Il 31 dicembre 2022, alla veneranda età di 95 anni, si è spento Joseph Ratzinger, ecclesiastico tedesco che dal 2005 ai primi mesi del 2013 ha ricoperto la carica di Papa con il nome di Benedetto XVI. Un pontefice che è entrato di diritto nella storia dell’umanità quando nel febbraio del 2013 ha annunciato al mondo intero di voler rinunciare al soglio di San Pietro per motivi di età ed inadeguatezza nei confronti di un fardello che non riusciva più a trasportare sulle sue spalle come prima. Una rinuncia che nella storia del Vaticano ha pochissimi precedenti: 598 anni prima della scelta di Joseph Ratzinger, era stato Papa Gregorio XII a rinunciare al ministero petrino dopo alcune pressioni politiche, ma Benedetto XVI è stato soltanto il secondo a prendere la decisione di sua spontanea volontà dopo il gesto di Celestino V nel 1294.
In I due papi, film targato Netflix diretto da Fernando Meirelles nel 2019, il compianto pontefice scomparso recentemente ha avuto il volto del due volte premio Oscar Anthony Hopkins, mentre ad interpretare la controparte progressista e riformatrice è stato Jonathan Pryce in quelli di Jorge Mario Bergoglio, il nostro attuale Papa Francesco. Un lungometraggio alla sua uscita fortemente sottovalutato ma che invece raffigura uno scontro ideologico all’interno della Chiesa cattolica contemporanea il cui fulcro pulsante è proprio Benedetto XVI e la sua coraggiosa quanto inaspettata scelta di rinunciare al soglio pontificio.
La Chiesa cattolica è a un bivio
I due papi è un film diretto dal regista brasiliano Fernando Meirelles e scritto da Anthony McCarten; quest’ultimo è anche autore della piéce teatrale omonima da cui è ispirato il lungometraggio che è entrato nel catalogo dei film originali Netflix nel dicembre del 2019. Sin dalla sua origine da palcoscenico, I due papi è un’opera che si è maggiormente concentrata su un momento storico per la Chiesa cattolica unico nel suo genere; dopo la scomparsa di Giovanni Paolo II, lo stato del Vaticano ha dovuto compiere una scelta senza precedenti: eleggere un cardinale che avrebbe preservato il percorso estremamente conservatore del pontefice deceduto nel 2005 oppure far ricadere la scelta del concilio su un’eminenza riformista. Come ci insegna la Storia, a succedere a Papa Wojtila è stato Joseph Ratzinger con il nome di Benedetto XVI, braccio destro di Giovanni Paolo II nella conservazione della dottrina della fede.
Un personaggio filmico, quello del pontefice tedesco rappresentato dalla penna di McCarten, che ha l’austero ma acutissimo volto dello straordinario Anthony Hopkins, interprete d’eccezione che riesce a fare sue le parole della sceneggiatura adattata e rappresentare sullo schermo un pontefice fragile ed umanissimo, divorato da dubbi e crisi di fede; non un santo né un diavolo, non un carnefice ma neppure una vittima, bensì un uomo del suo tempo che abbraccia tutta la sua tenera fallbilità quando fa il fatidico incontro con Jorge Mario Bergoglio (Jonathan Pryce), l’allora arcivescovo gesuita di Buenos Aires.
Il difensore della fede
Certo, le vicende raccontate nell’opera teatrale di Anthony McCarten e nella trasposizione cinematografica diretta da Fernando Meirelles sono frutto di divagazione ed estro artistico, ma ciononostante riescono a restituire allo spettatore più curioso le dilanianti divisioni all’interno della Chiesa cattolica all’indomani della decisione di Papa Benedetto XVI di rinunciare al soglio petrino. Divisioni tra conservatorismo ed auspicata apertura verso una platea di fedeli sempre più al passo con i tempi che idealmente si concretizza negli incontri/scontri ideologici tra un anziano e sempre più spaesato Joseph Ratzinger e l’energico e progressista cardinale argentino.
Assumendo quasi la forma narratologica di un film da camera, I due papi trae la sua forza maggiore nel potere dei dialoghi serrati tra i due protagonisti pontifici, poli opposti di un’istituzione, quella ecclesiastica, scissa tra strenua difesa del dogma della fede e necessità di una riforma dal suo interno. In questa antitesi il personaggio di Joseph Ratzinger racchiude alla perfezione i dilemmi di un profondo studioso della teologia che sente sempre più asfissiante il fardello della fallibilità umana.
Sempre da solo, ma mai in solitudine
“Nella mia vita sono sempre stato solo, ma non ho mai vissuto la solitudine come oggi. Adesso mi piace la compagnia.”
Una delle affermazioni più esplicative ed emblematiche del ritratto che ne fa il lungometraggio Netflix di Papa Benedetto XVI, qui molto più vicino alla raffigurazione di un uomo al bivio della sua coscienza che non dell’inflessibile pontefice conservatore che negli anni abbiamo imparato a conoscere. Lacerato da un profondo senso di inadeguatezza e fallimento, Benedetto confessa al cardinale Bergoglio di voler rinunciare al ministero ecclesiastico a favore di nuove, urgenti elezioni; soltanto in questo modo Ratzinger pensa che si possa risanare lo strappo tra Chiesa cattolica e fedeli; questi ultimi in costante evoluzione e trasformazione sociale, la prima ancora troppo arroccata in posizioni dogmatiche vetuste, conservatrici e lontane anni luce dal sentimento generale della comunità di fedeli sempre più eterogenea.
Una presa di coscienza sofferente, quella di Ratzinger, che il lungometraggio di Meirelles enfatizza nel ritratto (fanta)storico di un pontefice anziano, stanco e dolorosamente consapevole di non poter più interpretare il ruolo di leader infallibile del suo magistero, né di saper leggere con la stessa acutezza di mente e spirito la rinnovata richiesta deisuoi fedeli di rispondere con fermezza agli innumerevoli scandali interni che stavano flagellando la reputazione del Vaticano proprio in quei fatidici anni.
In linea diretta con Dio
“Pensavo di aver perso la linea diretta con Dio, ma l’ho ritrovata quando ho sentito le Sue parole dalla tua bocca.”
Ecco quindi che il ruolo di Bergoglio nella struttura narrativa de I due papi si fa finalmente manifesto: il futuro papa argentino affronta a più riprese le tesi fin troppo démodédi Ratzinger, spiazzando quest’ultimo con confessioni e racconti personali di grande valore spirituale: allora, il tempo di farsi da parte per il bene della Chiesa si concretizza nel volto e nelle parole della persona più improbabile con la quale Benedetto XVI avrebbe mai potuto pensare di confrontarsi; un incontro che cambierà profondamente le convinzioni dell’anziano pontefice, senza necessariamente scendere a compromessi con la tanto vituperata modernità.
Per questo motivo, infine, il film scritto ed ideato da Anthony McCarten ci sembra il testamento artistico più interessante ed inedito dedicato all’ingiustamente controversa figura del compianto Benedetto XVI, un pontefice di certo ancora avverso a molte delle generazioni di fedeli più giovani e progressiste, ma che a differenza di altri suoi predecessori ha avuto l’umanissimo coraggio di universalizzare le sue più intime fragilità e limiti, favorendo un cambiamento necessario all’interno dei ranghi di una delle istituzioni pù longeve nella storia. In fin dei conti, un lascito non da poco.