Costruire una lettura psicologica di Diva Futura, il secondo lungometraggio di Giulia Louise Steigerwalt (qui la nostra recensione da Venezia 81), non è un’operazione così semplice. Quando ci addentriamo nel mondo porno, degli anni che furono, del ruolo della donna e del sesso in generale, si mescolano inevitabilmente diversi piani che si snodano da quello psicologico a sessuologico, passando attraverso una visione sociologica di base necessaria. Il sesso è istinto, pulsione, regola, piacere, potere, seduzione e molto altro ancora.

Una parte di vita, reale e fantastica, che affascina, contornata da un alone di tabù che si perpetua da secoli, cambiando da cultura a cultura. Il sesso rappresenta da sempre lo spartiacque fra ciò che è ammissibile e indicibile, giocando tra il pudore e lo sfacciato. È una delle zone più nascoste degli esseri umani, contenitore privato o condiviso di quelle fantasie che talvolta cambiano e talvolta si calcificano con il trascorrere degli anni, specchio di desideri non esprimibili.

Diva Futura, una malinconica polaroid

Denise Capezza in Diva Futura © Groenlandia, Piper Film, Rai Cinema

Diva Futura ha il sapore di una parentesi quasi fiabesca dalle note malinconiche, fuori dal tempo e dallo spazio. Un grande sogno di fantasia dissociato dalla realtà in cui produttori porno si divertono con le pistole ad acqua trasformando film per adulti in un inno elegante alla libertà. Giulia Louise Steigerwalt crea un gioco costante che si muove fra due poli opposti destinati a ricongiungersi: la purezza che va a braccetto con l’audacia, l’eleganza che si scontra con l’orrore, la vita che incontra la morte. E Riccardo Schicchi condensa tutti questi elementi, creando l’impero del porno che ha come personale intento sublimare le donne, non oggettificarle. Nella sua visione, le donne vanno mostrate, venerate in tutte le loro forme, non nascoste.

Il porno è nella sua natura più intrinseca il feticcio voyeuristico dell’erotismo. Attraverso lo schermo possiamo entrare nell’intimità fisica recitata da attori che mettono in scena un atto sessuale, esattamente come sembra fare il piccolo Riccardo che, adottando il binocolo del padre, spia le camere dei vicini, i corpi nudi delle donne, il loro modo di osservarsi allo specchio e sentirsi femminili. È qui che nasce la devozione di Schicchi verso il compasso delle gambe delle donne.

Pito Pito e la morte del porno

Lidija Kordic in Diva Futura © Groenlandia, Piper Film, Rai Cinema

Diva Futura apre i battenti a uno spaccato di storia ed evoluzione con il simbolo per eccellenza della sessualità, il serpente dell’icona porno Ilona Staller – per il quale viene svolto un funerale dopo essere stato ucciso dalla sua stessa preda. Funerale, oltretutto, ancora una volta da esibire e rendere al pubblico di guardoni mediante giornali e comunicati. Quei primi minuti di pellicola rappresentano il sunto di gran parte del senso del film e del messaggio sotteso. La morte di Pito Pito, infatti, potrebbe essere pensata come l’uccisione del porno creato da Schicchi attraverso il suo stesso nutrimento, ossia l’industria che macina e si unisce alle fantasie predominanti, quelle di dominazione e aggressività che popolano le menti umane.

Ciò di cui si saziava prima la visione erotica di Diva Futura diviene il nemico e i personaggi principali della Schicchi’s family celebrano il momento di passaggio lasciando il boa sotto gli strati di terra.

Volendo giocare un po’ con la simbologia, il topo è anche il segno del trauma – il roditore che si nutre di scorie, spazzatura, vive in luoghi oscuri, umidi, dall’odore forte, portatore di malattie – e il trauma è il momento di rottura, qualcosa che segna (in minima o massima parte) un prima e un dopo esattamente come le diverse epoche che si susseguono in Diva Futura, ponendo in risalto le differenze culturali e sociali che caratterizzano gli anni. Un trauma della società che non accetta la rivoluzione nata nelle stagioni antecedenti e che successivamente distrugge il regno di Schicchi uccidendo un certo tipo di porno, dandolo in pasto al mainstream futuro che richiede altro.

L’isola dell’amore di Riccardo Schicchi

diva futura
Pietro Castellitto in una scena di Diva Futura (Groenlandia)

In Diva Futura, la figura di Riccardo Schicchi rimane quella di un bambino che costruisce mondi scrutando la bellezza dall’occhio del balcone. La descrizione perfetta e minuziosa dell’uomo antifallocentrico con le braccia sempre sospese, quasi estraneo alla crudeltà della realtà che sogna di costruire l’isola dell’amore – anche in tal senso sarebbe interessante chiederci cosa sia l’amore nella sua visione. E già in questo si percepisce il suo essere distante dalla realtà. L’isola, qualcosa di staccato, lontano, protetto dal mare, che si distanzia dalla terraferma e crea regole tutte sue. Schicchi viene presentato come un uomo che paradossalmente non si avvicina al sesso, si tiene sempre a distanza da esso, a tratti sembra che ne abbia timore.

