinema targato Miyazaki, non solo in quanto paladina d’azione in un cinema al tempo avaro di femmine così forti e carismatiche (di lì a poco nel cinema mainstream arriveranno Ellen Ripley e Sarah Connor). Nausicaä incarna lo sguardo con cui Miyazaki guarda il mondo, coincide alla perfezione con quella predisposizione d’animo con cui bisogna affrontare ogni battaglia. Ovvero con consapevolezza.
Anche davanti a una Natura così maligna, arrabbiata e inquieta, Nausicaä non smette di essere curiosa, di esplorare, di sorprendersi, di meravigliarsi e soprattutto di rispettare la Forza indomita della Natura. Prima di essere una combattente, Nausicaä vuole conoscere il mondo in cui si muove, e per questo lo studia con rispetto e dedizione. Laddove gli altri uomini vorrebbero risolvere ogni cosa con lo sterminio e con la distruzione, questa splendida paladina preferisce dialogare e capire. Una mentalità pacifista, che celebra la forza del singolo laddove la massa viene fagocitata dall’odio cieco. Un esempio straordinario che sorvola tutto il cinema di Miyazaki. Perché, in fondo, alzando bene lo sguardo dentro tutti i suoi film successivi, è possibile scorgere una ragazza con i capelli rossi, vestita d’azzurro, che lascia ancora la sua ombra su tutte le storie venute dopo di lei.