Allo stesso tempo, lo osserva, lo costruisce, lo venera quasi al pari delle attrici che fanno parte della sua agenzia e non se ne distacca mai. Costruisce addirittura un bunker – non tanto per proteggere sé stesso, ma per creare una specie di museo delle reliquie che congeli il tempo che è stato. Schicchi si rinchiude nella figura del liberatore dalle note messianiche, colui che restituisce un potere tutto al femminile, che può realmente amare solo proteggendosi dalla lente della fotocamera. Schicchi, allora, è come gli animali di cui si prende cura: da una parte attratto dalla sontuosità ed eleganza dei felini che custodisce nella propria agenzia; dall’altra, dall’animo più docile e impaurito dal reale, come simbolicamente sono i conigli.

Le Dive Future

Denise Capezza in un’altra scena di Diva Futura © Groenlandia, Piper Film, Rai Cinema

Ciò che attira maggiormente l’attenzione e che diventa il protagonista assoluto è la triade femminile: Ilona Staller, Eva Henger e Moana Pozzi. Ognuna appare come la compagna di Schicchi – seppur nella realtà non sia stato così – lasciando emergere un amore più simile a un attaccamento parziale all’Altro, ai tre elementi centrali della loro personalità. Moana è probabilmente la figura più nostalgica – non potrebbe essere il contrario, d’altronde. La donna dall’educazione fortemente cattolica che sognava di essere amata non per le sue forme, ma per la sua essenza. Quel corpo venerato, pagato e sfruttato diviene la sua stessa prigione e la conduce alla morte. Moana è contornata dai suoi fantasmi, che la perseguitano nella sua dimensione più privata e la inducono a continue mosse di autodistruzione per raggiungere l’orrore che possiamo ipotizzare avesse conosciuto e che la richiamava costantemente. Una morte rinnegata dalla voglia di vivere per sempre.

Eva Henger sembra aver trovato quasi un padre con Schicchi: un uomo da non lasciare mai andare, neanche quando si fidanza e costruisce una famiglia con un altro uomo. La sua figura deve rimanere “pulita”, illibata, non può essere toccata dallo sporco del mondo pornografico che il marito stesso ha creato. Un universo che Schicchi descrive come la glorificazione della donna che le consente di essere libera, ma che allo stesso tempo deve rimanere lontano dalla moglie/figlia.

Ilona Staller, invece, è l’icona per eccellenza, l’imprenditrice di sé stessa. La coroncina di fiori che delimita lo spazio fra l’innocenza e l’hard, lo sguardo ammaliante che nasconde il potere desiderato. È con lei che Schicchi crea quell’impero destinato a evolvere e non morire mai.

Il porno oggi

Tesa Litvan in Diva Futura © Groenlandia, Piper Film, Rai Cinema

Il porno è ovviamente cambiato nel corso degli anni. Schicchi stesso, a un certo punto della pellicola, fa riferimento all’avvento di Internet e a come la rete abbia rimesso in discussione le regole dell’intrattenimento per adulti. Nella pratica clinica, in particolare quando si fa riferimento alla sessuologia, il porno è uno dei maggiori strumenti con cui abbiamo a che fare – laddove necessario e utile. Uno strumento che consente anche di esplorare fantasie, mettersi in contatto con mondi mai esplorati prima (talvolta non conosciuti) e che per tale ragione non merita di essere demonizzato, come spesso accade.

È necessario tenere in mente che, soprattutto nel mondo dei giovani, capita spesso che il porno venga preso come modello sessuale, creando aspettative che possono condurre anche a problematiche o dubbi di natura intima. Non potrebbe esserci nulla di più fuorviante: il porno rimane un film, un prodotto di cui usufruire che rappresenta una finzione, esattamente come ogni altra produzione cinematografica. Diverso è il caso dei film erotici, che puntano invece a una costruzione della trama nella fantasia dello spettatore e che giocano con ciò che non viene mostrato per innescare desiderio e fascinazione.

Diva Futura calca molto la mano sulla differenza della sostanza pornografica, criticando l’approccio al femminile del nuovo sguardo voyeuristico. Per completezza, però, è necessario anche ricordare che le fantasie sessuali nascondono mondi ben più complessi e la partita non può essere giocata solo in una prospettiva di natura più sociologica. Le fantasie, sessuali e non, sono un’anticamera più profonda che indubbiamente risente del mondo esterno, ma che pone radici nel nostro vissuto più intimo.

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